Rossetti Archive Textual Transcription

Document Title: Opere Minori di Dante Alighieri (Volumo Terzo)
Author: Dante Alighieri
Editor: P[ietro] I[acopo] Fraticelli, ed.
Date of publication: 1839
Publisher: Leop. Allegrini e Gio. Mazzoni
Volume: 3

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page: [I]
OPERE MINORI

DI

DANTE ALIGHIERI



VOLUMO TERZO



page: [II]
Note: Blank page.
Transcription Gap: pages III-XII (not translated by DGR)
Transcription Gap: pages 1-199 (not translated by DGR)
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LA

VITA NUOVA





DI

DANTE ALIGHIERI



A CORRETTA LEZIONE RIDOTTA

E CON ILLUSTRAZIONI DICHIARATA

DA P. J. FRATICELLI

SOCIO CORRISPONDENTE DELL'ACCADEMIA TIBERINA

TOSCANA, DELLA VALDARNESE DEL POGGIO, DI QUELLA

DEL PETRARCA D'AREZZO, DEGL'INCAMMINATI DI

MODIGLIANA, EC.




FIRENZE

BALLA TIP. DI LEOP. ALLEGRINI E GIO. MAZZONI

NELLA BADIA FIORENTINA

1839



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Note: Blank page.
page: 203
Editorial Note (page ornament): First letter oversized.

La Vita Nuova di Dante Alighieri è un'ingenua storia de'giovenili suoi amori con Beatrice Portinari, da lui dettata in forma di Commento sopra alcune sue poesie. In questo elegante Libretto, l'Autore brevemente narrato il principio del suo innamoramento, riporta, secondo l'ordine del tempo in cui furono scritti, i suoi poetici componimenti; e dando a conoscere in quante parti sian essi divisi, dispiega ciò che ha voluto dir nella prima, ciò che ha inteso nella seconda; e le circostanze dell'un componimento facendo succedere e legando a quelle dell'altro, tesse l'istoria della sua vita giovanile, dall'età cioè di nove anni fino ai ventisei o ventisette. Dei tratti interessanti per una graziosa semplicità, e per un sentimento di malinconia, ch'è lo stato abituale dell'anima dello Scrittore, rinvengonsi frequentemente in questo Libretto, il quale considerato anche per il solo lato della lingua e della elocuzione, comecchè nella prima apparisca una non comune purità, nella seconda una non usitata nobiltà, non può a meno d'aversi in gran pregio. Ed essendo che l'Amore è stato sempre quello che ha inspirato i giovani poeti, non dovrà recar meraviglia se i poetici componimenti che quivi stanno inseriti, e che sono i primi parti della Musa Dantesca, abbiano Amore per argomento. Quando possa aver sembianza di vero ciò che dice il Ginguenè, che cioè Dante scrisse il presente Libretto per aver luogo di collocarvi i suoi versi, non potrà esser men vero che egli il facesse per erigere un piccolo mo-
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numento alla memoria di colei che egli amò con un affetto sì costante e sì puro.
Era in Firenze antica costumanza, che con feste e conviti si solennizzassero i primi giorni della Primavera. L'anno 1274 Folco Portinari, cittadino di ottima fama, e di molte facoltà provvisto, aveva accolto nella sua casa i congiunti e gli amici, e fra questi Allighiero Allighieri padre di Dante, onde, a dimostrazione del giubilo che infonde nell'animo l'aspetto della ridente stagione, festeggiare il primo giorno di Maggio. Dante, abbenchè non avesse per anco oltrepassato il nono anno dell'età sua, era stato condotto dal Padre ad una tal festa, quando in sul finire di quella, essendosi cogli altri fanciulli tratto in disparte a trastullarsi, s'imbattè in una piccola figlia di Folco, la quale, come dice il Boccaccio, era assai leggiadretta secondo la sua fanciullezza, e ne'suoi atti gentile, a piacevole molto, con costumi e parole assai più gravi e assennate, di quello che il suo picciol tempo, d'ott'anni allora compiuti, non richiedesse: ed oltre a questo aveva le fattezze del volto ottimamente disposte, e piene di tanta onesta vaghezza, che quasi un'Angioletta rassembrava. Il nome di questa fanciulla era Beatrice, che per vezzo sincopatamente dicevasi Bice; e o fosse la conformità de'loro sentimenti, o quella violenza di simpatia che ci forza ad amar l'un oggetto piuttostochè l'altro, Dante, quantunque fanciullo, s'accolse nel cuore la bella immagine di lei con tanta affezione, che fin da quel giorno dee dirsi che incominciasse ad esser signoreggiato dalla passione d'Amore. Ma lasciando di parlare degli accidenti della puerizia, dice il Boccaccio, che coll'età moltiplicarono l'amorose fiamme cotanto, che niun'altra cosa gli era piacere, riposo o conforto, se non il vedere quel caro oggetto delle sue affezioni. Quali e quanti fossero poi i pensieri, i sospiri, le lagri-
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Sig. Vol. III. 18
Note: The last three letters of the first line are superscript, probably through printer error. --Ed.
me e le altre passioni gravissime da lui per que sto amore nella giovenile età sostenute, egli medesimo il racconta nel presente Libro della sua vita nuova, e perciò stimo superfluo il ripeterlo. Laonde lasciando di narrare ciò che dall'Autore stesso è narrato, io dirò sole alcune parole sul titolo del Libro e sulle controversie che fino ad oggi si sono agitate intorno quest'amore di Dante: nel che fare, se andrò ripetendo alcuni di que'fatti, ed alcuni di quelli argomenti che furono da me posti in campo, allorchè nel Ragionamento filologico-critico sul Canzoniere dell'Alighieri feci la storia de'di lui amori, spero mi verrà di leggieri perdonato, essendo che daranno un qualche peso alle mie asserzioni, e porranno in una qualche luce la verità del mio assunto.
Alcuni Filologi non arrivando a investigar la ragione per cui Dante intitolasse Libro della Vita Nuova quest'opuscolo, se ne trasser fuori dicendo, che egli avealo così intitolato, perchè così gli era piaciuto. Altri credendo che per quel titolo avesse voluto indicare la storia d'uno stadio, o d'un periodo di vita che succede ad un altro, ne dedussero, averlo chiamato il Libro della Vita Nuova, o perchè va quivi descrivendo un periodo della sua vita nel quale parvegli di sentire un gran cambiamento, e d'incominciare un'esistenza novella (e quest'era l'epoca del suo innamoramento con Beatrice); o perchè va descrivendo una piccola parte di quel periodo del viver suo, che incominciò dalla morte di essa Beatrice, e che fu per lui una vita diversa, una vita successiva a quella da lui già trascorsa. D'una simile opinione sembra essere stato ancora il Trivulzio, essendochè nella Prefazione alla stampa dellaVita Nuova da esso procurata in Milano, disse essere indubitato, che quivi Dante tratti della rigenerazione in lui operata da Amore.
Ma i primi e i secondi andarono assai dilungi
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Note: Where possible, abbreviations have been indicated in full, with brackets added, to facilitate searching. --Ed.
dal vero, inquantochè Dante nè pose al suo libro quel titolo a capriccio ed a caso, nè volle per esso indicare un nuovo periodo del viver suo, ovvero una rigenerazione della sua vita. Infatti come mai quello Scrittore, il quale non pubblicò mai cosa che on avesse prima in se lungamente meditata, potea porre ad una sua operetta un titolo senza una giusta ragione, un titolo che non rispondesse esattamente all'argomento in quella trattato? Noi sappiamo che Dante nel suo Convito divide l'umana vita in quattro periodi, che etadi appella: della prima parlando, niuno dubita, ei dice, ma ciascun savio s'accorda in stabilire, che ella dura insino al venticinquesimo anno (1). Ecco pertanto che il secondo periodo, il secondo stadio dell'umana vita comincia, secondo lo stesso Scrittore, nell'anno ventesimosesto. Ma di quali anni della vita di Dante abbiamo in questo Libretto la storia, se non principalmente di quelli, che dal nono trascorsero per infino al ventesimosesto? E come mai poteva l'Alighieri intitolar questo Libro la storia d'un secondo periodo della sua vita, quando in esso ci dà la storia del periodo suo primo, della prima età di ragione, ch'ei fa cominciare dal suo nono anno, perciocchè davanti di quello, poco, dice, potersi trovare nella sua memoria?
Libro della Vita Nuova non altro dunque significa letteralmente e naturalmente, che Libro della Vita giovanile. Novo, novello per giovanile, giovane si rinvengono di frequente negli antichi Scrittori; e i dodici esempi che qui appresso riporto, credo poter esser bastanti a far persuaso qualunque non per anco lo fosse:

  • . . . . . Tutta l'età mia nova
  • Passi contento, e'l rimembrar mi gioca.
Petr[arch]. Canz. XII, St. 2.
Transcribed Footnote (page 206):

(1) Pag. 498.

  • Questi fu tal nella sua vita nova
  • Virtualmente, ch'ogni abito destro
  • Fatto averebbe in lui mirabil prova.
DantePurg[atorio]. XXX, 115.

Nella sua vita nova, idest, nella sua prima età.

Landino, Comm. alla Commedia

Nella sua vita nuova, idest in pueritia.

Benvenuto da Imola.
  • Novo augelletto due e tre aspetta,
  • Ma dinanzi dagli occhi de'pennuti
  • Rete si spiega indarno o si saetta.
DantePurg[atorio]. XXXI, 61.
  • Innocenti facea l'età novella.
DanteInf[erno]. XXXIII, 88.

Dice l'autore che la tenera etade nella quale elli erano, li scusava ec.

L'Ottimo, Com. alla Commedia

Io sono stato tolto da questa che voi chiammate vita, per gl'inganni della mia novella sposa.

Fir. As. 60.
  • Bello era e fresco, e nella nuova etade.
BoccaccioTeseide lib. X, St. 69.
  • Un poco pur la tua novella etade.
BoccaccioTes[eide]. lib. IV, St. 7.
  • Per la novella età che pur nove anni
  • Son queste ruote intorno di lui torte.
Dante, Par[adiso]. XVII, 80.
  • E noi in donne ed in età novella
  • Vediam questa salute (la gentilezza).
Dante, Canz[oniere]. XVIII, St. 6.
Se per una parte può far meraviglia, come un significato sì facile e sì naturale non venisse in mente ad alcun di loro, che presero a parlare di questo Libretto Dantesco, non farà per l'altra meraviglia minore l'intendere come i seguaci de'Filelfi e de'Bisconi, levando oggi molto arditi la testa, ed affannandosi a comprovare lo scetticismo di cotesti
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Novatori, asseriscano pertinacemente, che la Donna di Dante, come tutte quelle dagli altri suoi contemporanei, siano una sola e identica allegoria: sicchè se loro tu presti fede, se'costretto quasi ad inferirne, che un gentile e naturale amore nel petto di que'grandi uomini fosse una cosa del tutto impossibile. Il buon Canonico Biscioni pensò (come già molto innanzi pensato aveva Mario Filelfo), che la Beatrice di Dante non fosse una donna vera e reale, e quindi la Portinari: Che la Vita Nuova fosse un trattato d'amore meramente intelletuale, senza alcun mescuglio di profano, e si raggirasse tutta quanta sopra l'allegoria, restando affatto esclusa ogni specie di vera storia: Che l'oggetto dell'amore di Dante fosse la Sapienza, in largo significato presa, e poscia individuata alla suprema spezie, o vogliamo dire alla più alta cognizione dell'umano intendimento, alla quale egli pose nome Beatrice: Che l'amore del Poeta significhi lo studio, conforme egli ha di propria bocca confessato nel Convito; la subita sollevazione de'tre spiriti, vitale, animale e naturale, alla prima vista della sua donna, siano i contrasti che si sentono in noi nell'accingersi a malagevole impresa, e spezialmente nell'età giovanile; il saluto di Beatrice mostri la capacità alle Scienze, per esser quelle facilmente corrispondenti a chi ha intelligenza, ed è ben disposto ad apprenderle: Che per le diverse donne, che con Beatrice s'accompagnano, si debbano intendere le scienze tutte, le quali della medesima Beatrice sono ancelle; e che la morte del Padre di questa donna si possa credere essere stat la mancanza del maestro di Dante (2). Tutto questo però confessando il Biscioni aver detto per un certo zelo che egli ebbe sempre verso il buon nome di questo so-
Transcribed Footnote (page 208):

(2) Prefaz. alle Prose di Dante, pag. XXVI e XXXVII.

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Sig. 18*
Note: In the original work, quotation marks appear at the beginning of each line containing quoted text, in the Italian style. But since the lineation of the original has not been reproduced in this Rossetti Archive edition, quotation marks throughout have been indicated only at the opening and closing of quotations. --Ed.
vrano autore, e concedendo parimente che la Beatrice Portinari sia stata in questo mondo, e potesse esser dotata di pregevoli doti, e forse anche ben conosciuta e praticata da Dante per la vicinanza delle loro abitazioni (3), pretende nulladimeno mostrare che la Dantesca Beatrice non sia colei nè alcun altra donna, ma una femmina ideale, a bello studio dal Poeta inventata. Egli perciò si sdegna contro Gio. Boccaccio, Benvenuto da Imola, Leonardo Aretino, Cristoforo Landino, il Vellutello, il Daniello, e tutti gli altri biografi ed espositori di Dante, che credettero reali gli amori di lui colla figlia di Folco
Transcribed Footnote (page 209):

(3) Gli Alighieri abitavano non più di cinquanta passi lontano da'Portinari, poichè questi avevano le loro case dov'è ora il Palazzo Ricciardi, già de'Duchi Salviati in via del Corso presso il Canto de'Pazzi, e quelli abitavano sulla Piazza di s. Martino, e precisamente in sull'angolo della via che porta a s. Margherita, e le loro case (chè più d'una ne possedevano) rispondevano in sulla Piazza de'Donati, altrimenti detta della Rena.

Beatrice nacque nell'Aprile del 1266, e dal Testamento di Folco rogato nel 15 Gennajo 1287, e pubblicato dal Richa (Vol. VIII, p. 229) s'apprende che innanzi cotesta epoca ella era stata maritata a Simone de'Bardi. Ecco la particola del Testamento: “Item Dominae Bici filiae suae et uxori Domini Simonis de Bardis reliquit libr. 50 ad floren.”. Qui potrebbe da alcuno farsi una domanda, ed è questa: come mai Dante, ch'era tanto innamorato di Beatrice non cercasse di ottenerla in isposa? Si vuol rispondere a ciò: che forse Dante non avrià omesso di tentarlo, ma che la discrepanza delle loro fortune, giacchè Folco era doviziossimo, (come quegli che con una parte delle sue ricchezze potè fondar lo Spedale di s. Maria Nuova) ne sarà stato probabilmente l'ostacolo.

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Portinari, e pensarono che la Vita Nuova prendesse da quelli argomento.
Ma dappoichè il fantastico edifizio del Biscioni incominciò a ruinare per opera del valoroso Dionisi, e dappoichè fu per altri osservato che se un'allegoria era la donna di Dante, avrebbonlo dovuto essere pur l'altre de'di lui contemporanei, che parlando d'amore tenevano tutti egualmente un mistico e platonico linguaggio, surse ardito il Rossetti a puntellarlo, imprendendo non solo nelle Note alla Divina Commedia, ma altresì, e più ampiamente, in un apposito libro (4) a dimostrare, che Beatrice sì come Giovanna, Selvaggia, Laura, Fiammetta ec. altro non erano che una personificazione della Potestà Imperiale, da Dante, Cavalcanti, Cino, Petrarca, Boccaccio ec. invocata dominatrice e riformatrice d'Italia (5). E dietro alle orme del Biscioni e del Rossetti non mancarono altri che battessero la stessa via, o piuttoso professassero la stessa opinione, dacchè niun novello argomento riuscirono a mettere in campo, da quelli in fuori portati già da que'due loro antesignani. Questo eco recente di un antico paradosso, rivelando una frivola tendenza ad abbandonare le vie del semplice e del vero per voglia di raffigurare nelle tradizioni storiche ancor le più ovvie un carattere simbolico ed allegorico, e tentando e sforzandosi di cancellare Beatrice, Giovanna e le altre dal novero delle gentili femmine vissute ad ornamento della nostra patria, e ad ispirazione de'suoi ingegni migliori, mi richiama ad un'accurata analisi critica, e ad una severa confutazione di esso.
Transcribed Footnote (page 210):

(4) Dello Spirito Antipapale.

Transcribed Footnote (page 210):

(5) “È cosa sicurissima che la donna di questo esercito d'amatori era una sola.”Rossetti, Comm. di Dante, vol. II. pag. 427, ed altrove).

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Il Biscioni ed il Rossetti dicono, che il racconto dell'innamoramento di Dante non si ha che dal Boccaccio, essendochè Benvenuto, Lionardo, il Landino, il Vellutello, il Daniello, non altro fecero che ricpoiare le parole di quel primo biografo: perciò le costoro autorità insieme sommate, non poter dare che un solo. A ciò primieramente rispondo, non esser vero, che Lionardo Bruni, parlando degli amori giovenili di Dante, abbia ricopiata la narrazione del Certaldese, perchè quegli studiossi a tutto suo potere di contradire a quanto il suo predecessore avea di Dante narrato, fino al punto di esclamare: Perdonimi il Boccaccio, ma i suoi giudicii sono molto fievoli, e molto distanti dalla vera opinione. E in altro luogo narrando come Dante si trovò per la patria a combattere virtuosamente nella battaglia di Campaldino, soggiunge: Io vorrei che il Boccaccio di questa virtù avesse fatta menzione, più che dell'amore di nove anni, e di simili leggerezze che per lui si raccontano di tant'uomo. Or bene, se il Bruni, il quale protesta di volere scrivere non un romanzo, ma una veridica storia dell'Alighieri, ci dirà che Dante nella sua gioventù fu signoreggiato dalla passione d'amore, ragion vuole che lo si tenga per vero, nè che lo si reputi detto per una cieca credenza al racconto di colui, al quale egli cerca in ogni pagina di contradire. Odasi dunque ciò che questo secondo biografo asserisce: L'Alighieri fu usante in giovinezza sua con giovani innamorati, ed egli ancora di simile passione occupato, non per libidine, ma per gentilezza di cuore; e ne'suoi teneri anni versi d'amore a scrivere cominciò, come si può vedere in una sua operetta volgare che si chiama Vita Nuova.
Secondariamente rispondo, non esser questi due Scrittori i soli che affermino un simile innamoramento, ma esservene un altro, ancor più d'essi, au-
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torevole, perchè contemporaneo e familiare dell'istesso Alighieri: ed egli si è l'antico anonimo Commentatore della Commedia, che alcuni chiamano il Buono, altri l'Ottimo. Questi nel proemio al Canto XXX del Purgatorio ho trovato che dice: Laicamente si potrebbono sporre a lettera le parole di Beatrice, prendendo lei per quella Madonna Beatrice, che egli (Dante) amò con pura benivolenza. E chiosando ilv. 121. Dice qui Beatrice in riprensione di Dante, che declinando l'Autore a lascivia e vanitade, ella il sostenne per alcun tempo con la bellezza del volto suo, conducendolo in parte diritta e virtuosa. E questa lettera ha due sposizioni; l'una puoi riferire, che egli parli di Beatrice, in quanto ella fu tra'mortali corporalmente, che aveano tanta forza le sue bellezze su Dante, che toglievano da lui ogni malo pensiero, e inducevano e cercavano ogni pensiero buono; . . . . . . l'altra è da riferire a spirito ed intelletto ec.
In terzo ed ultimo luogo io rispondo, che quand'anche non sussistesse alcuna testimonianza per parte altrui, sarebbero piu che bastanti le parole dell'Alighieri medesimo non tanto della Vita Nuova, quanto del Convito e della Commedia, a renderne persuasi e certissimi, aver egli provato una profonda passione amorosa, e la Beatrice della sua giovinezza essere stata una donna vera e reale, e non un ente immaginario e simbolico. E qui dirò, l'errore del Biscioni, asserisce il Rossetti, asseriscon altri, che queste tre Opere abbiano fra di loro una stretissima corrispondenza, e siano dipendenti l'una dall'altra, anzi congiunte e connesse come anelli d'una stessa, dirò così, catena scientifica, da prima disegnata,e poscia compita dalla gran mente del
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loro Autore. Ma la fallacia di quest'asserzione ci si farà tosto ben chiara, se si consideri, che allorquando il giovine Dante nella sua età di ventisei o al più ventisett'anni, compose questo suo primo libretto, non possedeva punto le Sceinze, nè poteva quindi formare il piano d'un così vasto e coordinato lavoro scientifico. Come per me fu perduto, dice egli nel Convito(6), il primo diletto della mia anima (cioè Beatrice) io rimasi di tanta tristizia punto, che alcuno conforto non mi valea. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente che s'aromentava di sanare, provvide . . . . . ritornare al modo che alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere quello, non conosciuto da molti, libro di Boezio, nel quale cattivo e discacciato consolato s'avea. E udendo ancora, che Tullio scritto avea un altro libro nel quale trattando dell'amistà, avea toccate parole della consolazione di Lelio, . . . . misimi a leggere quello. E avvegnachè duro mi fosse prima entrare nella loro sentenza, finalmente v'entrai tant'entro, quanto l'arte di gramatica ch'io avea, e un poco di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi come sogando, già vedea, siccome nella Vita Nuova si può vedere. Qui adunque l'Alighieri ingenuamente confessa, che nella sua giovinezza non possedeva le scienze, e che all'infuori del proprio ingegno e dell'arte di grammatica, valer d'altro non si potè per la composizione del suo primo Libro. Ora proseguiamo ad ascoltarlo: E siccome essere suole, che l'uomo va cercando argento, e fuori della intenzione trova oro, io che cercava di consolarmi, trovai non solamente alle mie lagrime rimedio, ma vocaboli d'autori e di scienze e di libri; li quali considerando, giudicava bene che la filosofia, che era la donna di questi auto-
Transcribed Footnote (page 213):

(6) Pag. 170, e segg.

