DI FOLGORE DA SAN GEMINIANO Anno 1260. Tutti i Sonetti di questo Poeta sono impressi nell'Allacci. Fior di vertù si è gentil coraggio; E frutto di vertù si è onore; E vaso di vertù si è valore; E nome di vertù è uomo saggio; E specchio di vertù non vede oltraggio; E viso di vertù chiaro colore; Ed amor di vertù buon servitore; E dono di vertù dolce lignaggio; E loco di vertù è cognoscenza, E seggio di vertù amor reale, E poder di vertù è sofferenza; E opra di vertù esser liale; E braccio di vertù bella accoglienza; Tutta vertù è render ben per male. De'Mesi Ad una nobile brigata di Senesi. Alla brigata nobile e cortese, E a tutte quelle parte dove sono, Con allegrezza stando sempre, dono Cani, uccelli, e denari per ispese. Ronzin portanti, quaglie a volo prese, Bracchi, levrier corrier, veltri abbandono. In questo regno Niccolò corono, Perch'ell'è fior della Città Sanese. Tingoccio, Atuin di Togno, ed Ancaiano, Bartolo, e Mugaro, e Fainotto, Che paiono figliuoli del Re Pano; Prodi, cortesi più che Lancillotto; Se bisognasse, con le lance in mano Farìano torneamenti a Cambellotto. DI GENNAIO. I dono vai nel mese di Gennaio, Corte con fochi e di salette accese, Camere e letta d'ogni bello arnese, Lenzuol di seta, e copertoi di vaio; Treggea, confetti, e messere Arazzaio, Vestiti di doagio e di rascese E'n questo modo star alle difese Mo ch'ha Sirocco, Garbino, e Rovaio. Uscir di fora alcuna volta il giorno, Gittando della neve bella e bianca A le donzelle, che staran dattorno. E quando fosse la compagnia stanca A questa Corte facciate ritorno, E si riposi la brigata franca. DI FEBBRAIO. Di Febbraio vi dono bella caccia Di cervi, cavrioli, e di cinghiari; Corte gonnelle, e grossi calzari, E compagnia, che vi diletti e piaccia. Con de'guinzagli e segugi da traccia, E le borse fornite di denari, Ad onta degli scarsi e degli avari, Che di questo vi dan briga e capaccia. E la sera tornar coi vostri fanti, Carcati della molta salvagina, Avendo gioia, allegrezza, e canti. Far trar del vino e fumar la cucina, E fin al primo sonno star raggianti, E po'posar in fin alla mattina. DI MARZO. Di Marzo sì vi do una peschiera D'anguille, trote, lamprede, e salmoni, Di dentali, delfini, e storioni, D'ogn'altro pesce in tutta la rivera, Con pescatori e navicelle a schiera, E barche, e saettìe, e galeoni, Le qual vi portino tutte stagioni A qual porto vi piace alla Primera, Che sia fornito di molti palazzi, D'ogn'altra cosa che vi sie mestero, E gente v'abbia di tutti solazzi. Prete non v'abbia mai, nè monastero. Lasciate predicare i Frati pazzi, Ch'hanno troppe bugìe e poco vero. DI APRILE. D'Aprile vi do la gentil campagna Tutta fiorita di bell'erba fresca; Fontane d'acqua, che non vi rincresca, Donne e donzelle, per vostra compagna, Ambianti, palafren, destrier di Spagna, E gente costumata alla francesca; Cantar, danzar alla provenzalesca Con istrumenti novi d'Alemagna. E dattorno vi sian molti giardini, E giachito vi sia ogni persona. Ciascun con reverenzia adori e'nchini A quel gentil, ch'ho dato la corona Di pietri preziosi gli più fini, Ch'ha Presto Giovan, Re di Babilona. DI MAGGIO. Di Maggio sì vi do molti cavagli, E tutti quanti siano affrenatori, Portanti tutti, dritti, e corridori, Pettorali, testiere di sonagli, Bandiere, e coverte a molti tagli Di zendadi e di tutti colori, Le targhe a modo di armeggiatori, Viole, rose, e fior ch'ogni uomo abbagli. Rompere e fiaccar bigordi e lance, E piover da finestre e da balconi In giù ghirlande, e in su mele rance, E pulzellette, giovene, e garzoni Basciarsi nella bocca e nelle guance; D'amore e di goder vi si ragioni. DI GIUGNO. Di Giugno dovvi una montagnetta Coverta di bellissimi arboscelli, Con trenta ville e dodeci castelli, Che siano intorno ad una Cittadetta; Ch'abbia nel mezzo una sua fontanetta, E faccia mille rami e fiumicelli, Ferendo per giardini e praticelli, E rinfrescando la minuta erbetta. Aranci, e cedri, dattili, e lomìe, E tutte l'altre frutte savorose, Impergolate siano per le vie. E le genti vi sian tutte amorose, E faccianvisi tante cortesie, Ch'a tutto il mondo siano graziose. DI LUGLIO. Di Luglio in Siena sulla saliciata Dovvi piene inguistare di trebbiani, Nelle canove li ghiacci vaiani, E mane e sera mangiare in brigata Di quella gelatina ismisurata, Istarne roste, gioveni