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ri, di queste scienze e di questi libri, fosse somma coas. E immaginava lei fatta come una donna gentile, e non la potea immaginare in atto alcuno se non misericordioso. Per che sì volentieri lo senso di vero l'ammirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo immaginare cominciai ad andare là ov'ella si dimostrava veracmente, cioè nelle scuole de'Relgigiosi, e alle disputazioni de'filosofanti: sicchè in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire della sua dolcezza, che il suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero.
Da questo passo avrà il Lettore agevolmente raccolto, che Dante fino a tre anni dopo morta Beatrice non pervenne a gustare le dolcezze della filosofia, ed a cangiare il primo verace e naturale amore in un secondo intellettuale e allegorico. È forza dunque inferirne che la Vita Nuova essendo da lui stata scritta un solo anno appresso la morte di quella donzella che fu l'oggetto del suo primo amore (7), si aggiri tuttaquanta su questo e non già sull'altro, del quale non aveva egli per anco provata la virtù e la posanza. Al Convito poi incominciò l'Alighieri a por mano, compito il corso de'suoi filosofici studi; nè v'è principio di dubbio che la donna in quel libro encomiata sia la Filosofia. Ma donde mai la piena certezza di ciò? Dalle parole di Dante me-
Transcribed Footnote (page 214):

(7) Che la Vita Nuova fu scritta da Dante un anno o due al più appresso la morte di Beatrice, si deduce dall'ultimo pargrafo del libro stesso, dal cap. I. del Tratt. I. del Convito, e dallo squarcio superiormente riportato. Anche il Boccaccio narra che Dante la compose nel suo anno ventesimo sesto; e nel suo ventesimoquarto la vuole composta il Biscioni. Che il Boccaccio abbia intorno a ciò narrato il vero, e che laVita Nuova sia stata scritta da Dante nel 1291, o nel 1292, lo proverò pienamente alquanto più sotto.

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desimo: Questa Donna fu figlia di Dio, Regina di tutto, nobilissima e bellissima Filosofia (8) . . . . . Boezio e Tullio inviarono me nell'amore, cioè nello studio di questa donna è la Filosofia (9) . . . Si vuole sapere che questa donna è la Filosofia, la quale veramente è donna piena di dolcezza, ornata d'onestade, mirabile di sapere, gloriosa di libertade(10). . . . . Questa donna è quella dello intelletto che Filosofia si chiama (11). Anche il Biscioni, alloraquando si fa a provare che la donna del Convito è un ente puramente intellettuale, si appoggia a questi passi da me riportati, ed aggiunge che una veridica storia dell'Alighieri non si può compiutamente fare se non ricercando da Dante medesimo la verità la vita d'alcuno o bisogna esser vissuto al tempo di colui, del quale scriver si vuole, ed avere con esso domesticamente conversato; ovvero fa di mestieri, con istudio e fatica dalle opere di lui, o da altri legittimi documenti, che autentici dichiarare si possano, le notizie ritrarne (12). Or se questo dunque insinua il Biscioni, e perchè poscia non vuole che la storia degli amori di Dante per Beatrice Portinari si appoggi alle di lui stesse confessioni sparse nelle proprie Opere? perchè non vuole che le sincere narrazioni della Vita Nuova siano prese alla lettera, quand'egli prende pure alla lettera le altre del Convito or riportate? Il nome di Beatrice, l'età sua, la morte del Padre, e quella ancora di lei stessa, le peregrinazioni e infermità di Dante, i fatti e i detti d'altre donne ec. sono,
Transcribed Footnote (page 215):

(8) Pag. 175.

Transcribed Footnote (page 215):

(9) Pag. 197.

Transcribed Footnote (page 215):

(10) Pag. 197.

Transcribed Footnote (page 215):

(11) Pag. 282.

Transcribed Footnote (page 215):

(12) Pag. IX.

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egli dice e asserisce, tutte cose ideali, ed a figura ridurre si debbono. Ma perchè? Perchè (egli risponde, e il Lettore noti bene questa magistrale risposta) perchè elle non furono con più particolari distintivi specificate dal Poeta (13). Ma Dio buono è egli possibile di bevere così grosso? è egli possibile di produrre in buona fede di cotali ragioni? E sarà egli d'altronde possibile, che un Lettore sensato voglia più prestar fede agli altrui sogni che non al proprio discernimento? Narra in questo suo LIbretto l'Alighieri, che la prima volta che Beatrice apparve davanti a'suoi occhi, non aveva ancor nove anni d'età: narra che essa era di sì nobili e laudabili portamenti, che di lei poteano dirsi quelle parole d'Omero “ Ella non pare figlia d'uom mortale, ma di Dio”: narra che se trovavasi in luogo, ov'ella fosse, un repentino tremore per tutta la persona assalivalo: narra che abbenchè Amore baldanzosamente il signoreggiasse, tuttavolta la bella immagine della sua amata non sofferiva, che ei lo reggesse senza il fedle consiglio della ragione: narra che egli cercava con ogni studio di celare altrui que t'amore, e che d'altre donne fingendo essere innamorato, fece d'esse schermo alla verità attalchè molti non conoscendo la femmina per cui distruggevasi, non si sapeano come chiamarla: narra che compose un Serventese in lode delle sessanta più belle donne della città, fra le quali collocò pure la donna sua: narra che uno de'piu grandi suoi desiderii era quello di venir da lei salutatu: narra che un dì la vide venire appreso Giovanna, la donna del Cavalcanti, e che quand'ella passava per via, tutti le si facean d'attorno per ammirarla: narra infine che essa morì il 9 Giugno del 1290 nella giovanile età di cinque lustri, e che egli a disacerbare alquanto l'im-
Transcribed Footnote (page 216):

(13) Pag. XII.

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Sig. Vol. III. 19
menso dolore ch'erasi fatto distruggitore dell'animma sua, scrisse la Canzone Gli occhi dolenti ec.
Questi e cento altri piccoli fatti, dettagli ed aneddoti che si rinvengono nella Vita Nuova, potrann'eglino forse non dirsi bastantemente dal Poeta specificati? potrann'eglino forse ridursi a figura? Ma il Biscioni insiste e sentenzia: essere inverisimile che Beatrice fosse una donna vera, perchè Dante chiamolla la gloriosa Donna non del suo cuore ma sibbene della sua mente, vale a dire dell'intelletto(14); perchè dissela desiderata in cielo dagli Angeli e da'Santi, ove null'altra mancanza avevasi che di lei (15); perchè la predicò distruggitrice di tutti i vizj, e regina delle virtù (16), e la credè un numero nove, cioè un miracolo della Santissima Trinità (17) ec., prerogative nobilissime ed eccelentissime, confacevoli solo a creatura più che umana e mortale (18). Or io domando al Biscioni, se quella Laura, la quale egli dice trovare grandissimamente differente da Beatrice (19), perciocchè fu una
Transcribed Footnote (page 217):

(14) “Quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente”. (Vita Nuovapag. 3.)

Transcribed Footnote (page 217):

(15) “

  • Lo cielo che non have altro difetto
  • Che d'aver lei, al suo Signor la chiede.
  • . . . . . . . . . . . .
  • Madonna è desiata in l'alto cielo.
”Canz. I.

Transcribed Footnote (page 217):

(16) “Quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i vizj, e reina delle virtù ec.” (Vita Nuovapag. 15).

Transcribed Footnote (page 217):

(17)“Questa donna fu accompagnata dal numer nove a dare ad intendere ch'ell'era un nove, cioè un miracolo, la cui radice è solamente la mirabile Trinitade”.(Vita Nuovapag. 55).

Transcribed Footnote (page 217):

(18) Biscionipag. XIII, e XXXI.

Transcribed Footnote (page 217):

(19) Pag. XII.

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vera donna, non riscotesse dall'innamorato Petrarca le medesime enfatiche ed iperboliche lodi. Apriamo il di lui Canzoniere, e lo vedremo ben tosto:

  • Gentil mia donna, io veggio
  • Nel mover de'vostri occhi un dolce lume,
  • Che mi mostra la via, che al ciel conduce.
  • . . . . . . . . . . . . . .
  • Quest'è la vista ch'a ben far m'induce,
  • E che mi scorge al glorioso fine.
  • . . . . . . . . . . . .
  • Chi vuol veder quantunque può Natura
  • E'l Ciel fra noi, venga a mirar costei.
  • 10. . . . . . . . . . . . .
  • Non era l'andar suo cosa mortale
  • Ma d'angelica forma.
  • . . . . . . . . .
  • . . . . Laura mandata in terra
  • A far del ciel fede tra noi.
Se alcuno mi domandasse il perchè (aveva giàdetto il Dionisi) il perchè, essendo Beatrice una femmina

  • In carne, in ossa e colle sue giunture,


Dante ne abbia parlato nella Vita Nuova in un mondo quasi del pari maraviglioso, come se fosse la donna del Convito: per questo appunto, risponderei, che Dante era poeta, celebrò Beatrice poeticamente con lodi superiori alle umane. Ma essendochè in quella prima etade non aveva egli la cognizione delle scienze, lodolla quanto sapeva e poteva col solo lume della ragione, descrivendo in questo suo Opuscolo un amore razionale e metafisco, non quale in fatti esso era, ma quale doveva o poteva essere dalla scorta fedele condotto della ragione. Ma poi ch'egli s'ebbe dato allo studio, cioè all'amore della Filosofia, lodò e celebrò altamente questa quasi seconda donna nel suo Convito e nelle sue filosofiche Canzoni con tutto il lume ch'egli avea
page: 219
di scienza e d'arte. Finalmente nella poetica e presso che divina visione da lui descritta nella Commedia, tornò a lodar la sua prima donna, cioè Beatrice, fatta già cittadina del regno de'Beati, col lume sovrannaturale e scientifico della fede.
Quali effetti producesse in Dante quel primo amore per la Portinari, il quale altro non era che una naturale inclinazione d'un cuor gentile per donzella adorna di tutti i pregi, il palesa egli stesso quando racconta, che considerando nell'oggetto amato un modello di bellezza, d'onestà e di virtù, si elevarono le sue idee e si posero con esso a livello; senti quindi in sè medesimo un cambiamento, nè più trovò l'uomo di pria. Sublimandosi la sua mente, il suo affetto altresì infermossi di spiritualità e di purezza, come la sua volontà acquistò rettitudine ed energia. Laonde egli asseriva che il saluto di Beatrice, il quale era il massimo suo desiderio, operava in lui mirabilmente e virtuosamente (20); e diceva, buona essere la signoria d'amore; perchè trae l'intendimento del suo fedele da tutte le vili cose(21). Simili concetti esprimeva nelle sue Canzoni, esclamando:

  • Io giuro per colui
  • Ch'Amor si chiama, ed è pien di salute,
  • Che senza oprar virtute
  • Nissun puote acquistar verace loda.
Canz. XV, St. V.

  • Da te (Amor) convien che ciascun ben si muova,
  • Per lo qual si travaglia il mondo tutto;
  • Senza te è distrutto
  • Quanto avemo in potenza di ben fare.
Canz. VIII St. I.

Il sistema immaginato da Platone sulla grada-
Transcribed Footnote (page 219):

(20) Pag. 15.

Transcribed Footnote (page 219):

(21) Pag. 19.

page: 220
Note: Footnote 22 runs onto next page in original text. --Ed.
zione delle bellezze, per cui l'anima inalzandosi dalla contemplazione del bello materiale e visibile a quella del bello spirituale ed invisibile, trova la sua felicità nel distaccamento da'sensi, e nella calma delle passioni, era in moda nel secolo cavalleresco dell'Alighieri. Non già che i dotti di quell'età avessero in generale attinte quelle loro sublimi o piuttosto fantastiche idee dai libri del Greco Filosofo, perciocchè allora erano poco o punto conosciuuuti in Italia, ma aveanle ricavate da quelli di S. Agostino. Le Opere di questo Padre tutto Platonico formavano in gran parte la Fiolsofia di que'tempi, e quelle parloe disce amare in creatura Creatorem, et in factura Factorem furon bastanti per fondarvi sopra tutti i sistemi amoros-platonici de'nostri primi rimatori entusiasti. Gli omaggi del cuore e della mente venivano quindi da essi accompagnati con una specie di culto. Eglino non cessavano di ripetere che niente più amavano nelle loro donne, quanto le bellezze interiori dell'anima: che i loro spiriti d'un'origine celeste si cercavano e si vagheggiavano qui in terra senza alcuna mescolanza d'impurità e di materia: che se talvolta il loro entusiasmo sembrava tropp esaltarsi in vista della fisica bellezza, ciò non era, dicevan essi, che in virtù dell'estasi sublime che eccitavasi in loro all'aspetto delle prodigiose fatture dell'Onnipotenza e dei capi d'opera di perfezione che il cielo si compieceva di mostrare alla terra. Per ciò appunto, e'dicevano, la somma Sapienza formando col suo potere l'Universo, volle nelle sue creature farsi in parte visibile all'Uomo, e volle in esse splendere in cotal guisa, affinchè allettando gli occhi del corpo, invaghisse quelli dell'intelletto ad inalzarsi per insino a Lei (22). Ond'è che ogni amore naturale o intellet-
Transcribed Footnote (page 220):

(22)“

  • Ciò che non muore, e ciò che può morire,
  • Non è se non splendor di quella idea
  • Che partorisce amando il nostro Sire.


Dant[e]. Par[adiso] XIII, v. 52.

  • Io veggio ben sì come già risplende
  • Nell'intelletto tuo l'eterna luce,
  • Che vista sola sempre amore accende;
  • E s'altra cosa vostro amor seduce,
  • Non è se non di quella alcun vestigio
  • Mal concsciuto che quivi traluce.


Parad[iso]. V, 7.

page: 221
Sig. 19*
Note: Footnote 24 runs onto next page in original text. --Ed.
tuale, ovvero umano o divino, asserivano essere senza errore (conforme l'assomia, opus naturae, opus intelligentiae non errantis), e supponevano prender origine dalla prima mente, e ad essa dover ritornare (23). Tale era il linguaggio del Platonicismo amoroso, assai familiare nel Parnaso Italiano fino dal tredicesimo Secolo, e che durò per insino al decimosesto ((24).
Transcribed Footnote (page 221):

(23)“

  • Amor che muovi tua virtù dal Cielo
  • Come'l Sol lo splendore.


Dant[e]. Canz. VIII, 1.

  • La beltate ch'Amore in voi consente
  • A virtù solamente
  • Formata fe dal suo decreto antico.


Canz. XVI, St. 1.

Transcribed Footnote (page 221):

(24) Il Salvini illustrando que'versi del Petrarca Aprasi la prigione ov'io son chiuso, E che'l cammino a tal vita mi serra, dice: “Questi sono i misteri della Platonica filosofia, e non che uno s'abbia a fissare in amando tutto il tempo di sua vita una creatura, senza mai cercare di levarsi a migliore, più sublime, più conveniente e più bello senza comparazione e più amabile oggetto. Scala non è dunque questa del tutoo immaginaria, ma presa pel suo verso, e non abusata viene ad essere assai più vicina a buoni e non adulterati nè falsi mistici e alla dottrina de'nostri contemplativi, che sino dalle cose irrazionali prendono di continuo motivi ed occasione beata di portarsi in Dio, e dalla moltitudine delle cose di quaggiù ridursi all'Uno di lassù anagogicamente”.

page: 222
Note: Footnote 25 runs onto next page in original text. --Ed.
Così Giovanni dell'Orto Aretino, che fiori nel 1250, cantava

  • Amor solo, però ch'è conoscente
  • D'alma gentile e pura,
  • Sovr'essa gira, e pur ad essa torna;
  • E poi ch'è giunto a lei immantinente,
  • D'un ben sovra natura
  • Perfettamente lei pasce ed adorna.
Così Loffo Bonaguida:

  • Che Iddio vi formò pensatamente
  • Oltre natura ed oltre uman pensato.
Così Guittone d'Arezzo:

  • Che non può cor pensare,
  • Nè lingua divisare
  • Che cosa in voi potesse esser più bella.
  • Ah Dio! com'sì novella
  • Puote a esto mondo dimorar figura,
  • Ched'è sovra natura?
  • Che ciò che l'uom di voi conosce e vede,
  • Somiglia per mia fede
  • Mirabil cosa a buon conoscitore
(25).
Transcribed Footnote (page 222):

(25) Anche nella sua lettera V diretta a una donna, Guittone adopra consimili espressioni: “Gentil mia donna, l'onnipotente Dio mise in voi sì maravigliosamente compimento di tutto bene, che maggiormente sembrate angelica creatura che terrena in detto ed in fatto, e in le sembianze vostre tutte, che quant'uomo vede di voi sembra mirabil cosa a ciascun buon conoscidore. Perchè non degni fummo che tanta preziosa e mirabile figura, come voi siete, abitasse intra l'umana generazione d'esto secolo mortale, ma credo che piacesse a Lui di poner voi tra noi per fare maravigliare ec.”.

page: 223
Così il Cavalcanti nella Canz. VIII e II.

  • Amore che innamora altrui di pregio,
  • Da pura virtù sorge
  • Dell'animo, che noi a Dio pareggia.
  • . . . . . . . . . . . . .
  • Di questa donna non si può contare;
  • Che di tante bellezze adorna viene
  • Che mente di quaggiù non la sostiene.
Così Cino da Pistoja nella Canz. I.

  • Quando Amor gli occhi rilucenti e belli,
  • Ch'han d'alto fuoco la sembianza vera,
  • Volge ne'miei, sì dentro arder me fanno,
  • Che, per virtù d'Amor, vengo un di quelli
  • Spirti, che son nella celeste sfera.
  • . . . . . . . . . . . . .
  • Dal lampeggiar delle due chiare stelle . . . .
  • Prende il mio cuore un volontario esiglio
  • E vola al Ciel tra l'altre anime belle.
  • 10. . . . . . . . . . . . .
  • Donna, i vostri celesti e santi rai
  • Vedendo avvolto in tenebre il mio core
  • Immantinente il fer chiaro e sereno;
  • E dal carcer terreno
  • Sollevandol talor, nel dolce viso
  • Gustò molti de'ben del Paradiso.


ed altrove

  • Come poteva d'umana natura
  • Nascere al mondo figura sì bella
  • Com'voi, che pur maraviglia mi fate?
  • Credo che in ciel nascesse esta soprana
  • page: 224
  • E venne in terra per nostra salute.
  • . . . . . . . . . . . . .
  • E par che sia una cosa venuta
  • Di cielo in terra a miracol mostrare
(26).
Io non dirò che questo fosse il vero modo di trattare l'amore, e che qu'primi italiani poeti rinvenissero un bello sconosciuto a Tibullo e a Properzio; ma dirò solo che tale si era il mistico e bizzarro gusto del tempo. Perciò l'Alighieri, non tanto dalla sua elevata fantasia, e dalla nobiltà del suo animo, quanto dall'esempio de'suoi contemporanei, fu spinto a sublimare l'affetto per la sua donna, e a far di essa un essere meraviglioso e più che terreno. Che se a ciò avesse voluto por mente il Biscioni, non avrebbe mosso tante dubbiezze intorno Beatrice, nè avrebbe prodotta quella sua speciosa opinione intorno l'amore del divino Poeta, affannandosi tanto nel torgli di dosso una taccia che egli ha comune con tutto il genere umano, e sforzandosi nel far creder che uno solo ed identico, cioè quello della Sapienza, sia stato l'amore, ch'egli ha sì vivamente descritto in tutte e quattro le sue opere italiane, la Vita Nuova, il Canzoniere, il Convito, e la Divina Commedia. Parecchi dati storici, parecchie deduzioni, e parecchi argomenti stanno per me a proavr questo: che Dante dopo avere ne'suoi più verdi anni amato Beatrice Portinari non per libidine, ma per gentilezza di cuore, si diede nella sua gioventù alla passione e allo studio della Filosofia morale ch'è la bellissima femmina del Convito, e da questo passò poi facilmente all'amore della celeste Sapienza o Scienza delle cose divine, simboleggiata nella gloriosa Beatrice della Commedia.
Transcribed Footnote (page 224):

Tutti sanno in quanto gran numero furono in Italia i servilii imitatori del Patrarca, e perciò non sopraccarico il mio discorso con inutili citazioni.

page: 225
E se io di leggieri vorrò concedere, che gli ultimi due amori possano prendersi l'uno per l'altro e identificarsi, non vorrò nè porò concedere altrettanto del primo, accettando per buone e per vere le ragioni del Biscioni e de'suoi illusi seguaci, percicchè io tengo opinione che possa fino all'ultima evidenze mostrarsi come due, cioè il naturale e l'intellettuale, siano stati gli amori di Dante Alighieri: della qual cosa a far persuasi color che di tali ricerche prendon vaghezza, stimo conveniente il ragionare alcun poco.
Più volte dice Dante nella Vita Nuova, nel Canzoniere ed anco nella Commedia, che egli erasi innamorato di Beatrice fino dalla sua puerizia:— Nove fiate appresso il mio nascimento era tornato lo cielo della luce quasi ad un medesimo punto (cioè erano trascorsi quasi nove anni), quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata Beatrice (Vita Nuovapag. 3).— E Amore mi dicea queste parole . . . . . . voglio che tu dica certe parole per rima, nelle quali tu comprenda la forza ch'io tegno sopra te per lei (per Beatrice), e come tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia (Vita Nuova, pag. 17).— La mia persona parvola (pargoletta) sostenne Una passion nuova, E a tutte mie virtù fu posto un freno (Canz. X, st. V).— Nella vista mi percosse L'alta virtù che già m'avea trafitto Prima ch'io fuor di puerizia fosse (Purg[atorio]. XXX, 40.—Altrove poi egli dice (e lo abbiamo veduto più sopra da uno squarcio del Trattato II del Convito), che s'innamorò della Filosofia ovvero della Sapienza, qualche cnno appresso la morte della Portinari, avvenuta (narra egli stesso) il 9 Giugno del 1290; le quali cose valgogno a significare che Dante s'innamorò della Filosofia in età pressochè di sei lustri. Qui pertanto abbiamo due innamoramenti, l'uno da giovinetto,
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l'altro da adulto: dunque (e la deduzione è facile) l'Amore di Dante non è stato uno solo: dunque il secondo era tutt'altro che il primo.
Fastidium est in rebus manifestissimis probationes adducere, dice il nostro Alighieri nel terzo libro della Monarchia: nulladimeno prendendoci di buona voglia questo fastidio, proseguiremo ad ascoltare lo scrittore medesimo, e così la nostra certezza vedremo farsi sempre più maggiore.— Certo sono (egli esclama nel Tratt. II. cap, 9 del Convito) Certo sono ad altra vita migliore dopo questa passare, là dove quella gloriosa donna (la beata Beatrice, da lui poco innanzi nominata) vive, della quale fu l'anima mia innamorata quando contendea. Chi pretende che tutti gli amori di Dante siano allegorici, dice, come ho già notato, non esser giammai esistita l'innamorata dell'Alighieri, e per essa doversi intendere la Filosofia o la Sapienza. Ma se la donna di Dante, rappresentata sotto il nome di Beatrice, è sempre, e non altrimenti, la Filosofia, come mai nel tempo istesso che egli dichiara, e ad ogni momento protesta di esserne innamorato, qui dice che già lo fu? Non è egli da ciò evidente, che Dante è stato invaghito prima d'una femmina, e poscia d'un'altra, l'una corporea, cioè Beatrice figlia di Folco Portinari, la seconda simbolica ed intellettuale, cioè la Sapienza? Ed avvertasi che l'Alighieri dopo aver detto che di Beatrice fu l'anima sua innamorata, aggiunge, quando contendea, ad indicare che la sua anima ne fu innamorata per tutto quel tempo, nel quale la potenza sensitiva contese coll'intellettuale, fino a che questa ebbe su quella vittoria.
Si considerino ancora questi altri squarci del Trattato Il del Convito, trattato scritto da Dante appenachè compiti i Filosofici studj ebbe cambiato il primo naturale amore in un secondo spirituale; e si giudichi se in essi non abbia assai chiaramente
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parlato di due amori, l'uno susseguito all'altro, e il primo dal secondo affatto differente: A pieno intendimento di queste parole, Io vi dirò del cor la novitate, Come l'anima trista piange in lui ec., dico che questo non è altro che un frequente pensiero a questa nuova donna commendare e abbellire; e quest'anima non è altro che un altro pensiero (il naturale), accompagnato di consentimento, che repugnando a questo (lo spirituale) commenda e abbellisce la memoria di quella Beatrice (pag. 139) . . . . . . Poi quando dico, Or apparisce chi lo fa fuggire, narro la radice dell'altra diversità, dicendo siccome questo pensiero di sopra suole essere contrario; che naturalmente l'uno contrario fugge l'altro; e quello che fugge mostra per difetto di virtù fuggire . . . Susseguentemente mostro la potenzia di questo pensiero nuovo ec. (pag. 146.) Cominciai tanto a sentire della dolcezza della Filosofia, che il suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero: per ch'io sentendomi levare dal pensiero del primo amore alla virtù di questo, quasi maravigliandomi apersi la bocca nel parlare della proposta Canzone, mostrando la mia condizione sotto figura d'altre cose, perocchè della donna di cui io m'innamorava non era degna rima di volgare alcuno palesemente parlare (pag. 173). Questi squarci, parmi, com'ho detto, che parlino chiaro abbastanza; ma vogliamo noi da Dante una qualche dichiarazione ancor più sicura ed evidente delle altre addotte? Eccone due: Pensai che da molti sarei stato ripreso di levezza d'animo, udendo me essere dal primo amore mutato. Per lo che a torre cia questa riprensione, nullo migliore argomento era che dire qual era quella donna che m'aveva mutato (pag. 210). Dico ed affermo che la donna di cui m'innamoraiAPPRESSO LO
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PRIMO AMORE, fu la bellissima e onestissima figlia dell'Imperatore dell'Universo, alla quale Pittagora pose nome Filosofia
(pag. 201). Dal periodo infatti che trovasi sul finire della Vita Nuova, e che dice: Apparve a me una mirabil visione, nella quale vidi cose che mi fecero proporre di non dir più degnamente trattare di lei ec. apparisce evidentemente che appena estinta Beatrice, cominciava l'Alighieri a cambiare il suo amore, e a dargli una nuova e più sublime direzione; poichè applicatosi con quanto studio poteva all'acquisto delle filosofiche discipline (27), mirava già a far l'apoteosi della gentile donzella, col celebrarne in un grandioso Poema le virtù, anzi col formar di lei la Sapienza medesima. Questo secondo amore che, non v'ha dubbio, dee dirsi totalmente spirituale, nuovo di forma e di sostanza, da Dante veramente creato e sentito, siccome dal Petrarca forse pure immaginato, fu quello che ogni influenza sulla mente innamorata operando, divenne in lui principio e seme d'ogni ben fare, stimolo a virtù, eccitamento a valore, e fonte di tanti concetti impossibili a formarsi da ogni altro umano discorso; amore infine, il quale levandolo da queste nebbie terrestri, il fe'poggiare sopra il cielo, e quivi contemplando l'ultimo nostro desio indiarsi. Ma tanto è vero che la Beatrice, della quale ei volle formare quell'altissimo simbolo, era stata pur troppo una donna, sì come le altre, mortale, che tale ella stessa si manifesta ripetutamente ancor nella Divina Commedia.
Nel Canto XXX e XXXI del Purgatorio, rimproverando a Dante i suoi mondani trascorsi, Beatrice va dicendo così:

  • Alcun tempo'l sostenni col mio volto:
  • Transcribed Footnote (page 228):

    (27) Studio quanto posso.Vita Nuova, pag. ult.

    page: 229
    Sig. Vol. III. 20
  • Mostrando gli occhi giovinetti a lui
  • Meco'l menava in dritta parte voltò.
  • Sì tosto come in su la soglia fui
  • Di mia seconda etade, e mutai vita,
  • Questi si tolse a me, e diessi altrui.
  • Quando di carne a spirto era salita
  • E bellezza e virtù cresciuta m'era
  • Fu'io a lui men cara e men gradita.


Avvisti qui il Lettore fra le altre quell'espressione non punto equivoca Quando di carne a spirto era salita; e poscia consideri queste altre che seguono:

  • O Dante, perchè me'vergogna porte
  • Del tuo errore, e perchè altra volta
  • Udendo le Sirene sie più forte,
  • Pon giù'l seme del piangere ed ascolta;
  • Sì udirai com'in cotraria parte
  • Muover doveati mia carne sepolta.
  • Mai non t'appresentò natura ed arte
  • Piacer, quanto le belle membra, in ch'io
  • Rinchiusa fui, e ch'or son terra sparte:
  • 10E se'l sommo piacer sì ti fallìo
  • Per la mia morte, qual cosa mortale
  • Dovea poi trarre te nel suo disìo?


Se Beatrice era dunque un essere di carne, che presso al secondo stadio della sua esistenza mutò vita, e divenne spirito; se la natura non avea mai fatto tanto di bello quanto eran belle le membra nelle quali quell'essere animato stava rinchiuso, e le quali divennero ben presto terra e cenere, non è egli veramente da dirsi e asseverantemente da ripetersi, che la Beatrice del giovine Dante fosse una donna vera, in carne e in ossa e colle sue giunture? Se nel Serventese dall'Alighieri composto, e che oggi sventuratamente è perduto, erano celebrate le sessanta più belle donne fiorentine, fra le quali stava pure Beatrice, come mai potrà egli asserirsi che sola quest'ultima non fosse una donna? E se Beatrice
page: 230
non fosse stata infatti una donna, come mai avrebbe potuto Dante esclamare

  • Dal primo giorno ch'io vidi il suo viso
  • In questa vita ec.?


Parad[iso]. XXX, 28.

  • Dice di lei Amor: cosa mortale
  • Com'esser puote sì adorna e pura?


Canz. I., st. 4.

Come mai avrebbe temuto cotanto, che ella morisse, raccontando,

  • Che sospirando dicea nel pensiero:
  • Ben converrà che la mia donna mora;


Canz. II, st. 3.

e che questo pensiero mettea in lui gravissimo shigottimento? Come mai in una grave malattia di Beatrice avrebbe indiretto una Canzone alla Morte, supplicandola a rattenere il colpo già mosso contro di lei? Come raccontare ch'ella aveva un fratello, da cui fu pregato a comporre alcun verso in morte di essa? Come confessare di aver cominciato a sentire un qualche affetto per un'altra gentil femmina un anno appresso la dipartita di quella prima(28)?
Queste obiezoni che io faccio ai seguaci del buon Canonico, non sono appena una metà di quelle che potrei loro fare, e che qui non riporto per non tediare di troppo il mio Lettore. Il quale se vorrà finir di convincersi che la Beatrice della Vita Nuova era una donna che mangiava e beveva e vestia panni, non avrà da far altro che per un poco considerare il seguente Sonetto, scritto da Dante nella sua adolescenza, e da lui indirizzato al suo primo amico Guido Cavalcanti:

  • Guido, vorrei, che tu, Lapo ed io
  • Fossimo presi per incantamento,
  • E messi in un vascel, ch'ad ogni vento
  • Transcribed Footnote (page 230):

    (28) Vita Nuova, pag. 63, eConvito, pag. 101, 102.

    page: 231
  • Per mare andasse a voler vostro e mio;
  • Sicchè fortuna od altro tempo rio
  • Non ci potesse dare impedimento,
  • Anzi vivendo sempre in un talento,
  • Di stare insieme crescesse'l desìo.
  • E Monna Vanna, a Monna Bice poi
  • 10Con quella ch'è in sul numero del trenta
  • Con noi ponesse il buono incantatore;
  • E quivi ragionar sempre d'amore,
  • E ciascuna di lor fosse contenta,
  • Siccome credo che sariamo noi.


La Bice quì nominata è, come ognuno conosce, la Beatrice di Dante; Vanna o Giovanna era l'amorosa di Guido Cavalcanti; quella ch'e in sul numero del trenta, cioè quella che nel Serventese in lode delle sessanta belle fiorentine cadeva in sul numero trenta (come la Beatrice, apprendiamo dallaVita Nuova, cadeva in sul numero nove), era la donna di Lapo Gianni, la quale, se non erro, chiamavasi Monna Lagia. Potrà egli mai il Lettore supporre, che fra queste femmine fiorentine la sola Beatrice fosse una Scienza od un Simbolo, e che Dante volesse condurla seco a diporto, come nel Sonetto si esprime? Se tale d'altronde fosse da dirsi colei, converrebbe dir tali, cioè simboli e scienze, anche le amanti di Guido e di Lapo, e così una grande stranezza condurrebbe ad un'altra maggiore, come di fatto ha condotto il Rossetti, il quale s'è dato affatto a credere, che le donne de'nostri primi Poeti siano tutte fantastiche e ideali (29), e che il linguaggio da essi tenuto sia un gergo convenzionale e furbesco della setta ghibellina o imperiale.
Io non denego punto a questo moderno interpe-
Transcribed Footnote (page 231):

(29)“La Donna di Guido Cavalcannti era la stessa che quella di tutti gli altri allegorici Rimatori”.Rossetti vol II, pag. 471.

page: 232
tre la lode di uomo dottissimo e assai studioso delle opere del divino Poeta e degli altri nostri antichi Scrittori: affermo anzi che molte cose pertineti alla storia siano da esso state ben vedute, e ben dichiarate nella Divina Commedia, e presentate al Lettore con un apparato imponente d'erudizione storica e filologica: nientedimeno quella effrenata intemperanza di novità, che lo ha portato a rinvenire un gergo settario in un linguaggio erotico-platonico, che al più potrà dirsi iperbolico, è ciò che non puossi consentire da chi non è timido amico del vero. Forte mi duole, che ad un llustre figlio d'Italia balestrato dalle fortune plitiche nelle nebbie del Settentrione, e tuttavia amantissimo

  • Di questa terra,
  • Che fuor di se lo serra,
  • Vuota d'amore, e nuda di pietade,


io sia costretto in questa disquisizion letteraria a dimostrarmi contrario: ma l'amore ch'io porto agli scritti ed alla fama di Dante, mi chiede imperiosamente, ch'io dimostri l'insussistenza del sistema Rossettiano: sistema che il forte e sublime linguaggio del Poeta divino riduce a quello meschinissimo de'logogrifi e degli acrostici, e che, come il nordico fantastico miticismo, minaccia d'operare nella filologia e nella esegesi storica e letteraria, una dannosissima e vergognosa rivoluzione. Della quale insussistenza se io qui non terrò lungo discorso, avvegnachè me lo riserbi a tempo e luogo più opportuno, darò per lo meno un cenno in ciò che possa aver relazione al presente Libro della Vita Nuova.
Avevano i Ghibellini (dice il Rossetti (30) ) un gergo convenzionale, a tutti i più distinti lor personaggi comune, per mezzo del quale fingendo par-
Transcribed Footnote (page 232):

(30) Vol. II, p. 351.

page: 233
Sig. 20*
lar d'una cosa, parlavano d'un'altra, e così riuscivano a tener fra loro non interrotta comunacazione . . . . . Secondo codesto gergo il Ghibellinismo fu detto
Vita, ed il Guelfismo Morte: perciò Dante chiamò Vita Nuova il nuovo corso di sua vita politica, e Nascimento appellò l'istante in cui v'entrò(31). Altrove poi il Rossetti contradicendosi narra (32), che Dante ancor giovinetto cantò rime d'amore, e fece una specie di romanzo sparso di prosa e di poesia, che intitolò la Vita Nuova, cioè il suo innamoramento, che diè quasi un nuovo corso alla sua vita. Senza ch'io mi diffonda a far rilevare minutamente la contadizione, in cui questo Scrittore è caduto, dirò che il titolo Vita Nuova non altro suonando (siccome più sopra ho pienamente provato) che Vita giovanile, distrugge quel di lui supposto: che accenni un Nuova corso di vita politica, cioè di vita ghibellina. E on ha egli il Rossetti daltronde veduto, oppur non ha voluto vedere, come quello ch'ei chiama nuova vita politica, e che io dico innamoramento dell'età giovanile, ebbe luogo, per quanto lo stesso Autore in quest'istesso Libro racconta, nella sua età d'anni nove? Qual conseguenza, secondo quel peregrino supposto, verrebbe da ciò? Che Dante fino ad oltre gli otto anni fu guelfo, e in sul compire de'nove si fe'ghibellino!!!
Donna o Madonna (segue a dire il Rossetti (33) ) chiamavano i Ghibellini la Potestà Imperiale, ed a questa ciascuno applicava un nome proprio, che, secondo la mente sua, avesse un qualche senso allegorico. Questa donna, cioè Domina, era per conseguenza quella mente dominatrice, quella sapienza generale, per la quale la terra tutta regger si do-
Transcribed Footnote (page 233):

(31) Vol. II., pag. 355.

Transcribed Footnote (page 233):

(32) Vita di Dantepag. XXXVII.

Transcribed Footnote (page 233):

(33) Vol. II., pag. 355.

page: 234
vesse, concentrata in un sol uomo potentissimo, immagine di Dio regolator dell'Universo.
Quindi conseguita che la Beatrice di Dante è un vocabolo ideale e fittizio, da essolui immaginato per servire all'allegoria, e uniformarsi al gergo della fazione imperiale(34). Ma se tale si è questa femmina, e perchè il Rossetti ci dice (35): che Dante fornito d'animo assai gentile fu sommamente inclinato all'amore, a cui dobbiamo i più grandi poeti; e che il suo primo affetto fu la fanciulla Beatrice Portinari, di cui s'invaghì prima ch'ancor di puerizia uscisse ; e che la morte glie la rapì, ed ei la pianse amaramente? E perchè ci dice altrove (36) parlando della Commedia: In questo viaggio misterioso Dante avea bisogno d'una guida; Virgilio era il suo autor prediletto, Beatrice fu l'adorata sua donna; e quindi chiamò l'uno e l'altra ad accompagnarlo?
Asserisce poi questo Scrittore, e di frequente ripete, che la paura del Papa e del Guelfo partito fu quella che ai Ghibellini fe'rinvenire quel linguaggio convenzionale, furbesco e anfibologico, il quale non dovesse porsi in uso che dagl'iniziati ne'loro misteri, nè potesse essere inteso da'guelfi loro nemici. Scopo di questa filosofico-poetica setta era quello di stabilire l'unità dell'Italia, e in un col reggimento civile riformare la disciplina ecclesiastica per il bene della patria loro, e della umanità(37). Grande per altro era la gelosia, con cui i segreti di questa setta venivano custoditi; ed a ragione; perciocchè trattavasi della vita (38). Donna o Madonna
Transcribed Footnote (page 234):

(34) Nel Commento alla Commedia e nello Spirito Antipapale, passim.

Transcribed Footnote (page 234):

(35) Vita di Dantepag. XX.

Transcribed Footnote (page 234):

(36) Vita di Dantepag. XXXI.

Transcribed Footnote (page 234):

(37) Vol. II, pag. 312.

Transcribed Footnote (page 234):

(38) Vol. II, pag. 405.

page: 235
chiamavan essi (com'ora ho notato) la Potestà Imperiale, Vita il Ghibellinismo, Morte il Guelfismo o Papismo, Salute l'Imperatore, Iddio l'Impero ec.; e spesso per significare le stesse cose usavano vocaboli equivalenti, e così a Vita sostituivano Cortesìa da Corte, perchè l'Imperatore n'era il capo; a Morte sostituivano Pietà da Pietas Religione, perchè regolatore n'era il Papa. Amore poi, parola che offriva loro due proprietà, poichè tronca ( Amor) invertesi e dice Roma, intera dividesi e dice Amo Re, significava l'affetto per l'Imperatore e l'Impero (39). Ond'è che questo moderno Interpretre non può tenersi dall'esclamare: Quanta e qual era la paura di Dante, che occhio profano non giungesse a leggere nell'anima sua il vero senso del suo amore , cioè del suo ghibellinismo! Della Morte ei tremava in doppio senso e tutti di quella setta doveano avere lo stesso batticuore! Essi si vigilavano a vicenda con non interrotta sentinella, e misero chi si lasciasse fuggir dalle labbra un sol motto che potesse compromettere la pace di tutti gli altri! Non vi era per lui luogo di rifugio, e il solo suo silenzio eterno potea trarre gli altri d'affanno (40)!
Cotesti antichi poeti ghibellini erano dunque, secondo il Rossetti, paurosi cotanto della guelfa potenza, che a manifestarsi vicendevolmente i loro sentimenti non aveano altro espediente, che quello d'un gergo composto di segni convenzionali ed arcani. Essi tremavano al solo nome di Guelfo come i fanciulli al nome dell'Orco, e guardinghi e diffidenti si spiavano l'un l'altro, paventando ognora i ceppi, i pugnali e i veleni de'quali il Guelfismo
Transcribed Footnote (page 235):

(39) V. tutto il Capitolo II, del volume II,pag. 354 ed altrove.