fagiani, Lessi capponi, capretti sovrani, E cui piacesse, la manza e l'agliata. E vie trarre tempo e bona vita, E non andar di fuor per questo caldo, Vestir zendadi di bella partita. E quando godi, star pur fermo e saldo, E sempre aver la tavola fornita, E non voler la noia per gastaldo. DI AGOSTO. D'Agosto sì vi do trenta castella In una valle d'alpe montanina, Che non vi possa vento di marina Per istar sani chiari come stella; E palafreni di montar in sella, E cavalcar la sera e la mattina, E l'una terra e l'altra sia vicina, Che un miglio sia la nostra giornatella. Tornando tutta via verso casa Per la valle corra una fiumana Che vada notte e dì traente e rasa. E star nel fresco tutta meriggiana; La vostra borsa sempre al trarre pasa Per la miglior vivanda di Toscana. DI SETTEMBRE. Di Settembre vi do diletti tanti, Falconi, astori, smerletti, sparvieri; Lunghi zimbelli siano con carnieri; Bracchetti con sonagli, pasto, e guanti. Bolge, e balestre dritte ben portanti, Archi, strali, ballotte e ballottieri. Sianvi mudati vil fangi e asteri Nidiaci, e di tutt'altri uccel volanti, Che fosser voni da fidare e prendere; E l'un all'altro tuttavia donando; E possasi rubare e non contendere, Quando con altra gente rincontrando La vostra borsa sia acconcia a spendere, E tutti abbian l'avarizia in bando. DI OTTOBRE. Di Ottobre nel contà, ch'ha buono stallo, Pregovi, figliuoli, che voi andiate: Traetevi buon tempo, ed uccellate, Come vi piace, a piè ed a cavallo. La sera per la sala andate a ballo, Bevete del mosto, e inebriate; Chè non ci ha miglior vita in veritate, E questo è vero come il fiorin giallo. E poscia vi levate la mattina, E lavatevi'l viso con le mani; Lo rosto e'l vino è bona medicina. Allegri in Griele starete più sani, Che pesce in lago, fiume, o in marina, Avendo miglior vita di Cristiani. DI NOVEMBRE. E di Novembre petriuolo e'l bagno Con trenta muli carchi di moneta. La ruga sia tutta coverta a seta, Coppi d'argento, bottacci di stagno; E dare ad ogni stazonier guadagno Torchi, doppier, che vegnan di Clareta, Confetti con citriata di Gaeta; Bea ciascun, e conforti'l compagno. E'l freddo sia grande e'l foco spesso. Fagiani, starne, colombi, mortiti, Levori, cavrioli, rosto e lesso. E sempre aver acconci gli appetiti, La notte e'l vento piovere a ciel messo, Siate nelle letta ben forniti. DI DICEMBRE. E di Dicembre una Città in piano, Sale terrene, grandissimi fochi, Tappeti tesi, tavolieri, e giochi, Torticci accesi, star coi dati in mano. E l'oste imbriaco e Catalano, E porci morti, e finissimi cochi, Morselli ciascun bea e mandochi, Le botti fian maggior che San Galgano. Siate ben vestiti e foderati Di guarnacce, tabarri, e mantelli, E di cappucci fini e smisurati; E beffe far dei tristi cattivelli, E miseri cattivi sciagurati Avari: non vogliate usar con elli. LA CONCLUSIONE. Sonetto mio, anda o'lo divisi Colui, ch'è pien di tutta gentilezza: Dì da mia parte con tutta allegrezza Ch'io son acconcio a tutti suoi avvisi: E più m'è caro, che non val Parisi, D'avere sua amistade e contezza: Se ello avesse imperial ricchezza Starei lì me'che San Francesco in Sisi. Raccomandami a lui tutta fiata, Ed alla sua compagna, ed a Caiano, Chè senza lui non non è lieta brigata. Folgore vostro da San Geminiano Vi manda, dice, e fa questa ambasciata, Che voi n'andaste con suo core in mano. DELLA SETTIMANA I ho pensato di fare un gioiello, Che sia allegro, gioioso, ed ornato; E sì'l vorrei donare in parte e lato, Ch'ogni uomo dica, e'li sta bene; è bello. E or di novo ho trovato un donzello Saggio, cortese, bene ammaestrato, Che gli starebbe meglio l'imperiato, Che non istà la gemma nell'anello. Carlo di Messer Guerra Cavicciuoli, Quel ch'è valente, ardito, e gagliardo, E servente, comandi chi che vuoli. Leggiero più che lonza o liopardo, E mai non fece dei denar figliuoli, Ma spende più che'l Marchese Lombardo. LUNEDÌ Giorno di Canti e d'Amori Quando la luna e la stella diana E la notte si parte, e il giorno appare Vento leggiere per polire l'a're, E fa la gente stare allegra e sana; Il Lunedì per capo di semmana Con istrumenti mattinata fare, Ed amorose donzelle cantare, E'l Sol ferire per la meridiana; Levati su, donzello, e non dormire; Chè l'amoroso giorno ti conforta, E vuol che vadi tua donna a fruire. Palafren e destrier