Transcribed Footnote (page 235):

(40) Vol. II, pag. 412.

page: 236
servivasi contro i propri avversarii (41). Dante altresì, che era timido e pauroso sì come gli altri (42), dovè appigliarsi al partito di nascondere sotto i segni convenzionali della sua setta, e sotto frasi e maniere fatte a mosaico, i suoi liberi sensi tendenti alla civile e religiosa rigenerazion dell'Italia; perciocchè in quei semibarbari tempi nei quali egli visse, tempi di oppressioni e di vendette, avrebbe ben presto pagato a prezzo di sangue il fio di cotanta arditezza. Questa ragione a chi non avesse vedute le opere dell'Alighieri, nè conoscesse la storia del di lui secolo, potrebbe sembrare sodisfaciente: ma qual è quegli, il quale, iniziato per alcun poco nella nostra Letteratura, non sappia che Dante fiero ed indomito per carattere, compiacendosi ne'patimenti siccome prove a dimostrar sua fortezza, e ne'propri difetti siccome inevitabili seguaci a virtù tutte lontane dalle battute vie, non avea ritegno ad urtare uomini ed opinioni? Alcune delle sue Canzoni, varie delle sue Epistole, molti passi del Convito, ed il Trattato della Monarchia non racchiudono forse alti, arditi e liberi sensi? Ma che dico? La Divina Commedia stessa, il capolavoro di Dante, è forse meno l'opera di una immensa dottrina, che di una bile generosa? In questo Poema particolarmente egli prende occasione di esalare tutta l'amarezza d'un cuore esulcerato. Il suo risentimento vi comparisce senza alcun velo. Tutto ciò che l'ignoranza e la barbarie, gli odj civili, l'ambizione, l'ostinata rivalità del trono e dell'altare, una politica falsa e sanguinaria ebbero mai d'odioso e di detestabile, tutto entra nel piano che il poeta si propose.
Transcribed Footnote (page 236):

(41) Lo dice e lo ripete cento volte nella Disanima del Sistema Allegorico, e nello Spirito Antipapale.

Transcribed Footnote (page 236):

(42) Ivi.

page: 237
Il colorito e la tinta di questi differenti oggetti è sempre propozionato alla loro nerezza, ed il pennello di Dante non comparisce mai tanto sublime, quanto allorchè tratteggia fieramente quegli orrori. Quale scrittore pertanto, o fra gli antichi o fra i moderni, svelando le turpitudini di tanta gente del suo secolo, ha osato senza alcun velame d'allegoria, e senza ricorrere ad un arcano linguaggio, parlar più forte e più libero di Dante? Per fare che i buoni imparassero a sperare (dice uno Scrittore della vita de lui), e i tristi a temere, presentò loro un Libro, ogni pagina del quale ha impressa in fronte questa sentenza: Discite justitiam moniti et non temnere Divos. Nell'eseguire sì ardito disegno si determinò a parlar liberamente de'suoi contemporanei e massime de'potenti, cagione delle comuni calamità; e ne assegna per ragione quella stessa per cui la tragedia si versa sempre sulle vicissitudini di uomini illustri, dal che vien detta tragedia reale; vale a dire perchè gli esempi tratti da gente ignota sono meno istruttivi di quelli che si desumono da cognitissimi personaggi: onde non timido amico del vero, e rimossa da se ogni menzonga, fè come il vento che le più alte cime più alte cime più percuote. Molti de'suoi contemporanei e conoscenti, di soverchio timidi e circospetti, lo tacciavano d'imprudente, e lo consigliavano a raffrenarsi; ma ei gl'incolpava di pigri e di vili, e fe'dirsi dalla Filosofia, Purg. V, 13.

  • Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
  • Sta', come torre, fermo, che non crolla
  • Giammai la cima per soffiar di venti.


E in tutto il suo misterioso corso non dimenticò mai quel precetto di Polibio che gli dicea: Nè dal riprendere l'amico, nè dal lodare l'avversario ti resterai quando verità te lo imponga. Or sa egli il Lettore chi sia mai il biografo che così scrive di Dante?
page: 238
È quell'istesso Rossetti (43) che poco innanzi ce lo ha dipinto timido e meticuloso sì come una femmina.
Se questo moderno Interpetre è spesso e gravemente caduto in contradizione con se medesimo, non ha meno dato nel falso, quando per tirar le sentenze al proprio sistema s'è posto a interpetrare questo e quel luogo, e a definire quel tale o quel tal altro vocabolo. Colla parola settaria salute, la quale oggi ha più spesso il significato di salvezza, venne, secondo il Rossetti (44), chiamato l'Imperatore ancora da Dante, e ne cita gli esempi seguenti: Voi, i quali oppressi piangete, sollevate l'animo, imperocchè presso è la vostra Salute (Lettera alla venuta di Arrigo).— E quando questa gentilissima Salute salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse obumbrare a me la intollerabile beatitudine ec. (Vita Nuova).— Quando la mia Donna appariva da parte alcuna, per la speranza dell'ammirabile Salute, nullo nimico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di carità la quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso (Ivi). Sicchè appare manifestatamente, che nella sua Salute abitava la mia beatudine (Ivi).

  • Piacciavi di mandar vostra salute . . . .
  • Dunque vostra salute omai si muova.


Canz. XI.

Ma io rispondo dicendo, che questo vocabolo nel primo esempio ha indubbiamente il significato di salvezza; nel secondo è lezione errata, e dee leggersi gentilissima Donna, come leggono più testi; negli altri quattro dipoi ha quello di saluto, salutazione, come s'incontra di frequente negli antichi Scrittori, e come appare ancor dagli esempi seguenti: A'perfidi e crudeli dell'Isola di Cicilia Martino
Transcribed Footnote (page 238):

(43) Vita di Dante, pag. XXXIII.

Transcribed Footnote (page 238):

(44) Vedi fra gli altri luoghi la pag. 374 del Vol. II.

page: 239
Papa quarto quella salute, della quale degni sete.
Gio. Villani 1. 66. 2.— Per questo quella salute, che per me desidero, ti mando.Bocc[accio]. Filoc. 3. 196.— Ch'appena gli potei render salute.Petr[arch]. cap. 2.
Nel Sonetto che incomincia Nelle man vostre, o dolce donna mia, e che il Rossetti sull'asserzione d'alcuni Editori suppone di Dante, si rinviene l'espressione La morte che non ho servita. Questa frase è, secondo lui, ghibellina e settaria, ed equivale a quest'altra: Il Guelfismo che non mi ha avuto a seguace o sivvero a cui non ho prestato servigio. Ma del verbo servire nel significato di meritare s'incontrano diecine e centinaja d'esempj nei nostri antichi Scrittori di prose, non che di versi; ed eccone alcuni: I nostri sudditi, che, contro a noi, hanno servita morte, domandan patti. Gio. Villani 1. 67. 4.— Perchè menate voi a imendere questo cavaliere? ed elli risposero: perocchè egli ha bene morte servita. Nov. ant. 60. 3.— Avendo dal Comune di Firenze le paghe ch'avea servite.Matt. Villani 11. 18.— Non ti voglion rendere il trionfo che tu hai servito nelle lontane battaglie. Tav. Dicer.— Poich'egli è adunque evidente, che quelle semplici e nude parole non altro suonano se non La morte che non ho meritata , il settario della frase non esiste che nella fantasia del sistematico Interpetre.
Crucciose invettive contro cotesta Morte, vale a dire contro il Guelfismo, s'incontrano, dice il Rossetti(45), in molti degli antichi Poeti: e delle varie di Dante c'invita a veder quella della Vita Nuova, di cui ecco il principio

  • Morte villana, di pietà nemica,
  • Di dolor madre antica, ec.


e l'altra del Canzoniere,
  • Morte poich'io non trovo a cui mi doglia.
Transcribed Footnote (page 239):

(45) Vol. II. pag. 377.

page: 240
Io non vo'passare in rassegna i tanti e tanti esempj ch'ei cita de'nostri antichi Rimatori, ma fermerommi su questi di Dante; e a prima giunta dirò, che il Rossetti non riporta mai per intero un componimento, nè lo dispiega in tutte le sue parti, facendo osservare la continuità dell'allegoria e la regolarità dell'arcano e misterioso linguaggio; ma con fino artifizio ne riporta solo de'squarci, e bene spesso goffamente alterati, comelà dove(46) cambiò l'avverbio imperò nel vocabolo Impero,

  • Difendimi, o Signor, dallo gran vermo,
  • E sanami, Impero, ch'io non ho osso,
  • Che conturbato possa omai star fermo.


Dante, Sal. I.

Se la Canzone alla Morte (la quinte del Canzoniere), possa mai sotto la scorza delle parole racchiudere quegli arcani sensi, che il Rossetti pretende, e non sia piuttoso un componimento d'amore, nel quale Dante supplichi caldamente la Morte a rattenere il colpo già mosso contro Beatrice, potrassi scorgere agevolmente da chi voglia gettarvi su l;occhio, anco per sola una volta; nè io mi so persuadere come mai quell'Interpetre siasi ripromesso dal Lettore una sì grande e sì cieca credenza. Relativamente poi a'due versi della Ballata, dirò, che se Morte è Guelfismo, e Pietà è sinonimo di Morte, qual discorso sarebbe mai questo, Morte Villana di Pietà nemica , cioè Guelfismo villano, del Guelfismo nemico ? Inoltre, come mai questa setta, la quale non esisteva se non da pochi anni, avrebbe potuto esser chiamata Di dolor madre antica? Veda adunque il Lettore quali e quante bellezze racchiudano bisticci sì fatti!
Quando morì Beatrice, Dante scrisee a'Principi
Transcribed Footnote (page 240):

(46) Vol. II, p. 286.

page: 241
Sig. Vol. III. 21
della Terra (47). E a qual proposito, esclama il Rossetti (48), scrivere a'Principi della Terra (ai Sovrani del Mondo), per la morte di Madonna Beatrice Portinari (cioè d'una privata donzella)? Si sappia, egli prosegue, che i Principi della Terra sono i Cardinali, perchè tale era lo specioso titolo conferito loro da Pio II; e chi sia Beatrice lo appureremo in appresso, ciò non essendo, com'egli s'esprime, di veruna utilità nella questione presente. Così l'Interpetre del Ghibellinismo francamente discorre, quasichè non si sappia che terra significava e significa non tanto il nostro pianeta, quanto città, paese. Aprasi il libro di Giovanni Villani, e il detto vocabolo vi si rinverrà con questo significato, sto per dire, a ogni pagina. Che vale adunque quella frase della Vita Nuova? Vale che Dante scrisse della morte di Beatrice a'principali cittadini della Città di Firenze. Ecco alcuni esempj della voce in quistione, usata perfino dal Tasso,

  • Goffredo alloggia nella terra (in Gerus.) e vuole
  • Rinnovar poi l'assalto al nuovo sole.


Gerus. lib. C. XXX. 5o.

È una usanza in tutte le terre marine.Bocc[accio]. nov. 80. I.— A una sua possessione forse tre miglia alla terra vicina.Bocc[accio]. Nov. 94. 4.— Standosi domesticamente co'cittadini per la terra in pace e in sollazzo.Matt. Villani 9. 27.— Di continuo si facea solenne guardia per la terra di dì e di notte. Cron. d'Amar. 224.
Nulla poi io dovrei dire del modo strano e inusitato con cui il Rossetti fassi a provare l'esistenza degli arcani o settari vocaboli ascosi da Dante ne'versi del suo Poema, perciocchè non della Commedia, ma sì della Vita Nuova io intendo qui far di-
Transcribed Footnote (page 241):

(47) Vita Nuova, pag. 55.

Transcribed Footnote (page 241):

(48) Vol. II. p. 439.

page: 242
Note: Capitalized letters on this page are thus capitalized in the original text. --Ed.
scorso; pure non posso a meno di porre sotto gli occhi del Lettore soli due tratti, il primo indicante il modo con cui il Poeta ha celato il nome di Arrigo, il secondo con cui ha nascosto il nome del Papa “Dante (dice il novello Interpetre(49) ) s'è valuto molte volte di tal mezzo (del mezzo che si usa negli acrostici e ne'logogrifi) per presentarci netto netto il nome dell'Imperatore Enrico od Arrigo . . . . . . L'ombra d'Argo, che Dante nomina nell'ultimo Canto del Paradiso, è l'ombra d'ARriGO. E quest'ombra appunto manderà una voce dal Cielo come di cuor che si rammarca, la quale dirà alla Chiesa corrotta O navicella mia, com'mal se'carca! E se volete saper per sicuro chi è che grida così, non avete a far altro che trascrivere quel verso co'due seguenti, e guardare alle parole finali: eccoli:

  • O navicella mia, com'mal se'cARca
  • Poi parve a me che la terra s'apRIsse
  • Tr'ambo le ruote, e vidi uscirne un DraGO.


Quel solenne dialogo fra Dante e Beatrice (Purg[atorio]. XXXI), nel quale Madonna accusa l'amante di essersi tolto a lei, e dato altrui; quella terzina

  • Confusione e paura insieme miste
  • Mi pinsero un tal sì fuor della bocca,
  • Al quale intender fur mestier le viste;


e il paragone che immediatamente vien dopo, . . . . c'invitano a ricercare chi è cotesta Beatrice. Or raccomandiamoci a s. Lucia, esaminiamo quella similitudine, e vedremo qual è mai quella parola mal compiuta per paura:

  • Come il balestro frange quando scocca
  • Da troppa tesa, la sua corda e l'arco,
  • E con men foga l'asta il segno tocca,
  • Sì scoppia'io sott'esso il grave cARco,
  • Transcribed Footnote (page 242):

    (49) Vol. II, p. 499.

    page: 243
  • Fuori sgorgando lacrime e sospiRI,
  • E la voce allentò per lo suo varCO.


Dunque la voce allentò l'ultima sillaba GO, talchè pronunziata con men foga divenne CO. E si sappia che io non avrei mai pensato a farne ricerca, se non me lo avesse avvertito Dante medesimo in un certo luogo della Vita Nuova. Ben ci ha servito la vista, o Messere, a riconoscere colei che tu denominasti la gloriosa Donna della mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice, i quali non sapeano che si chiamare . Basti per ora riguardo ad un tal nome: gli altri esempj gli ammucchierò a luogo più opportuno. Nè io gl'indicherò: Dante che mi ha svelato ove son questi, Dante ci additerà pure ove son gli altri. Povero Poeta! ti sei tanto affaticato a lavorare quella chiave ingegnosissima, sperando che si troverebbe finalmente un'anima possente che ne scoprisse l'uso, ma lo sperasti invano per cinque secoli. Essa è corsa per cento mani, e nessuno ha saputo che farsene! Ma la formasti di sì complicato magistero, che s'io qui cessassi, nessuno forse potrebbe seguire a volgerla per trarne le maraviglie che chiudesti! Mi si perdoni questa vanità (50)!
Siccome nostro Signore fu ravvisato in alcune figure simboliche, quali sono l'arca di confederazione, l'arco di pace ec., così Dante ci offrì in figura nell'ARCO SESTO delle Bolgie Infernali, ARriCO SESTO, dicendo tutto spezzato al fondo è l'arco sesto . E ad allontanare ogni dubbio sulla giustezza di questa interpretazione, mostrerò che quella frase giace tutto spezzato al fondo è uno de'soliti cenni, il quale ne avvisa che il resto del nome giace al fondo della prima sillaba, ma tutto spezzato. Vedetelo:
Transcribed Footnote (page 243):

(50) Vol. II. p. 501.

page: 244
  • Tutto spezzato al fondo l'ARco sesto
  • E se l'andar avati puR vI piace,
  • Andatavene su per questa GrOtta (51).
Il Poeta descrivendo la bocca della voragine, da cui usciva orrendo fetore, disse ch'era formata da alcune pietre rotte, e tosto col suo solito giochetto di sillabe indicò che significassero figuratamente Pietre e Pietra:

  • In su l'estremità d'un'alta riPA,
  • Che facevan gran Pietre rotte in cerchio,
  • Venimmo sopra più crudele stiPA.


E temendo che il suo lavoro di tarsia, essendo fuori di similitudine, non fosse bene scorto, pose lì presso il nome del PAPA in faccia ad una Pietra(52). Così nel Canto primo, dove si parla della Lupa, ne'due emistichj quinarj de'v. 48. e 49., è scritto:

  • Sì che PArea che l'aer ne temesse;
  • Ed una luPA che di tutte brame, ec. (53).
Or quale giudico, quale confutazione farò io d'interpretazioni sì fatte, per le quali fra le altre stupende cose apprendiamo che la Vita Nuova scritta da Dante nel 1291, parla non della morte di Beatrice, ma della morte d'Arrigo, avvenuta ventidue anni dopochè il libro era scritto? Non andrebb'egli perduto qualunque discorso io mi studiassi tenervi sopra, sia che parlassi a persona, che già di per se n'avesse veduta la ridicolezza, sia che volessi far ricredere chi dalla parte del Rossetti pertinacemente si stesse? Il Sole è lucido: chi lo vuol credere opaco, sel creda. E dappoichè il Rossetti implora dal Pubblico il perdono della sua vanità di chiamarsi il primo scuopritore di tali arcani sensi di Dante, io sono il primo di buon grado a concederglielo e ad
Transcribed Footnote (page 244):

(51) Vol. II, pag. 523.

Transcribed Footnote (page 244):

(52) Vol. II. p. 529.

Transcribed Footnote (page 244):

(53) Vol. II, pag. 523.

page: 245
esclamar secolui povero Poeta! pur con lui conchiudendo: quanti altri artifizj (del parlare enimmatico) vi sarann'eglino (secondo un simil sistema) negli scritti di que'Socj di setta, senza contar quelli che il Rossetti v'ha già discoverti! Nè solo mosaici di sillabe illusorie, ma pur anco anagrammi ed acrostici bizzarri esser vi deggiono (54)!
Lasciamo finalmente il fortunato Interpetre Napoletano scuopritore di nuovi mondi, e torniamo al Biscioni, del quale ora vo'porre in vista alcune maliziette, ed alcune false e vane interpetrazioni, onde sempre più s'apprenda in qual conto tener si debbano i trovati ingegnosi di chi per voglia di novità s'è allontanato dalle vie del semplice e del vero. Io ho detto più sopra, che la Vita Nuova fu scritta da Dante nel ventesimosesto o al più ventesimosettimo anno dell'età sua. Il Biscioni peraltro pretende provare che lo fosse nell'anno ventesimoquarto; nè ciò è senza molta malizia; poichè se fosse così, Dante avrebbe narrato la morte della sua amata innanzi che la Portinari morisse, e così vero sembrerebbe quello che il Biscioni opina, vale a dire che la Beatrice, di cui nella Vita Nuova si tien discorso, non sia le più volte nominata figlia di Folco. Asserisce il Boccaccio che Dante compose quella prima Operetta nel suo anno ventesimosesto, duranti ancora le lacrime per la morta Beatrice(55); ed il Villani aveva già detto(56), che la compose nella sua giovanezza. A tutto questo s'aggiunga quanto Dante medesimo intorno a ciò manifesta(57), cioè che quando scrisse la Vita Nuova non avea fatto studj di scienze, e che ad essi solo si diede un anno
Transcribed Footnote (page 245):

(54) Vol. II, p. 394.

Transcribed Footnote (page 245):

(55) Vita di Dante parte II.

Transcribed Footnote (page 245):

(56) Lib. IX. cap. 136.

Transcribed Footnote (page 245):

(57) Ne ho citati i passi, trenta pagine più sopra.

page: 246
e più dopo la morte della sua donna (la quale mancò ai vivi il 9 Giugno del 1290 secondo che abbiamo da lui medesimo, non che dal suo primo biografo il già citato Boccaccio), ed avremo un'altra sicura conferma dell'error del Biscioni: poichè se un anno o due aggiungeremo al 1290, avremo che l'Alighieri, nato nel Maggio 1265, scriveva il Libretto in questione nel ventesimosesto o ventesimosettimo anno dell'età sua. E questo per altre indagini non infeconde di resultati sarà opportuno ch'io mi dilunghi alquanto nel dimostrare.
Il concetto de Dante nel comporre le tre sue Opere (la Vita Nuova, Il Convito e la Divina Commedia), ridicolosamente opina il Biscioni (58), essere stato quello di far sì che fossero corrispondenti alle tre principali etadi dell'uomo, che cioè la Vita Nuova corrispondesse all'Adolescenza, il Convito alla Gioventù, la Commedia alla Vecchiezza, e come tali dovessero dimostrare le qualità proprie di quelle. Tutto questo, secondo il Biscioni, desumesi da ciò che Dante dice nel Tratt. I. Cap. I. del Convito con queste parole: Quella (la Vita Nuova) fervida e passionata, questa (il Convito) temperata e virile essere si conviene. Chè altro si conviene e dire e operare ad un'etade che ad altra, perchè corti costumi sono idonei e laudabili ad un'etade, che sono sconci e biasimevoli ad altra, siccome di sotto nel quarto Trattato sarà propria ragione mostrata. Ed io in quella dinanzi (nella Vita Nuova), all'entrata di mia gioventute parlai, e in questa dipoi (nel Convito) quella già trapassata. E di fatti in quel quarto Trattato al Cap. XXIV si veggiono indicati i termini di quelle età, nelle quali Dante divide la vita umana; l'Adolescenza che dura per insino al venticinquesimo anno; la Gioventù dal
Transcribed Footnote (page 246):

(58) Pag. XXIV.

page: 247
venticinquesimo al quarantesimoquinto; la Vecchiezza dal quarantesimoquinto fino al settantesimo; e la Senettù da questo per infino alla morte. Sicchè, dice il Biscioni (e qui, per confutarlo convienmi riportare le sue stesse parole) “si può con tutta ragione conchiudere che la Vita Nuova sia stata ad arte dall'Autore composta sotto sembianza di giovanili concetti, ma che però in sustanza essa sia di virili pensieri tutta quanta ripiena. Da questa costituzione di tempi, che non a caso è stata stabilita da Dante, si viene a scuoprire un anacronismo del Boccaccio. Egli vuole che il nostro Autore componesse la Vita Nuova nel suo anno ventesimosesto; e Dante medesimo afferma che ciò fu dinanzi all'entrata di sua gioventute , cioè avanti il venticinquesimo, che al più sarà stato l'anno ventiquattresimo. Oltre a ciò, il Boccaccio afferma che la Bice Portinari aveva quasi meno un anno di Dante, e che ella morì di ventiquattro anni; e Dante stesso nella Vita Nuova racconta la morte della sua Beatrice ed anco l'anniversario, o com'egli dice l'annovale di lei, con molte altre cose dopo quel tempo seguite. Ora se nel suo anno ventiquattresimo il Poeta trattò di cose occorse più d'un anno dopo la morte di Beatrice; ed ella avente quasi meno un anno di lui, morì d'anni ventiquattro, indubitato sarà o ch'ella, quando Dante narrò la sua morte, non era ancor morta, o che morisse d'anni ventidue, o che d'altra donna intendesse l'Autor di parlare, il che sarà più probabile. Non si ved'egli chiaro, che il Boccaccio a bello studio fece comporre a Dante la Vita Nuova due anni dopo il suo vero tempo, per accordare la sua asserzione col termine della vita della vera Beatrice Portinari” (59)?
Transcribed Footnote (page 247):

(59) Pag. XXV.

page: 248
Fino a questo punto, combattendo le opinioni del Biscioni, uomo d'altronde dotto, e in più maniere di studj versato, io ho tenuto inverso di lui un contegno ed un linguaggio tale, quale conviensi all'urbanità delle Lettere: ma in questo suo paragrafo, ed in altri ancora che porrò sott'occhio dappoi, egli ha ammucchiato tanti spropositi, tante contradizioni e tante falsità maliziose, che, perdonerammi il Lettore, se io andrò lasciando un po'il freno al mio sdegno. Se Dante non ci avesse egli stesso indicato l'anno, il mese, ed il giorno in cui dal secolo partì Beatrice, se nel suo Libro dellaVita Nuova non ci avesse narrato ciò che in fatto d'amore gli avvenne ne'diciotto mesi che seguitarono a quella lacrimata dipartita; l'asserzion del Biscioni potrebbe al più tenersi sì come una congettura: ma dappoichè non ignoriamo che quella vezzosa femmina morì nel 1290 quando Dante contava 25 anni d'età; dappoichè Dante medesimo dice di avere scritto la Vita Nuova un anno e più posteriormente a quell'epoca, e dappoichè tutto ciò era pur troppo noto al Biscioni, come mai questi si lascia a dire, che l'Alighieri scriveva il controverso Libretto al più nell'anno ventiquattresimo? Come mai egli ha l'impudenza di far comparire il Boccaccio un biografo sì malizioso che falsando le date abbia voluto a bello studio accomodare i fatti alle sue non vere asserzioni? Tutto il furbesco artifizio del Biscioni intorno la presente ricerca consiste in questo, di non far trapelare al Lettore la vera epoca della morte della Portinari narrata da Dante colle seguenti parole: Io dico che secondo l'usanza d'Italia l'anima sua nobilissima si partì nella prima ora del nono giorno del mese; e secondo l'usanza di Siria si partì nel nono mese dell'anno, perchè il primo mese è ivi Tirsi, il quale a noi è Ottobre (e se il primo è Ottobre, il nono sarà Giugno), e secondo
page: 249
l'usanza nostra ella si partì in quello anno della nostra dizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero
(il dieci) nove volte era compiuto in quel centinajo, nel quale in questo mondo ella fu posto; ed ella fu de'Cristiani del terzodecimo centinajo (60). Dunque la prima ora del nono giorno del Giugno 1290 fu l'estrema per colei che destò nel petto di Dante i primi palpiti dell'amore. Nella Commedia altresì (Purg[atorio]. XXXII, 1) dicendo il Poeta che fisamente guardava Beatrice, adopra le frasi seguenti

  • Tanto eran gli occhi miei fisi ed attenti
  • A disbramarsi la decenne sete
  • Che gli altri sensi m'eran tutti spenti.


Or chi non vede che quella voce decenne accenna il lasso de'dieci anni dalla morte di Beatrice decorsi fin a quel punto nel quale Dante finge di rivederla su nella vetta del Purgatorio, che fu nell'Aprile del 1300? Oltre di questo, se nel Convito manifesta l'Autore (siccome ho già detto) d'aver composta l'Operetta sua prima, quando per anco non erasi dato agli studj scientifici; se manifesta che ad essi applicossi alcun tempo appresso la morte della Portinari, e se nell'ultimo paragrafo della Vita Nuova racconta che lì faceva fine a quell'opera, poichè, essendosi determinato a parlar di Beatrice in un modo più degno, erasi dato a studiare quanto poteva, non avremo noi netto e sicuro il fine del 1291, o il principio del 1292, quando l'Alighieri stava su'ventisette anni? Or bene, interrogherammi il Lettore, tuttociò essendo evidente e verissimo, come sta che in quello squarcio del Convito, da cotesto Interpetre addotto, dice l'Alighieri d'avere scritto la Vita Nuova, dinanzi (o innanzi) l'entrata di sua gioventù, che è quanto dire, innanzi l'anno venti-
Transcribed Footnote (page 249):

(60) Vita Nuova, pag. 54.

page: 250
cinquesimo
? Oh qui sì, risponderò io, che tutti gli addebiti dal Biscioni dati al Boccaccio potranno giustamente rivolgersi ad esso il Critico? Oh qui sì, che ad esso il Critico, e non già al Criticato, si vedranno appartenere gli anacronismi, i falsamenti e le stravolte interpetrazioni! Dante nel passo da cui il Biscioni ha tolto coteste parole, dopo aver nominate per ordine le sue due Opere in prosa italiana, dapprima cioè la Vita Nuova, e poscia il Convito, prosegue dicendo: ed io in quella dinanzi, all'entrata di mia gioventute parlai, e in questa dipoi, quella già trapassata . Fa egli forse d'uopo della dottrina di Prisciano per rilevare che gli avverbi dinanzi e dipoi appartengono non già alle parole che loro susseguitano, ma sibbene a quelle che loro precedono? Fa egli forse di mestieri dell'acutezza d'Eustazio per interpetrare che suonino quelle frasi, e per intendere come per esse dice Dante avere scritta la Vita Nuova in sull'entrare della sua gioventù, e d'aver dettato il Convito nella etade, che alla gioventù viene appresso, cioè nella virilità?
Vero è che va errato il Boccaccio nel riferire che Dante nella età provetta vergognassesi molto d'avere scritto l'amatorio libro della Vita Nuova, dappoichè veggiamo che l'Autore stesso ne fa grata ricordanza in altra sua Opera (61); ma il volere come pretende il Biscioni, che ella sia siccome il Convito di virili (cioè filosofici) pensieri tutta quanta ripiena, è errore forse più gratuito e più strano di quello del Certaldese. E le parole di Dante nell'Introduzione al Convito — quella (la Vita Nuova) fervida e passionata, questa (il Convito) temperata e virile essere si conviene — a chiare note lo dicono; essendochè per la distinzione assoluta e decisa, che in esse racchiudesi, viene a manifestarci l'Au-
Transcribed Footnote (page 250):

(61) Nel Convito, Trat. I. cap. I. verso la fine.

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tore di aver da giovane scritta la Vita Nuova con modo e intorno argomento tutt'affatto differente da quello dell'Opera, ch'egli aveva allora fra mano; sì perchè (egli dice) altro si conviene e dire e operare ad un'etade che ad altra; sì perchè (egli prosegue) certi costumi (ed il Lettore avvisti bene questo vocabolo) sono idonei e laudabili ad un'etade, che sono ad altra sconci e biasimevoli . E qui notar debbo come il Biscioni sostenendo l'identità dell'argomento di queste due Opere, e riportando (62) il paragrafo di Dante che incomincia, Se nella presente Opera, la quale è nominata Convito ec., maliziosamente tralascia le parole da me ora addotte, che dello stesso paragrafo fanno parte, e che chiaramente palesano l'assurdità della sua asserzione.
Che dirò poi di quel bizzarro trovato, che Dante colle sue opere intendesse rappresentare le tre principali etadi dell'uomo? Dirò, che le opinioni, qualunque elle siano, hanno tanto più d'uopo di dimostrazioni e di prove, quanto meno si appoggiano sulle verità già comprovate ed antiche: e rinviando il Lettore a ciò che dissi nel § VII. della mia Dissertazion sul Convito, ove contro un seguace dell'opinion Biscioniana tenni non lungo discorso, dirò altresì, che l'unico argomento dal Biscioni portato in campo a sostegno della propria opinione, nulla vale e nulla conchiude, poichè a tutt'altro che alle Opere Dantesche egli appare d'aver relazione. E se di questo visionario Interpetre volessi un momento prendermi giuoco, non potrei io concedergli tutto, secolui asserendo che la Vita Nuova, il Convito, e la Divina Commedia rappresentino l'Adolescenza, la Virilità e la Senettù con le qualità proprie di quelle, e secondo questo principio conchiudere e dirgli: come dunque la Vita Nuova, che rappresentar
Transcribed Footnote (page 251):

(62) Pag. XVIII.

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dee l'Adolescenza e le proprie sue qualità, vorrà esprimere, siccome voi dite, virili e filosofici concetti, e non piuttosto parlare d'amore ch'è la passione propria di quell'età?
Curioso poi ne torna il vedere, com'egli in appoggio delle proprie opinioni citi bene spesso de'passi, che fann'anzi contro di esse. Dopo avere dapprima insinuato, che le donne di Dante sono in sostanza una sola ed identica, cioè la Sapienza, viene a dirci dappoi, che desse son due, la Filosofia morale cioè, e la Scienza delle cose divine (63): la riprova e dimostrazione di ciò deducesi, secondo lui, dal noto dialogo fra Dante e Beatrice là nel XXX del Purgatorio, del quale ho fatto io pure qualche parola più sopra, e del quale ei riporta parecchi ternarii. E i ternarii da lui riportati racchiudendo le note frase Quando di carne a spirto era salita ec. ec., le quali danno chiaro a vedere che la Beatrice che quivi ragiona è colei delle cui corporali bellezze fu innamorato il Poeta, e contenendo un aspro e severo rimprovero per l'amore quasi del tutto da esso obliato, mostrano il difetto de'suoi sillogismi, e distruggono i suoi deboli e vacillanti argomenti. Come infatti la Sapienza Divina potrebbe a Dante rimproverare d'aver dato opera alla morale Filosofia o scienza umana se più chiamare si voglia, che pur da essa divina trae origine, e immediatamente procede? Non mi valse il richiamarti al diritto sentiero colle ispirazioni e co'sogni , ella rimprovera a Dante: tanto ti abbandonasti al tuo accecamento, che per ritrartene mi fu d'uopo mostrarti i castighi delle genti perdute . Nè qui solo s'arresta; ma: dimmi, dimmi, ella prosegue (Canto XXXI), se questo, di che io ti rimprovero, sia vero: tanta accusa conviene esser congiunta alla tua confessione, ec. ec. E Dante confuso
Transcribed Footnote (page 252):

(63) Pag. XXXV e XXXVI.

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Sig. Vol. III. 22
e pauroso, a voce bassa risponde di sì: quindi dopo la tratta d'un amaro sospiro esclama piangendo: Le cose caduche di questa terra col falso loro piacere trassero a se li miei passi, appenachè il vostro bel viso si nascose per morte . Tutto questo, e il molto più che nel dialogo si discorre, e il dirvisi che l'Alighieri dandosi in preda ad altri amori avea seguito fallaci immagini di bene, che non rendono intera alcuna promessa; e l'esortazione al Poeta a mostrarsi un'altra volta più forte nell'udir le Sirene ingannevoli, nè a porsi altrimenti d'attorno a giovinette o ad altre vanitadi, le quali han sì brev'uso, può egli veramente dirsi il linguaggio della Scienza Divina, che a Dante rimprovera l'essersi tolto da lei coll'aversi dato alle umane discipline, quasichè fosse delitto l'applicarvisi, e l'uno studio non sia piuttosto scala a quell'altro? Veda dunque il Lettore a che adduce una critica superficiale e imperfetta.
Manifesta l'Alighieri nel Convito (64) che, a togliere ogni falsa opinione, per la quale fosse sospettato, il suo amore essere per sensibile dilettazione, aveasi posto a dichiarare i vocaboli, le frasi e i concetti nelle sue filosofiche Canzoni contenuti. E il Biscioni, avvistato quel passo, e legatolo coll'altro della Vita Nuova(65), nel quale l'Autor medesimo confessa, che pesavigli duramente il parlare che alcuni del suo amore facevano oltre i termini della cortesia, dice al solito che queste due Opere hanno insiem tra di loro una stretta corrispondenza, ed al solito esclama: Chi non vede che Dante vuole, che Beatrice non fosse creduta donna vera, com'egli prevedeva dover seguire? Io però ne'passi indicati non so punto vedere quella corrispondenza e quel legame che il Biscioni vi scorge. E se il primo parla
Transcribed Footnote (page 253):

(64) Tratt. III, cap. 3.

Transcribed Footnote (page 253):

(65) Pag. 14.

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dicendo che l'Amore, nel Convito descritto, non era di sensuale dilettazione (e in ciò non v'è principio di dubbio), l'altro della Vita Nuova parla non meno chiaro, esponendo come Dante a celare l'amor suo per Beatrice, forse allora maritata a Simone de'Bardi, mostravasi tanto preso d'un'altra femmina, che molta gente ne ragionava oltra i termini della cortesia: lo che dando all'Alighieri, come quegli ch'amava per gentilezza di cuore, voce e fama d'amatore vizioso, pesavagli duramente. Anzi io dico all'opposto, che se la femmina del Convito è la Filosofia(66), se l'amore per essa è lo studio(67), se il senso è il core(68), se il riso, gli occhi ec. sono le sue persuasioni e dimostrazioni (69) ec., e se tutto questo ripetutamente l'Alighieri fa noto e dispiega al Lettore; e perchè non fec'egli altrettanto nellaVita Nuova, candidamente dicendo e dichiarando che gli amori in questo libro descritti non doveano intendersi alla lettera, ma che si stavano a rappresentare de'simboli?
Un anno appresso la morte di Beatrice, Dante incominciò a innamorarsi d'un'altra gentile donzella, giovane, bella, e savia, principalmente per questo che gli si mostrava pietosa nella sua tribolazione(70). Ond'è che due contrarj pensieri faceano battaglia nell'animo suo; l'uno del primo amore per Beatrce già morta, l'altro d'un nuovo affetto per codesta gentile. Ed il Monti opinò che sotto la figura d'una tal nuova femmina, Dante rappresentasse la filosofia, pel grande amor della quale andava dimenticando l'amore di Beatrice, em-
Transcribed Footnote (page 254):

(66) Pagg. 175, 197, 282 ed altrove.

Transcribed Footnote (page 254):

(67) Pag. 293.

Transcribed Footnote (page 254):

(68) Pag. 136.

Transcribed Footnote (page 254):

(69) Pag. 314.

Transcribed Footnote (page 254):

(70) Vita Nuovapag. 63.

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Note: Footnote 71 runs onto the next five pages in original text. --Ed.
blema della Teologia. Veramente quello che ho già detto più volte, che, cioè, soltanto nel dar cominciamneto al Convito, Dante dichiarò d'aver fatto succedere al primo naturale affetto l'amore per la Sapienza, fa rilevare l'erroneità dell'opinione del Monti; e chiunque d'altronde legga il racconto del nostro giovine innamorato, e vegga in qual modo confessi d'esere stato tentato di una nuova passione per quella compassionevol donzella, non può a meno di ritenere, ch'ivi parli del tutto fuori d'allegoria. Egli vi dice primieramente, che vedea colei farsi da una finestra, e guardarlo in atto pietoso; e secondariamente chiama vilissimo il pensiero che di lei parlavagli, e dicelo anche avversario della ragione, desiderio malvagio e vana tentazione, come quello che movea da un amor sensuale. Or, come questo sarà egli da ritenersi per un linguaggio allegorico da potersi convenientemente applicare alla morale Filosofia?
Il Marchese Trivulzio nella Prefazione alla stampa della Vita Nuova da lui procurata in Milano (Prefazione che nella massima parte qui in nota (71)
Transcribed Footnote (page 255):

(71) “Che nella Vita Nuova si tratti della rigenerazione operata nell'Antore da Amore, è indubitato. Ma quest'amore è poi reale o allegorico? reale od allegorica la donna che nè l'oggetto? Il Canonico Biscioni risponde: La Beatrice di Dante non essere (come già avea molto tempo innanzi opinato Mario Filelfo) donna vera, e perciò non quella de'Portinari ec. ec. . . . . . Chi poi dal Biscioni passa a Monsignor Dionisi, l'ode tessere la storia della passione amorosa che Dante ebbe nella sua adolescenza per la famosa Beatrice, contro di chi opinò e scrisse, lei non essere stata figlia di Folco Portinari, nè donna vera ec. . . . Degli altri Critici quale si accosta al Biscioni, e quale al Dionisi; e chi senza alcuna preoccupazione si fa a leggere la Vita Nuova rimane irresoluto s'ei debba attenersi piuttosto all'una opinione che all'altra. Poichè talvolta incontrasi in cose che gli farebbero conchiudere trattarsi qui d'un amore reale con donna vera, o direbbe il Dionisi, con donna

  • In carne e in ossa e colle sue giunture;


e talvolta ei trovasi per modo assorto fra le astrazioni ed il mistero, che gli è forza di confessare non poter essere questo amore di Dante altro che allegorico. Se non che

  • Hi motus animorum atque haec certamina tanta
  • Pulveris exigui jactu compressa quiescent;


e questa pugno di polvere lo prenderemo dal Convito Tratt. II, cap. 1. Ivi l'Autore dice chiaramente, che le Scritture si possono intendere, e debbonsi sponere massimamente per quattro sensi, i quali sono da lui individuati nel letterale, che dicesi anche istorico, nell'allegorico, nel morale e nell'anagogico, cioè sopra senso. E queste medesime cose egli ripete nella Lettera latina, con cui dedica la terza Cantica della Divina Commedia a Can grande della Scala; dove, come pure nel Convito, arreca gli esempj a dichiarazione di ciascun senso.”