siano alla porta, Donzelli e servitor con bel vestire, E poi far ciò ch'amor comanda e porta. MARTEDÌ Giorno di Battaglie. E'l Martedì li do un nuovo mondo: Udir sonar trombetti e tamburelli, Armar pedon, cavalier, e donzelli, E campane a martello dicer don do: E lui primiero, e gli altri secondo, Armati di loriche e di cappelli, Veder nemici, e percotere ad elli Dando gran colpi, e mettendoli a fondo. Destrier veder andare a vote selle, Tirando per lo campo lor signori, E strascinando fegati e budelle: E sonar a raccolta trombatori, E suffoli, e flauti, e cennamelle, E tornar alle schiere i feritori. MERCORDÌ Giorno di Conviti Ogni Mercoledì corredo grande Di lepri, starne, fagiani, e paoni, E cotte manze, ed arrosti capponi, E quante son delicate vivande. Donne e donzelle star per tutte bande, Figlie di Re, di Conti, e di Baroni, E donzelletti gioveni garzoni Servir, portando amorose ghirlande. Coppe, nappi, bacin d'oro e d'argento, Vin greco di riviera e di vernaccia, Frutta, confetti, quanti li è talento, E presentarvi uccellagioni e caccia; E quanti sono a suo ragionamento Sieno allegri e con la chiara faccia. GIOVEDÌ Giorno di giostre e di torniamenti Ed ogni Giovedì torniamento, E giostrar Cavalier ad uno ad uno: La battaglia sia in luogo comuno A cinquanta e cinquanta, a cento e cento. Arme, destrier, e tutto guarnimento Sien d'un paraggio addobbati ciascuno. Da terza a vespro passato il digiuno Allora si conosca chi ha vento. E poi tornar a casa alle lor vaghe, Ove seran i fin letti sovrani, E'medici a fasciar percosse e piaghe; E le donne aitar con le lor mani, E di vederle sì ciascun si paghe, Che la mattina sien guariti e sani. VENERDÌ Giorno di Cacce Ed ogni Venerdì gran caccia e forte Di veltri, bracchetti, mastini e stivori, E bosco basso, miglia di staiori Là o'si troven molte bestie accorte, Che possano venir cacciando scorte, E rampognar insieme i Cacciatori; Cornando a caccia presa i cornatori, Ed allor vegnan molte bestie morte. E poi ricogliere i cani e la gente, E dicer: l'amor meo mandi a cotale: Alle guagnele serà bel presente. El par che i nostri cani avesser ale; Te te, belluzza, picciuolo, e serpente, Chè oggi è il dì della caccia reale. SABBATO Giorno della caccia degli uccelli E il Sabbato diletto ed allegrezza In uccellare e volar de'falconi, E percuotere grue, ed aghironi Scendere e salire grande altezza; Ed all'oche ferir per tal fortezza, Che perdan l'ale, le coscie, e i gropponi; Corsier e palafren mettere a sproni; Ed isgridar per gloria e per baldezza. E poi tornare a casa, e dire al cuoco To queste cose e concia per dimane; E pela, taglia, assetta, e metti a fuoco. Ed abbi fino vino e bianco pane, Ch'el s'apparecchia di far festa e gioco: Fa che le tue cucine non sian vane. DOMENICA Giorno di balli e d'armeggierìe in Firenze Alla domane al parere del giorno Vegnente, che Domenica si chiama, Qual più li piace, damigella o dama, Abbiane molte, che li sian dattorno. In un Palazzo dipinto ed adorno Cagionare con quella, che più ama: Qualunque cosa, che desìa e brama, Vegna in presente senza far distorno. Danzar donzelli, armeggiar cavalieri, Cercar Fiorenza per ogni contrada, Per piazze, per giardini, e per verzieri. E gente molta per ciascuna strada, E tutti quanti'l veggian volontieri, Ed ogni dì di ben in meglio vada. Così faceste voi o guerra o pace, Guelfi, come siete in divisione; Che'n voi non regna punto di ragione; Lo mal pur cresce, e'l bene smonta e tace. E l'uno contra l'altro isguarda, e spiace Suo essere, e stato, e condizione. Fra voi regna il Pugliese e'l Gan fellone, E ciascun soffia nel foco penace. Non vi ricorda di Montecatini, Come le mogli e le madri dolenti Fan vedovaggio per li Ghibellini? E babbi, e frati, e figliuoli, e parenti, E chi amasse bene i suoi vicini, Combatterebbe ancora a stretti denti. Guelfi, per fare scudo delle reni Avete fatti i conigli leoni, E per ferir sì forte di speroni, Tenendo volti verso casa i freni. E tal perisce in malvagi terreni, Che vincerebbe a dar con gli spontoni. Fatto avete le bubbole falconi, Sì par che'l vento ve ne porti e meni. Però vi do consiglio che facciate Di quelle del pregiato Re Roberto, Rendetevi in colpa e perdonate. Con Pisa ha fatto pace, quest'è certo, Non cura delle carni malfatate, Che son rimase a'lupi in quel deserto.