“Ora, dove'egli spiega il senso anagogico, prende ad esempio il Salmo In exitu Israel de Ægypto, domus Jacob de populo barbaro: Facta est Judaea santificatio ejus, Israel potestas ejus ; e dice (Trattato II, cap. I): Che avvegna, essere vero secondo la lettera, sie manifesto, non meno è vero quello che spiritualmente s'intende, cioè che nell'uscita dell'anima dal peccato, essa si è fatta santa e libera in sua podestate ; soggiungendo poi, che in dimostrare questo, sempre lo letterale dee andare innanzi, siccome quello nella cui sentenza gli altri sono inchiusi; . . . . che in ciascuna cosa naturale e artificiale è impossibile procedere alla forma, senza prima essere disposto il suggetto, sopra che la forma dee stare, siccome impossibile è la forma di loro venire, se la materia, cioè lo suo suggetto, non è prima disposta ed apparecchiata; . . . . che la letterale sentenza sempre sia suggetto e materia dell'altre , e cose simili. Dal che noi deduciamo, che letteralmente ed istoricamente la Beatrice della Vita Nuova sia la figlia del fiorentino Folco Portinari, di cui Dante innamorò in età di nove anni; in cui egli contemplò ed amò finch'ella visse il complesso di tutte le virtù morali ed intellettuali, che vicina e lontana occupava tutti i suoi pensieri, quantunque ei cercasse di far credere altrimenti ad ognuno cui lodò nelle sue Rime fra le sessanta più belle della città, confondendola tra esse, e ponendone il nome sul numero nono; e che immaturamente rapitagli dalla morte gli fu cagione d'amarissimo dolore e di alto sbigottimento; di che forse cercò di consolarsi accasandosi colla Gemma de'Donati. Su questo fondamento istorico della vera Beatrice, adorna d'ogni virtù, e donna del cuore di Dante, noi crediamo senza tema d'errare, che sia piantata l'allegoria della Beatrice fantastica, donna della sua mente, a cui pose amore nella sua puerizia, cioè della Sapienza, ch'egli coltivava collo studio di tutte le scienze e di tutte le arti, d'alcuna delle quali credevasi per gli altri ed era fatto credere da lui, ch'ei fosse unicamente invaghito. E si noti che nel Convito (Tratt. II, cap. 15) egli scrive della Sapienza con Salomone: Sessanta sono le regine, e ottanta le amiche concubine; e delle ancelle adolescenti non è numero: una è la colombia mia e la perfetta mia . Ma la Sapienza che tutti a se traeva gli spiriti del giovinetto Dante era la Scienza morale, quella che nel Convito paragona al nono cielo, e senza la quale dice che l'altre scienze sarebbono celate alcun tempo, e non sarebbe generazione nè vita di felicità, e indarno sarebbono scritte, e per antico trovate ; quella che mette capo nella Scienza divina, ch'è piena di tutta pace e perfettamente ne fa il Vero vedere, nel quale si cheta l'anima nostra (Tratt. II, cap. 15), siccome il nono cielo precede immediatamente all'Empireo, a cui egli dice che ha comparazione la Teologia. Per tal modo, morta la Beatrice allegorica, cioè raffreddatosi in Dante l'amore d'una tale Sapienza (e forse ciò avvenne nel tempo che la Portinari morì) indarno col cedere agli allettamenti d'altra donna, vale a dire di quella filosofia ch'è puramente mondana e non si sublima a così alto scopo, egli cerca di consolarsi, finchè Beatrice dall'alto cielo, ov'era salita cioè dov'era stata trasportata da lui a significare la Scienza delle divine cose, non gli si mostra di nuovo nel suo Poema per farlo felice.

Le quali cose tutte perfettamente riscontransi nelle parole ch'ei pone in bocca a Beatrice beata, nel trentesimo del Pugatorio: Questi fu tal nella sua vita nuova ec. ec. Per egual maniera il Petrarca dal contemplare tutte le perfezioni giunte con mirabili tempre nella sua donna, facevasi scala al Fattore. Se non che l'amante della bella Avignonese non può tanto abbandonarsi ai voli del suo amore platonico, che perda di vista colei che n'è l'oggetto: chè anzi di pensiero in pensiero, di monte in monte la va cercando e raffigurando per tutto, e dopo la morte di lei porta invidia alla terra avara, che chiude il velo che egli ha tanto amato; dolendosi pur sempre di essere separato dalla donna leggiadra e gloriosa, che fu già colonna d'alto valore, ed è fatta nudo spirito e poca terra. Laddove l'Alighieri dall'avere amate ed ammirate una volta in Beatrice tutte le virtù, tanto vien sollevato alla speculazione delle cose superiori, che dimentica quanto in essa ha di terreno e di materiale per ascendere nella regione delle forme a contemplare nella Beatrice beata salita a gloriare sotto le insegne di Maria, l'immagine ch'egli s'è formata della Scienza divina. E tanto si perde fra queste astrazioni, che ne fa perfino dubitare se Beatrice possa mai aver esistito fuori della sua fantasia.

Ben è il vero, che sarebbe opera perduta quella di chi volesse trovare come ogni circostanza istorica si confronti perfettamente colle allegorie della Vita Nuova, ovvero e converso. Per riescire in tale inchiesta, bisognerebbe vivere a minor distanza di tempo dall'Alighieri; o che egli, invece d'avvolgere a bello studio ogni cosa nel mistero, avesse voluto a noi rivelarla. Nè forse ogni particella di questo libro contiene ambidue i sensi; ma quale sarà semplicemente istorica, e quale semplicemente allegorica, bastando che il doppio senso possa convenire alla somma dell'opera e delle principali sue parti. Quel poco però che abbiamo accennato, e il più che il Lettore, potrà da se medesimo andare appuntando su quelle tracce, è sufficiente a disspiare le mistiche nebbie, in cui gli Eruditi avevano finora lasciata involta quest'operetta; ove tengasi per definito che qui Dante tocca letteralmente de'suoi amori colla Sapienza e colle Scienze che di quella sono amiche ed ancelle. E se alcune circostanze parranno o troppo sottili, o troppo strane, e, vogliam pur dirlo, meschine, si rifletta che quando Dante scriveva la Vita Nuova era ancor giovinetto, ch'egli amava le sottigliezze, come può vedersi nel Convito, ove spiega se stesso, e che le nostre Lettere uscivano per lui dalle tenebre in cui giacevano da molti secoli.” Così il Trivulzio.

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riporto), facendo osservare che Dante istesso dichiara nel Convito, come le Scritture si possono intendere e debbonsi esporre massimamente per quattro
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Sig. 22*
sensi
, i quali sono da lui individuati nel letterale che dicesi anche istorico, nell'allegorico, nel morale e nell'anagogico, conchiude doversi tenere per de-
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finito, che nella Vita Nuova Dante tocchi letteralmente de'suoi amori colla Beatrice Portinari, e allegoricamente de'suoi amori colla Sapienza. Questa
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ingegnosa interpretazione se non è interamente vera, molto di verità ritiene, inquantochè pone per primo, trattarvisi storicamente degli amori per la
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figlia di Folco, e d'altronde le astrazioni platoniche, i modi mistici, ed iperbolici sparsivi dall'Autore, possono agevolmente far credere starvi sotto nascosa una qualche allegoria, od almeno un qualche metaforico senso, da non potersi a prima giunta avvistare. Se non che io ripeterò quello che ho detto di sopra, domandando il perchè non l'abbia l'Autore avvertito, mentre avvertillo più volte nella sua Opera filosofica e nella sua Visione poetica: ond'è che non avendo egli di questo doppio senso dato al Lettore contezza, io ritengo che la Vita Nuova parli sì con le più ardite figure rettoriche, e con que'colori poetici ch'erano allora d'uso fra'rimatori, ma si aggiri sempre sull'amore di Dante per la Portinari, e on per la Filosofia, o la Scienza delle cose divine, alla quale il suo Autore non avea per anco incominciato a dar opera. Quando Dante ha voluto nelle sue scritture racchiuder più sensi, parmi l'abbia fatto in modo da offrirlo facilmente all'immaginazion del Lettore. La Selva, il Colle e le Belve ch'aprono la scena del suo Poema, chi non vede esser simboli? Chi non vede esser allegorico l'amor del
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Convito, avvegnachè l'Autore non l'avesse manifestato? Chi non scorgerà che il seguente Sonetto faccia parole di due amori, il primo naturale, il secondo intellettuale?

  • Due donne in cima della mente mia
  • Venute sono a ragionar d'amore;
  • L'una ha in se cortesia e valore,
  • Prudenza ed onestate in compagnia.
  • L'altra ha bellezza e vaga leggiadra,
  • E adorna gentilezza le fa onore,
  • Ed io, mercè del dolce mio signore,
  • Stommene a piè della lor signoria.
  • Parlan bellezza e virtù all'intelletto,
  • 10E fan question, com'un cuor puote stare
  • Infra due donne con amor perfetto.
  • Risponde il fonte del gentil parlare,
  • Che amar si può bellezza per diletto,
  • E amar puossi virtù per alto oprare.


La leggiadria delle forme è l'oggetto dell'amor sensuale; la bellezza della virtù è l'oggetto di quello intellettuale. L'amar bellezza per diletto è il fine dell'uno; l'amar virtù per alte opere è il fine dell'altro. Quegli poi che il Poeta chiama fonte del gentil parlare, si è Amore, nella guisa ch'altrove chiamollo il fonte del gentile operare. E due, non v'ha dubbio, sono stati gli amori di Dante, il primo vero e naturale, il secondo allegorico e spirituale. Il primo noi lo troviamo definito in un verso delle sue Liriche,

Amore e cor gentil sono una cosa;

e in suo verso egualmente, noi troviamo la definizione del secondo,

Amor che muove sua virtù dal cielo:

ma la Vita Nuova (e per gli argomenti e le prove, che sono andato finora adducendo credo averlo bastantemente provato) si aggira tutta quanta sul primo, descritto forse in un modo mistico ed iperbo-
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lico, ma non già sul secondo, il quale non avea per allora presa assoluta signoria sulla mente del giovine Dante. Se questi infatti si determinò a non parlar più di Beatrice, insintantochè non potesse in altro modo più degno trattare di lei, e se per venire a ciò si mise a studiare di tutta forza; se egli si proponeva dire un giorno di lei quello che mai era stato detto d'alcuna, e se dopo più lustri, e dopo studj continuati e profondi, attenne la sua promessa formando della sua amata il personaggio principale del suo Poema, anzi il più alto simbolo dell'umano intelletto, qual'è la Scienza delle cose divine, come potrà egli dirsi che la Commedia sia una continuazione della Vita Nuova, anzi un secondo lavoro congiunto con quel primo, e connesso sì per i modi, sì per l'allegorie, e sì per lo scopo? La Vita Nuova, io ripeto, è un'ingenua storia de'giovenili amori di Dante per la vezzosa figlia di Folco, nè ha connessione alcuna col Convito, come sostiene il Biscioni, o sivvero colla Commedia, come pretende il Rossetti.
Restami ora a parlare del modo da me tenuto nel pubblicare la presente edizione di questo Libro di Dante. Nella stampa del Sermartelli ed in parecchi MSS. furono (come avverte pure il Biscioni) tolte via tutte le Dichiarazioni e Divisioni de'poetici componimenti, le quali l'Autore stesso a guisa di chiose o sommarii avea poste per entro a questa sua operetta. Nelle stampe moderne peraltro tali Dichiarazioni furono restituite a'lor luoghi; ed io parimente ciò facendo, ho creduto bene di stamparle in un carattere corsivo, affinchè a prima vista distintamente conoscansi od anche si saltino da chi in leggendo non ami le interruzioni, e voglia piuttosto tener dietro alle diverse narrative, che intorno i suoi amori fa in questo libro l'Autore. Nè ho creduto opportuno di collocarle a modo di note, come hanno praticato gli Editori Pesaresi, perchè nei Co-
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dici esse seguono immediatamente i componimenti ai quali appartengono, e sono quindi inframezzate col testo nella guisa che pur lo sono nel Convito, ove le Divisioni o Somarii delle Canzoni stanno per entro il corpo dell'opera, come può vedersi nel secondo Capitolo di ciaschedun Trattato.
Rapporto alla lezione io ho tenuto a riscontro le quattro principali edizioni che di esso libro abbiamo (Sermatelli 1576, Biscioni 1723, Poliani 1827, e Nobili 1829), e ne ho trascelta quella che m'è apparsa la migliore od almen la più vera. Oltredichè ho pur riscontrato un Codice della Libreria del Sig. Cav. Balì Niccolò Martelli, dalla cui gentilezza, pel mezzo del Sig. Canonico Basi, ho potuto ottenere di consultarlo a mio agio (72): e dirò che la lezione di questo prezioso Codice, e la stampa procurataci dal Trivulzio (Poliani 1827) sono più specialmente state il fondamento di questa mia edizione. Nella quale io avrei volentieri riportate in postilla tutte le varianti che le stampe ed i Codici ne presentano, e che da me sono state fedelmente notate, se lo avesse comportato il formato di essa. Il quale per esser di troppo piccolo ed a ciò disadatto, mi fa procrastinare un tale divisamento fino ad altro tempo, a quello cioè, nel quale io pubblicherò una seconda magnifica edizione di queste Opere minori di Dante.
Transcribed Footnote (page 263):

(72) Questo è quel medesimo Codice di cui mi valsi pel confronto delle Rime liriche, e di cui feci menzione a p. XVII del mio Ragionamento. Esso è membranaceo in fol. picc., ed appartiene al sec. XIV: contiene un frammento d'un Antico Novelliere, Proverbia Salomonis, le Vite de'Filosofi e loro sentenze. Nomina Lapidum et (eorum) virtutum, Expositio somnium, Varie Rime di Dante e del Cavalcanti, ed in fine la Vita Nuova.

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Finalmente io mi sono studiato pel primo di fare a questo Libretto, nella guisa che praticai nel Canzoniere, delle illustrazioni e note filologiche, istoriche e critiche, affinchè più agevole ad ogni condizion di Lettori ne riuscisse l'intelligenza, ed affinchè non si vedesse con nostro rammarico uno de'più antichi ed eleganti scritti che vanti l'italiano idioma, andarne nel pubblico privo d'ogni qualunque Commento.
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Sig. Vol. III. 23
LA VITA NUOVA

DI

DANTE ALIGHIERI


In quella parte del libro della mia memoria, dinanzi alla quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica (1), la quale dice: Incipit vita nova. Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole le quali è mio intendimento d'assemprare (2) in questo libello (3), e se non tutte, almeno la loro sentenzia.
Nove fiate già, appresso al mio nascimento, era tornato lo cielo della luce(4) quasi ad un medesimo punto, quanto alla sua propria gi-
Transcribed Footnote (page 265):

(1) Rubrica vale argomento o sommario d'un libro o d'un capitolo, esposto brevemente: e così dicevasi dal color rosso, col quale ordinariamente scrivevasi.

Transcribed Footnote (page 265):

(2) Assemprare, ritrarre, copiare, ad exemplum dicere. Forse qui è detto per assembrare, cioè raccorre, unire.

Transcribed Footnote (page 265):

(3) Libello per libretto. Altre volte Dante nel processo chiama libello questa sua opera. E nel Convito Tratt. II, cap. 2, favellando di essa: E siccom'è ragionato per me nello allegato libello.

Transcribed Footnote (page 265):

(4) Il Sole. Intendi: già erano trascorsi quasi nove anni.

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Note: Footnote runs over onto nest page. --Ed.
razione, quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa Donna della mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice, e quali (1) non sa-
Transcribed Footnote (page 266):

(1) Tutte le edizioni e due Codici da me veduti hanno i quali, invece di e quali, com'ho stampato nel testo. Ma che la prima sia lezione erronea apparirà da ciò che sono per dire. In questo luogo dice Dante che la sua Donna fu chiamata da molti Beatrice: or come potrebb'egli tosto soggiungere i quali (molti) non sapeano che si chiamare , cioè non sapeano come chiamarla? Ben s'accorse della contradizione il Trivulzio, e però nel suo testo stampò: i quali non sapeano che sì (così) chiamare; correzione ingegnosa, ma a mio giudicio non vera. Narra Dante in questo libretto (e il Lettore vedrallo a suo luogo) che studiavasi nascondere altrui l'oggetto della sua passione; e che a ciò ottenere pose in opera alcuni artifizj che per alcun tempo servirongli, ma che finalmente il suo segreto fu da molti discoperto, mentre ad altri rimase tuttavia occulto. Or, saputo ciò, non è egli facile a vedersi che in questo inciso Dante ha voluto dirce lo stesso? Alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la quale fu da molti chiamata Beatrice, e quali non sapeano che si chiamare , cioè, ed altri non sapeano come chiamarla. Che se ad alcuno venisse difficoltà nell'ammettere una correzione del testo, non autenticata da Codici, io risponderò che mentre a por la mano nelle scritture de'nostri antichi deesi procedere con cautela e parsimonia grandissima, non hassi poi ad avere un soverchio scrupolo alloraquando il contesto ed una critica sana e giudiziosa ci siano di guida e d'appoggio. La correzione pingeva con la zanca , da me fatta nel testo della Commedia, Inf. XIX, 45 sulla lezione erronea piangeva, non è ella stata generalmente approvata, abbenchè non autenticata nè da antiche stampe, nè da Codice alcuno?

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peano che si chiamare. Ella era già in questa vita stata tanto che nel suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente delle dodici parti l'una d'un grado (1): sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi alla fine del mio nono anno. Ella apparvemi vestita di noblissimo colore umile ed onesto sanguigno, cinta ed ornata alla guisa che alla sua giovanissima etade si convenia. In quel punto dico veracemente che lo spirito della vita (2), lo quale dimora nella segretissima camera del cuore, cominciò a tremare sì fortemente che apparia ne'menomi polsi orribilmente (3); e tremando disse queste parole: Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur mihi. In quel punto lo spirito animale, il quale dimora nell'alta camera (4), nella quale tutti li spiriti sensitivi portano le loro percezioni, si cominciò a maravigliare molto,
Transcribed Footnote (page 267):

(1) Cioè la dodicesima parte d'un secolo, vale a dire otto anni e un terzo. Ciò si prova non tanto dal contesto, quanto da quello che dice Dante nel Convito, pag. 134, con queste parole: quel cielo si muove seguendo il movimento della stellata spera da Occidente in Oriente, in cento anni uno grado.

Transcribed Footnote (page 267):

(2) Lo spirito o il principio vitale.

Transcribed Footnote (page 267):

(3) Nella sua Canz. X, St. 5 e 6, l'Alighieri fa la storia del suo innamoramento con queste stesse circostanze, e quasi colle stesse parole. Può anche vedersi il C. XXX del Purg. v. 34 e segg.

Transcribed Footnote (page 267):

(4) Nel cervello.

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e parlando spezialmente alli spiriti del viso (1), disse queste parole: Apparuit jam beatitudo vestra. In quel punto lo spirito naturale, il quale dimora in quella parte ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò a piangere, e piangendo disse queste parole: Heu miser! quia frequenter impeditus ero deinceps. D'allora innanzi dico ch'Amore signoreggiò l'anima mia, la quale fu sì tosto a lui disponsata, e cominciò a prendere sopra me tanta sicurtade e tanta signoria per la virtù che gli dava la mia imaginazione, che me convenia fare compiutamente tutti i suoi piaceri. Egli mi comandava molte volte che io cercasse per vedere quest'Angiola giovanissima: ond'io nella mia puerizia molte fiate l'andai cercando, e vedeala di sì nobili e laudabili portamenti, che certo di lei si potea dire quella parola del poeta Omero: “Ella non pare figliuola d'uomo mortale, ma di Dio (2)”. Ed avvegna che la sua imagine, la quale continuamente meco stava, fosse baldanza d'amore a signoreggiarmi, tuttavia era di sì nobile virtù, che nulla volta sofferse che Amore mi reggesse senza il fedele consiglio della ragione in quelle cose là dove cotal consiglio fosse utile a udire. E però che soprastare alle passioni ed atti di tanta gioventudine pare alcuno parlare fabuloso, mi
Transcribed Footnote (page 268):

(1) Della vista. Viso per vista è usato spesso da Dante nel Convito e nella Commedia.

Transcribed Footnote (page 268):

(2) Omero di Elena, lib. III, 158:************, Ella rassomiglia maravigliosamente nel volto alle Dee immortali.

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Sig. 23*
partirò da esse; e trapassando molte cose, le quali si potrebbero trarre dall'essemplo onde nascono queste, verrò a quelle parole, le quali sono scritte nella mia memoria sotto maggiori paragrafi.
Poichè furono passati tanti di, che appunto erano compiuti li nove anni appresso l'apparimento soprascritto di questa gentilissima, nell'ultimo di questi dì avvenne, che questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo in mezzo di due gentili donne, le quali erano di più lunga etade e passando per una via volse gli occhi verso quella parte ov'io era molto pauroso; e per la sua ineffabile cortesia, la quale è oggi meritata (1) nel grande secolo, mi salutò virtuosamente tanto, che mi parve allora vedere tutti i termini della beatitudine. L'ora che lo suo dolcissimo salutare mi giunse era fermamente nona di quel giorno; e perocchè quella fu la prima volta che le sue parole vennero a'miei orecchi, presi tanta dolcezza, che come inebriato mi partii dalle genti. E ricorso al solingo luogo d'una mia camera, puosimi a pensare di questa cortesissima; e pensando di lei, mi sopraggiunse un soave sonno, nel quale m'apparve una maravigliosa visione: chè mi parea vedere nella mia camera una nebula di colore di fuoco, dentro alla quale io discernea una figura d'uno Signore (2),
Transcribed Footnote (page 269):

(1) Meritata per rimeritata, rimunerata. Il verbo meritare in significato attivo usollo anche altrove, Son. 80: Lo re che merta i suoi servi ec.

Transcribed Footnote (page 269):

(2) Costui era Amore.

page: 270
di pauroso (1) aspetto a chi lo guardasse: e pareami con tanta letizia (2), quanto a se, che mirabil cosa era: e nelle sue parole dicea molte cose, le quali io non intendea se non poche, tra le quali io intendea queste: Ego dominus tuus. Nelle sue braccia mi parea vedere una persona dormire nuda, salvo che involta mi parea in un drappo sanguigno leggermente, la quale io riguardando molto intentivamente, conobbi ch'era la donna della salute, la quale m'avea lo giorno dinanzi degnato di salutare. E nell'una delle mani mi parea, che questi tenesse una cosa, la quale ardesse tutta; e pareami che mi dicesse queste parole: Vide cor tuum. E quando egli era stato alquanto, pareami che disvegliasse questa che dormia; e tanto si sforzava per suo ingegno, che le facea mangiare quella cosa che in mano gli ardeva, la quale ella mangiava dubitosamente (3). Appresso ciò, poco dimorava, che la sua letizia si convertia in amarissimo pianto: e così piangendo si ricogliea questa donna nelle sue braccia, e con essa mi parea che se ne gisse verso
Transcribed Footnote (page 270):

(1) Pauroso ha doppio senso, e si dice non tanto di chi ha paura, quanto di chi la incute, lat. formidolosus. Così lo stesso Dante, Inf. II, 70 Temer si dee di sole quelle cose ec. Dell'altre nò, che non son paurose.

Transcribed Footnote (page 270):

(2) Cioè pieno di tanta letizia.

Transcribed Footnote (page 270):

(3) ` Dubitosamente per paurosamente come dubitoso per pauroso, voce mal definita dal Vocabolario. Così nella Canz. II, St. 4. Poi vidi cose dubitose molte.

page: 271
il cielo: ond'io sostenea sì grande angoscia, che lo mio deboletto sonno non potè sostenere (1), anzi si ruppe, e fui disvegliato. Ed immantinente cominciai a pensare, e trovai che l'ora, nella quale m'era questa visione apparita, era stata la quarta della notte; sì che appare manifestamente ch'ella fu la prima ora delle nove ultime ore della notte. E pensando io a ciò che m'era apparito, proposi di farlo sentire a molti i quali erano famosi trovatori (2) in quel tempo: e con ciò fosse cosa ch'io avessi già veduto per me medesimo (3) l'arte del dire parole per rima, proposi di fare un Sonetto, nel quale io salutassi tutti i fedeli (4) d'Amore; e pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi loro ciò ch'io avea nel mio sonno veduto; e cominciai allora questo Sonetto:
  • A ciascun'alma presa (5) e gentil core
  • Nel cui cospetto viene il dir presente,
  • A ciò che mi riscrivan suo parvente (6),
  • Salute in lor signor, cioè Amore.
  • Già eran quasi ch'atterzate l'ore (7)
  • Del tempo ch'ogni stella è più lucente (8),
  • Transcribed Footnote (page 271):

    (1) Sostenere in significato neutro, per sostenersi.

    Transcribed Footnote (page 271):

    (2) Trovatori; poeti, dal provenzale troubadors. E i nostri antichi diceano pure trovare per poetare.

    Transcribed Footnote (page 271):

    (3) Cioè, appreso da me stesso.

    Transcribed Footnote (page 271):

    (4) Fedeli per servitori, soggetti.

    Transcribed Footnote (page 271):

    (5) Presa per innamorata, e si trova pure in altri antichi.

    Transcribed Footnote (page 271):

    (6) Parere; suo, il loro.

    Transcribed Footnote (page 271):

    (7) Cioè, erano quasi le quattr'ore.

    Transcribed Footnote (page 271):

    (8) Vale a dire, della notte, poichè nel giorno lo splendore delle Stelle è vinto da quello del Sole.

    page: 272
  • Quando m'apparve Amor subitamente (1),
  • Cui essenza membrar mi dà orrore.
  • Allegro mi sembrava Amor, tenendo
  • 10Meo core in mano, e nelle braccia avea
  • Madonna,involta in un drappo dormendo.
  • Poi la svegliava, e d'esto core ardendo
  • lei paventosa umilmente pascea:
  • Appresso gir lo ne vedea piangendo.
Questo Sonetto si divide in due parti: nella prima parte saluto, e domando risponsione; nella seconda significo a che si dee rispondere. La seconda Parte comincia quivi: Già eran.
A questo Sonetto fu risnosto da molti e diverse sentenza, tra li quali fu risponditore quegli cui io chiamo primo de'miei amici (2); e disse allora uno Sonetto, lo quale comincia: Vedeste, al mio parere, onne valore. E questo fu quasi il principio dell'amistà tra lui e me, quando egli seppe ch'io era quegli che gli avea ciò mandato (3). Lo verace giudicio (4) dei detto sogno non fu veduto allora per alcuno, ma ora è manifesto alli più semplici.
Transcribed Footnote (page 272):

(1) All improvviso, dal lat. subito.

Transcribed Footnote (page 272):

(2) Questi che Dante chiama primo de'suoi amici, è Guido Cavalcanti. Fra gli altri poeti, i quali, scrissero a Dante il loro parere intorno quella sua visione, si fu uno Cino da Pistoja col Sonetto Naturalmente chere ogni amadore, ed un altro Dante da Majano con quello Di ciò che stato sei dimandatore.

Transcribed Footnote (page 272):

(3) Mandato qui forse vale comandato, come opina il Salvini, dal franc. mandè.

Transcribed Footnote (page 272):

(4) La vera interpetrazione, il vero senso.

page: 273
Da questa visione innanzi cominciò il mio spirito naturale ad essere impedito ne la sua operazione, perocchè l'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima; ond'io divenni in picciolo tempo poi di sè frale e debole condizione, che a molti amici pesava della mia vista (1); e molti pieni d'invidia si procacciavano di sapere di me quello ch'io voleva del tutto celare ad altrui. Ed io, accorgendomi del malvagio domandare che mi faccano, per la volontade d'Amore, il quale mi comandava secondo lo consiglio della ragione, rispondea loro, che Amore era quelli che cosè m'avea governato (2): dicea d'Amore, perocchè io portava nel viso tante delle sue insegne, che questo non si potea ricovrire. E quando mi domandavano: per cui t'ha cosè distrutto questo Amore? ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro. Uno giorno avvenne, che questa gentilissima sedea in parte ove s'udiano parole della Regina della gloria, ed io eraa in luogo dal quale vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di lei e di me per la retta linea sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei terminasse; onde molti s'accorsero del suo mirare. Ed in tanto vi fu posto mente, che partendomi da questo luogo, mi sentii dire appresso: vedi come cotale donna distrugge la persona di costui; e
Transcribed Footnote (page 273):

(1) Del mio aspetto.

Transcribed Footnote (page 273):

(2) Governato, cioè concio, fatto di me un tal governo.

page: 274
nominandola, intesi che diceano di colei che in mezzo era stata nella linea retta che movea dalla gentilissima Beatrice, e terminava negli occhi miei. Allora mi confortai molto, assicurandomi che il mlo segreto non era comunicato, lo giorno (1), altrui per mia vista: ed immantinente pensai di fare di questa gentile donna schermo della veritade; e tanto ne mostrai in poco di tempo, che il mio segreto fu creduto sapere dalle più persone che di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti mesi e anni, e per più fare credente altrui, feci per lei certe cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere qui, se non in quanto facessero a trattare di quella gentilissima Beatrice; e però le lascierò tutte, salvo che alcuna cosa ne scriverò, che pare che sia loda di lei. Dico che in questo tempo che questa donna era schermo di tanto amore, quanto dalla mia parte, mi venne una volontà di voler ricordare il nome di quella gentilissima, ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente del nome di questa gentildonna; e presi i nomi di sessanta le più belle donne della cittade, ove la mia donna fu posta dall'altissimo Sire, e composi una epistola sotto forma di serventese (2), la quale io non scriverò;
Transcribed Footnote (page 274):

(1) Lo giorno, cioè quel giorno, illo die. Così in una Canzone di Giuliano de'Medici, attribuita al Poliziano: Ch'io mi credetti il giorno Fosse ogni Dea di ciel discesa in terra.

Transcribed Footnote (page 274):

(2) Serventese dicevasi un poetico componimento talvolta in quadernarii, talaltra in ottave, ma più specialmente in terza rima.

page: 275
e non n'avrei fatto menzione, se non per dire quello che componendola maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nove, tra'nomi di queste donne.
La donna, con la quale io avea tanto tempo celata la mia volontà, convenne che si partisse della sopradetta cittade, e andasse in paese lontano: per che io quasi sbigottito della bella difesa che mi era venuta meno, assai me ne disconfortai più che io medesimo non avrei creduto dinanzi (1). E pensando che, se della sua partita io non parlassi alquanto dolorosamente, le persone sarebbero (2) accorte più tosto del mio nascondere, proposi di farne alcuna lamentanza in un Sonetto, il quale io scriverò, perciocchè la mia donna fu immediata cagione di certe parole, che nel Sonetto sono, siccome appare a chi lo intende: e allora dissi questo Sonetto (3):
  • O voi che per la via d'Amor passate,
  • Attendete e guardate,
  • S'egli è dolore alcun, quanto il mio, grave;
  • E prego sol ch'audir mi sofferiate;
  • Transcribed Footnote (page 275):

    (1) Per l'innanzi.

    Transcribed Footnote (page 275):

    (2) Si sarebbero, tralasciata la particella si, come di frequente s'incontra negli antichi.

    Transcribed Footnote (page 275):

    (3) Dante chiama talvolta la Ballata, siccome nel caso presente, col nome di Sonetto, perciocchè questo nome non era in quel secolo particolarmente adoprato a significare il noto componimento di 14 versi, ma si adoprava generalmente a indicare qualunque breve componimento poetico.

    page: 276
  • E poi imaginate
  • S'io son d'ogni tormento ostello e chiave.
  • Amor non già per mia poca bontate,
  • Ma per sua nobiltate,
  • Mi pose in vita sì dolce e soave,
  • 10Ch'io mi sentia dir dietro spesse fiate:
  • Deh! per qual dignitate
  • Così leggiadro questi lo core have!
  • Or ho perduto tutta mia baldanza,
  • Che si movea d'amoroso tesoro,
  • Ond'io pover dimoro
  • In guisa che di dir mi vien dottanza (1):
  • Sicchè volendo far come coloro,
  • Che per vergogna celan lor mancanza,
  • Di fuor mostro allegranza,
  • 20E dentro dallo cor mi struggo e ploro.
Questo Sonetto ha due parti principali: chè nella prima intendo chiamare i fedeli d'Amore per quelle parole di Geremia profeta: 0 vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor meus; e pregare che mi sofferino d'udire. Nella seconda narro là ove Amore m'avea posto, con altro intendimento che l'estreme parti del Sonetto non mostrano: e dico ciò che io ho perduto. La seconda parte comincia quivi: Amor non già.
Appresso il partire di questa gentildonna, fu piacere del Signore degli Angeli di chiamare alla sua gloria una donna giovane e di gentile aspetto molto, la quale fu assai graziosa in questa sopradetta cittade; lo cui corpo io vidi
Transcribed Footnote (page 276):

(1) Dubitanza, timore.

page: 277
Sig. Vol. III. 24
giacere sanza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piangevano assai pietosamente. Allora ricordandomi che già l'avea veduta fare compagnia a quella gentilissima, non potei sostenere alquante lagrime; anzi piangendo mi proposi di dire alquante parole della sua morte in guiderdone di ciò che alcuna fiata l'avea veduta con la mia donna. E di ciò toccai alcuna cosa nell'ultima parte delle parole che io ne dissi, siccome appare manifestamente a chi le intende: e dissi allora questi due Sonetti, dei quali comincia il primo Piangete amanti; il secondo Morte villana.
  • Piangete amanti, poichè piange Amore (1),
  • Udendo qual cagion lui fa plorare:
  • Amor sente a pietà donne chiamare (2)
  • Mostrandoamaro duol per gli occhi fuore;
  • Perchè villana morte in gentil core
  • Ha messo il suo crudele adoperare,
  • Guastando ciò che al mondo è da laudare
  • Transcribed Footnote (page 277):

    (1) Ad intelligenza di questo Sonetto, nel quale va fra le altre cose dicendo il Poeta, che vide Amore in forma vera lamentarsi sopra il corpo della morta avvenente donzella, e riguardar verso il cielo, convien sapere che sotto il nome d' Amore, Dante ha voluto celare la sua Beatrice, la quale in forma vera, e non ideale siccome Cupido, fu da lui veduta lamentarsi sopra il corpo della sua morta compagna. Anche nell'ultimo verso del Sonetto Io mi senti' svegliar Dante adombrò la sua donna nel vocabolo Amore.

    Transcribed Footnote (page 277):

    (2) Chiamare per clamare; e quindi a pietà chiamare significa esclamare pietosamente.

    page: 278
  • In gentil donna, fuora dell'onore (1).
  • Udite quant'Amor le fece orranza (2);
  • 10Ch'io 'l vidi lamentare in forma vera
  • Sovra la morta immagine avvenente:
  • E riguardava ver lo ciel sovente,
  • Ove l'alma gentil già locata era,
  • Che donna fu di sì gaja sembianza.
Questo primo Sonetto si divide in tre parti. Nella prima chiamo e sollecito i fedeli d'Amore a piangere; e dico che lo Signore loro piange, e che udendo la cagione perch'e'piange, si acconcino più ad ascoltarmi. Nella seconda narro la cagione: nella terza parlo d'alcuno onore che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia quivi: Amor sente; la terza quivi: Udite.
  • Morte villana, di pietà nemica,
  • Di dolor madre antica,
  • Giudicio incontrastabile gravoso,
  • Poi ch'hai data materia al cor doglioso,
  • Ond'io vado pensoso,
  • Di te biasmar la lingua s'affatica.
  • E se di grazia ti vuoi far mendica (3),
  • Convenesi ch'io dica
  • Lo tuo fallir d'ogni torto tortoso (4),
  • Transcribed Footnote (page 278):

    (1) Costruisci ed intendi: Guastando, fuora dell'onore (che non può dalla morte ricevere detrimento) tutto ciò, che al mondo è da laudare in gentil donna, cioè la gioventù, la bellezza ec.

    Transcribed Footnote (page 278):

    (2) Contratto d' onoranza, onore.

    Transcribed Footnote (page 278):

    (3) Priva affatto. Il Dionisi legge ti vo', e spiega: e se voglio renderti affatto priva d'ogni grazia, cioè farti odiosa e abominevole ec.

    Transcribed Footnote (page 278):

    (4) Reo, colpevole.

    page: 279
  • 10Non però ch'alla gente sia nascoso,
  • Ma per farne cruccioso (1)
  • Chi d'amor per innanzi si nutrica.
  • Dal secolo hai partito cortesia,
  • E ciò, che in donna è da pregiar, virtude:
  • In gaja gioventude
  • Distrutta hai l'amorosa leggiadria.
  • Più non vo' discovrir qual donna sia,
  • Che per le proprietà sue conosciute:
  • Chi non merta salute
  • 20Non speri mai d'aver sua compagnia (2).
Questo Sonetto si divide in quattro parti. Nella prima chiamo la Morte per certi suoi nomi proprii; nella secondu parlando a lei dico la ragione perch'io mi movo a biasimarla; nella terza la vitupero: nella quarta mi volgo a parlare a indiffinita persona, avvegnachè quanto al mio intendimento sia diffinita. La seconda parte comincia quivi: Poi ch'hai data; la terza quivi: E se di grazia; la quarta quivi: Chi non merta.
Appresso la morte di questa donna alquanti dì, avvenne cosa, per la quale mi convenne partire della sopradetta cittade, ed ire verso quelle parti ov'era la gentil donna ch'era stata mia difesa, avvegnachè non tanto lontano fosse lo termine del mio andare, quanto ella era. E tuttochè io fossi alla compagnia di molti, quan-
Transcribed Footnote (page 279):

(1) Indignato.

Transcribed Footnote (page 279):

(2) Questi ultimi due versi non alludono alla morta donzella, per cui fu scritta la Ballata, ma a Beatrice, secondo che Dante ha accennato nella pagina precedente.

page: 280
to alla vista, l'andare mi dispiacea sì che quasi li sospiri non poteano disfogare l'angoscia che il cuore sentia, però ch'io mi dilungava dalla mia beatitudine. E però lo dolcissimo Signore, il quale mi signoreggiava per virtù della gentilissima donna, nella mia immaginazione apparve come peregrino leggermente vestito, e di vili drappi. Egli mi parea sbigottito, e guardava la terra, salvo che talvolta mi parea che li suoi occhi si volgessero ad uno fiume bello, corrente e chiarissimo, il quale sen già lungo questo cammino là ove io era. A me parve che Amore mi chiamasse e dicessemi queste parole: lo vengo da quella donna, la quale è stata lunga sua difesa, e so che il suo rivenire non sarà; e però quel cuore ch'io ti facea avere da lei (1), io l'ho meco, e portolo a donna, la quale sarà tua difensione come questa era (e nomollami sì ch'io la conobbi bene). Ma tuttavia di queste parole ch'io t'ho ragionate, se alcune ne dicessi, dille per modo che per loro non si discernesse lo simulato amore che hai mostrato a questa, e che ti converrà mostrare ad altrui. E dette queste parole, disparve tutta questa mia immaginazione tutta subitamente, per la grandissima parte che mi parve ch'Amore mi desse di sè: e quasi cambiato nella vista mia cavalcai quel giorno pensoso molto, e accompagnato da molti sospiri. Appresso lo giorno (2) cominciai questo Sonetto:
  • Cavalcando l'altr'ier per un cammino
  • Pensoso dell'andar che mi sgradia,
  • Transcribed Footnote (page 280):

    (1) Da lei, cioè presso di lei.

    Transcribed Footnote (page 280):

    (2) Cioè, appresso quello giorno.

    page: 281
    Sig. 24*
  • Trovai Amore in mezzo della via
  • In abito leggier di peregrino.
  • Nella sembianza mi parea meschino (1),
  • Come avesse perduto signoria,
  • E sospirando pensoso venia,
  • Per non veder la gente, a capo chino.
  • Quando mi vide, mi chiamò per nome,
  • 10E disse: io vegno di lontana parte,
  • Ov'era lo tuo cor per mio volere,
  • E recolo a servir novo piacere (2).
  • Allora presi di lui sì gran parte,
  • Ch'egli disparve, e non m'accorsi come.
Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima parte dico siccome io trovai Amore, e qual mi parea: nella seconda dico quello ch'egli mi disse, avvegnachè non compiutamente, per tema ch'io avea di discovrire lo mio segreto: nella terza dico com'egli disparve. La seconda comincia quivi: Quando mi vide; la terza quivi: Allora presi.
Appresso la mia tornata, mi misi a cercare di questa donna, che lo mio signore m'avea nominata nel cammino de'sospiri. Ed acciocchè il mio parlare sia più breve, dico che in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente ne ragionava oltra li termini della cortesia;
Transcribed Footnote (page 281):

(1) Meschino, servo. Così nel C. IX, v. 43 dell'Inf. le meschine Della Regina dell'eterno pianto. Così Inf. XXVIII, 39 ed altrove.

Transcribed Footnote (page 281):

(2) Piacere, qui vale venustà, bellezza di forme. Così nel Canto V, v. 104 dell'Inf. Amor . . . . mi prese del costui piacer sì forte, Che ec. E un antico Poeta disse: Piacer (bellezza) di forma, dato per natura.

page: 282
onde molte fiate mi pesava duramente. E per questa cagione, cioè di questa soverchievole voce, che parea che m'infamasse viziosamente, quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i vizj, e regina delle virtù, passando per alcuna parte mi negò il suo dolcissimo salutare, nel quale stava tutta la mia beatitudine. Ed uscendo alquanto del proposito presente, voglio dare ad intendere quello che il suo salutare in me virtuosamente operava. Dico che quando ella apparia da parte alcuna, per la speranza dell'ammirabile salute (1), nullo nemico mi rimanea, anzi mi giungea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso: e chi allora m'avesse addimandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata solamente Amore con viso vestito d'umiltà. E quando ella fosse alquanto propinqua al salutare, uno spirito d'Amore distruggendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fuori i deboletti spiriti del viso (2), e dicea loro: “Andate ad onorare la donna vostra”; ed egli si rimanea nel loco loro (3). E chi avesse voluto conoscere Amore, far lo potea mirando lo tremore degli occhi miei. E quando questa gentilissima donna salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse obum-
Transcribed Footnote (page 282):

(1) Salute per saluto, salutazione, è usato spesse volte da Dante in questo libro ed altrove. Così Gidino da Somacampagna Poi da mia parte da'mille salute A ciascun ec. Così altri antichi.

Transcribed Footnote (page 282):

(2) Della vista, gli spiriti visivi.

Transcribed Footnote (page 282):

(3) Cioè negli occhi.

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Note: All three footnotes on this page in the original text are numbered 1, probably through printer error. --Ed.
brare a me la intollerabile beatitudine, ma egli quasi per soverchio di dolcezza divenia tale, che lo mio corpo, lo quale era tutto sotto il suo reggimento, molte volte si movea come cosa grave inanimata: sicchè appare manifestamente che nella sua salute (1) abitava la mia beatitudine, la quale molte volte passava e redundava (1) la mia capacitade.
Ora, tornando al proposito, dico che, poichè la mia beatitudine mi fu negata, mi giunse tanto dolore, che partitomi dalle genti, in solinga parte andai a bagnare la terra d'amarissime lagrime: e poichè alquanto mi fu sollevato questo lagrimare, misimi nella mia camera là ove potea lamentarmi senza essere udito. E quivi chiamando misericordia alla donna della cortesia, e dicendo: “Amore, ajuta il tuo fedele ” m'addormentai come un pargoletto battuto lagrimando. Avvenne quasi nel mezzo del mio dormire, che mi parea vedere nella mia camera lungo me sedere un giovane vestito di bianchissime vestimenta, e pensando molto. Quanto alla vista sua mi riguardava là ov'io giacea; e quando m'avea guardato alquanto, pareami che sospirando mi chiamasse, e dicessemi queste parole: Fili mi, tempus est ut praetermittantur simulata nostra (1). Allora mi parea ch'io'l conoscessi,
Transcribed Footnote (page 283):

(1) Nel di lei saluto.

Transcribed Footnote (page 283):

(2) Soverchiava.

Transcribed Footnote (page 283):

(3) Cioè le nostre simulazioni, del far credere alla gente che Dante fosse innamorato non di Beatrice, ma d'altre femmine. Parecchi testi leggono simulacra, ma non ne levo un senso si chiaro come dalla prima lezione che ho ritrovata nel Codice Martelli.

page: 284
perocchè mi chiamava così come assai fiate nelli miei sonni m'avea già chiamato. E riguardandolo mi parea che piangesse pietosamente, e parea che attendesse da me alcuna parola: ond'io assicurandomi, cominciai a parlare così con esso: Signore della nobiltade (1), perchè piangi tu? E quegli mi dicea queste parole: Ego tanquam centrum circuli, cui simili modo se habent circumferentiae partes; tu autem non sic . Allora pensando alle sue parole, mi parea, che mi avesse parlato molto oscuro, sì che io mi sforzava di parlare, e diceagli queste parole: Ch'è ciò, Signore, che tu mi parli con tanta scuritade? E quegli mi dicea in parole volgari: Non dimandar più che utile ti sia (2). E però cominciai con lui a ragionare della salute (3), la quale mi fu negata; e domandailo della cagione; onde in questa guisa da lui mi fu risposto: Quella nostra Beatrice udio da certe persone, di te ragionando, che la donna, la quale io ti nominai nel camino de' sospiri, ricevea da te alcuna noja. E però questa gentilissima, la quale è contraria di tutte le noje non degnò salutare
Transcribed Footnote (page 284):

(1) Signore della nobiltà, modo ebraico, postilla il Salvini, cioè Signor nobile; come poco sopra donna della cortesia, cioè donna cortese.

Transcribed Footnote (page 284):

(2) Cioè: non dimandare più oltre di quello che utile ti sia: modo ellittico.

Transcribed Footnote (page 284):

(3) Del saluto.

page: 285
la tua persona, temendo non fosse nojosa (1). Onde conciossiacosachè veracemente sia conosciuto per lei alquanto lo tuo segreto per lunga consuetudine, voglio che tu dica certe parole per rima, nelle quali tu comprenda la forza ch'io tegno sovra te per lei, e come tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia: e di ciò chiama testimonio colui, che'l sa; e come tu preghi lui che glie le dica: ed io, che sono quello, volentieri le ne ragionerò; e per questo sentirà ella la tua volontade, la quale sentendo, conoscerà le parole degl'ingannati. Queste parole fa'che sieno quasi d'uno mezzo, sì che tu non parli a lei immediatamente, chè non è degno. E non le mandare in parte alcuna senza me, onde potessero essere intese da lei, ma falle adornare di soave armonia, nella quale io sarò tutte le volte che farà mestiere. E dette queste parole, disparve, e lo mio sonno fu rotto. Ond'io ricordandomi, trovai che questa visione m'era apparita nella nona ora del dì; e anzi che io uscissi di questa camera, proposi di fare una Ballata, nella quale seguitassi (2) ciò che'l mio Signore m'avea imposto, e feci questa Ballata.
  • Ballata, io vo'che tu ritruovi Amore,
  • E con lui vadi a Madonna davanti,
  • Transcribed Footnote (page 285):

    (1) Nojosa in senso passivo, per nojata, nella guisa ch'altrove adoprò in senso passivo doloroso e pauroso. Sicchè appare che questi vocaboli sono di significato comune.

    Transcribed Footnote (page 285):

    (2) Seguitassi, cioè narrassi seguitatamente, fedelmente.

    page: 286
  • Sicchè la scusa mia, la qual tu canti,
  • Ragioni poi con lei lo mio Signore (1).
  • Tu vai, Ballata, sì cortesemente,
  • Che senza compagnia
  • Dovresti in tutte parti avere ardire;
  • Ma se tu vuogli andar sicuramente,
  • Ritrova l'Amor pria,
  • 10Chè forse non è buon sanza lui gire;
  • Perocchè quella, che ti debbe udire,
  • Se, com'io credo, è inver di me adirata,
  • E tu di lui non fossi accompagnata,
  • Leggeramente ti faria disnore.
  • Con dolce suono, quando se'con lui,
  • Comincia este parole,
  • Appresso ch'averai chiesta pietate:
  • Madonna, quegli che mi manda a vui (2),
  • Quando vi piaccia, vuole,
  • 20Sed (3) egli ha scusa, che la m'intendiate.
  • Amore è quei che per vostra beltate
  • Lo face, come vuol, vista cangiare:
  • Dunque, perchè gli fece altra guardare,
  • Pensatel voi, dacch'e'non mutò'l core (4).
Transcribed Footnote (page 286):

(1) Intendi: Sicchè la mia scusa, la quale da te, o Ballata, si espone coi versi, sia poscia con lei (cioè con la mia donna) ragionata verbalmente dal mio Signore (vale a dire da Amore).

Transcribed Footnote (page 286):

(2) Vui in luogo di voi, per la rima, come nui, sui ec. in luogo di noi, suoi ec.

Transcribed Footnote (page 286):

(3) Sed, se, come ned, ched ec., aggiuntavi la consonante d per la giusta misura del verso, e per ischivar la durezza nell'incontro di due vocali. Si rinviene frequentemente negli antichi Poeti.

Transcribed Footnote (page 286):

(4) Intendi: Amore è quei che a motivo della vostra beltà fa a sua voglia cambiare a Dante la vista, vale a dire, fa a sua voglia dirigere a Dante lo sguardo. E il perchè Amore fece a Dante guardare altra femmina, il potete dunque immaginare da per voi, dacchè sapete ch'ei non mutò il core. E ritroverete che quello fu uno strattagemma per celare altrui l'affetto che per voi nutre nel seno.

page: 287
  • Dille: Madonna, lo suo core è stato
  • Con sì fermata fede,
  • Ch'avoi servir lo pronta (1) ogni pensiero:
  • Tosto fu vostro, e mai non s'è smagato (2).
  • Sed ella non tel crede,
  • 30Di'che domandi Amor, che ne sa'l vero;
  • Ed alla fine falle umil preghiero,
  • Lo perdonare se le fosse a noja,
  • Che mi comandi per messo ch'io moja,
  • E vedrassi ubbidire al servitore.
  • E di'a colui (3) ch'è d'ogni pietà chiave,
  • Avanti che sdonnei (4),
  • Chè le saprà contar mia ragion buona.
  • Per grazia della mia nota soave (5)
  • Transcribed Footnote (page 287):

    (1) Lo pronta, lo fa pronto e sollecito, lo incita, lo sprona.

    Transcribed Footnote (page 287):

    (2) Smagato, smarrito, perduto, e viene, secondo il Salvini, dallo spagnuolo desmagado.

    Transcribed Footnote (page 287):

    (3) A colui, cioè ad Amore.

    Transcribed Footnote (page 287):

    (4) Avanti che sdonnei, avanti che si levi d'appresso a Madonna. Sdonneare, partirsi da donne, come donneare intrattenersi con donne; ne qui vale snamorarsi come definisce il Vocabolario, e come dice il Briscioni.

    Transcribed Footnote (page 287):

    (5) Cioè in grazia della mia soave poesia, delle mie soavi rime. Le parole Per grazia fino a in bel sembiante pace (v. 38), sono quelle che per comando del Poeta, la Ballata dee dire ad Amore, avanti che si levi d'appresso a Madonna.

    page: 288
  • Rimanti qui con lei,
  • 40E del tuo servo ciò che vuoi ragiona;
  • E s'ella per tuo prego li perdona,
  • Fa'che gli annunzi un bel sembiante parce.
  • Gentil Ballata mia, quando ti piace,
  • Muovi in tal punto, che tu n'aggi onore.
Questa Ballata in tre parti si divide. Nella prima dico a lei ov'ella vada, e confortola perocchè (1)vada più sicura; e dico nella cui compagnia si metta se vuole securamente andare, e senza pericolo alcuno. Nella seconda dico quello, che a lei s'appartiene di fare intendere. Nella terza la licenzio del gire quando vuole, raccomandando lo suo movimento nelle braccia della fortuna. La seconda parte comincia quivi: Con dolce suono. La terza quivi: Gentil Ballata. Potrebbe già l'uomo opporre contra me e dire, che non sapesse a cui fosse il mio parlare in seconda persona, perocchè la ballata non è altro che queste parole ch'io parlo: e però dico che questo dubbio io lo intendo solvere e dichiarare in questo libello ancora in parte più dubbiosa: ed allora intenda chi qui dubbia, o chi qui volesse opporre in questo modo.
Appresso questa soprascritta visione, avendo già dette le parole che Amore m'avea imposto di dire, m'incominciarono molti e diversi pensamenti a combattere, e a tentare ciascuno quasi indefensibilmente: tra' quali pensamenti quattro m'ingombravano più il riposo della vita. L'uno de'quali era questo: buona è
Transcribed Footnote (page 288):

(1) Perocchè qui vale affinchè.

page: 289
Sig. Vol. III. 25
la signoria d'Amore, perocchè trae lo intendimento del suo fedele da tutte le vili cose. L'altro era questo: non buona è la signoria d'Amore, perocchè quanto lo suo fedele più fede gli porta, tanto più gravi e dolorosi punti gli conviene passare. L'altro era questo: Lo nome d'Amore è sì dolce a udire, che impossibile mi pare, che la sua operazione sia nelle più cose altro che dolce, conciossiacosachè i nomi seguitino le nominate cose, siccome è scritto: Nomina sunt consequentia rerum. Lo quarto era questo: La donna per cui Amore ti stringe così, non è come le altre donne, che leggermente si mova del suo cuore. E ciascuno mi combattea tanto, che mi facea stare come colui, che non sa per qual via pigli il suo cammino, e che vuole andare, e non sa onde si vada. E se io pensava di voler cercare una comune via di costoro, cioè là ove tutti si accordassero, questa via era molto inimica verso di me, cioè di chiamare e mettermi nelle braccia della pietà. Ed in questo stato dimorando, mi giunse volontà di scriverne parole rimate, e dissine allora questo Sonetto:
  • Tutti li miei pensier parlan d'Amore,
  • Ed hanno in lor sì gran varietate,
  • Ch'altro mi fa voler sua potestate,
  • Altro folle ragiona il suo valore:
  • Altro sperando m'apporta dolzore (1),
  • Altro pianger mi fa spesse fiate;
  • E sol s'accordano in chieder pietate,
  • Tremando di paura ch'è nel core
Transcribed Footnote (page 289):

(1) Dolcezza.

page: 290
  • Ond'io non so da qual materia prenda;
  • 10E vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
  • Così mi trovo in amorosa erranza.
  • E se con tutti vo' fare accordanza (1),
  • Convenemi chiamar la mia nemica,
  • Madonna la Pietà, che mi difenda.
Questo Sonetto in quattro parti si può dividere. Nella prima dico e propongo, che tutti i miei pensieri sono d'Amore. Nella seconda dico, che sono diversi, e narro la loro diversitade. Nella terza dico in che tutti pare che s'accordino. Nella quarta dico che volendo dire d'Amore, non so da quale pigli materia; e se la voglio pigliare da tutti, conviene che io chiami la mia nemica, madonna la Pietà. Dico Madonna, quasi per isdegnoso modo di parlare. La seconda parte comincia quivi: Ed hanno in lor. La terza: E sol s'accordan. La quarta: Ond'io.
Appresso la battaglia delli diversi pensieri, avvenne, che questa gentilissima venne in parte ove molte donne gentili erano adunate; alla qual parte io fui condotto per amica persona, credendosi fare a me gran piacere in quanto mi menava là ove tante donne mostravano le loro bellezze. Ond'io quasi non sapendo a che fossi menato, e fidandomi nella persona, la quale un suo amico all'estremità della vita condotto avea, dissi: Perchè semo noi venuti a queste donne? Allora quegli mi disse: Per fare sì ch'
Transcribed Footnote (page 290):

(1) Accordanza, erranza, accordo, errore. Questa desinenza in anza è molto frequente ne'nostri antichi poeti.

page: 291
elle sieno degnamente servite. E lo vero è che adunate quivi erano alla compagnia d'una gentildonna, che disposata era lo giorno (1); e però secondo l'usanza della sopradetta cittade, conveniva che le facessero compagnia nel primo sedere alla mensa che facea nella magione del suo novello sposo. Sì che io credendomi far il piacere di questo amico, proposi di stare al servizio delle donne nella sua compagnia. E nel fine del mio proponimento mi parve sentire un mirabile tremore incominciare nel mio petto dalla sinistra parte, e stendersi di subito per tutte le parti del mio corpo. Allora dico che poggiai la mia persona simulatamente ad una pintura, la quale circondava questa magione; e temendo non altri si fosse accorto del mio tremare, levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la gentilissima Beatrice. Allora furono sì distrutti li miei spiriti per la forza che Amore prese veggendosi in tanta propinquitade alla gentilissima donna, che non mi rimase in vita più che gli spiriti del viso, ed ancor questirimasero fuori de'loro strumenti, perocchè Amore volea stare nel loro nobilissimo luogo per vedere la mirabile donna: e avvegna ch'io fossi altro che prima, molto mi dolea di questi spiritelli che si lamentavano forte, e diceano: Se questi non ci infolgorasse (2) così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a
Transcribed Footnote (page 291):

(1) Lo giorno, quel giorno, com'ho avvertito più sopra.

Transcribed Footnote (page 291):

(2) Cacciasse velocemente, a guisa di folgore.

page: 292
vedere la meraviglia di questa donna così come stanno gli altri nostri pari. Io dico, che molte di queste donne, accorgendosi della mia trasfigurazione, si cominciaro a maravigliare; e ragionando si gabbavano di me con questa gentilissima: onde l'ingannato amico di buona fede mi prese per la mano, e traendomi fuori della veduta di queste donne, midomandò, che io avessi. Allora riposato alquanto, e risurti li morti spiriti miei, e li discacciati rivenuti alle loro possessioni, dissi a questo mio amico queste parole: Io ho tenuti i piedi in quella parte della vita, di là dalla quale non si può ire più per intendimento di ritornare. E partitomi da lui, mi ritornai nella camera delle lagrime, nella quale piangendo e vergognandomi, fra me stesso dicea: Se questa donna sapesse la mia condizione, io non credo, che così gabbasse la mia persona, anzi credo che molta pietà ne le verrebbe. E in questo pianto stando, proposi di dir parole, nelle quali a lei parlando significassi la cagione del mio trasfiguramento, e dicessi che io so bene ch'ella non è saputa (1), e che se fosse saputa, io credo che pietà ne giungerebbe altrui: e proposi di dirle, desiderando che venissero per avventura nella sua audienza; e allora dissi questo Sonetto:
  • Con l'altre donne mia vista gabbate (2),
  • E non pensate, donna, onde si mova
  • Ch'io vi rassembri sì figura nova
  • Transcribed Footnote (page 292):

    (1) Non è consapevole, non ha cognizione di ciò.

    Transcribed Footnote (page 292):

    (2) Insieme alle altre donne, voi gabbate il mio aspetto.

    page: 293
    Sig. 25*
  • Quando riguardo la vostra beltate.
  • Se lo saveste, non potria pietate
  • Tener più contra me l'usata prova (1),
  • Ch'Amor quando sì presso a voi mi trova,
  • Prende baldanza e tanta sicurtate,
  • Che fiere (2) tra'miei spiriti paurosi,
  • 10E quale ancide, e qual pinge di fuora,
  • Sicch'ei solo rimane a veder vui:
  • Ond'io mi cangio in figura d'altrui;
  • Ma non sì ch'io non senta bene allora
  • Gli guai de'discacciati tormentosi (3).
Questo sonetto non divido in parti, perchè la divisione non si fa se non per aprire la sentenzia della cosa divisa: onde, conciossiacosachè per la ragionata cagione assai sia manifesto, non ha mestiere di divisione. Vero è che tra le parole ove si manifesta la cagione di questo Sonetto si trovano dubbiose parole; cioè quando dico ch'Amore uccide tutti i miei spiriti, e li visivi rimangono in vita, salvo che fuori degli strumenti loro. E questo dubbio è impossibile a solvere a chi non fosse in simil grado fedele d'Amore; ed a coloro che vi sono è manifesto ciò che solverebbe le dubitose parole: e però non è bene a me dichiarare cotale dubitazione, acciocchè (4) lo mio parlare sarebbe indarno ovvero di soperchio.
Appresso la nuova trasfigurazione mi giun-
Transcribed Footnote (page 293):

(1) L'usata, la solita severità.

Transcribed Footnote (page 293):

(2) Che fiere, diventa fiero, infierisce contro i miei spiriti.

Transcribed Footnote (page 293):

(3) Cioè: i guai tormentosi de'discacciati spiriti.

Transcribed Footnote (page 293):

(4) Acciocchè nel significato di perciocchè.

page: 294
se un pensamento forte, il quale poco si partia da me; anzi continuamente mi riprendea, ed era di cotale ragionamento meco: Posciachè tu pervieni a così schernevole vista quando tu se'presso di questa donna, perchè pur cerchi di vederla? Ecco che se tu fossi domandato da lei, che avresti tu da rispondere? ponendo che tu avessi libera ciascuna tua virtude (1), in quanto tu le rispondessi. Ed a questo rispondea un altro umile pensiero, e dicea: Se io non perdessi le mie virtudi, e fossi libero tanto ch'io potessi rispondere, io le direi, che sì tosto com'io immagino la sua mirabil bellezza, sì tosto mi giugne un desiderio di vederla, il quale è di tanta virtude, che uccide e distrugge nella mia memoria ciò che contra lui si potesse levare; e però non mi ritraggono le passate passioni da cercare la veduta di costei. Ond'io mosso da cotali pensamenti proposi di dire certe parole, nelle quali scusandomi a lei di cotal riprensione, ponessi anche quello che mi addiviene presso di lei, e dissi questo Sonetto.
  • Ciò che m'incontra nella mente more
  • Quando vengo a veder voi bella gioja;
  • E quando vi son presso, io sento Amore
  • Che dice: fuggi, se'l perir t'è noja (2).
  • Lo viso mostra lo color del core,
  • Che tramortendo, ovunque può s'appoja (3),
  • Transcribed Footnote (page 294):

    (1) Virtude per potenza o facoltà dell'anima.

    Transcribed Footnote (page 294):

    (2) Vale a dire, fuggi se non t'è a grado il rimanere quì morto.

    Transcribed Footnote (page 294):

    (3) S'appoggia.

    page: 295
  • E per l'ebrietà del gran tremore,
  • Le pietre (1) par che gridin: moja, moja.
  • Peccato face (2) chi allor mi vede,
  • 10Se l'alma sbigottita non conforta,
  • Sol dimostrando che di me gli doglia,
  • Per la pietà, che'l vostro gabbo avvede (3),
  • La qual si cria nella vista morta
  • Degli occhi, ch'hanno di lor morte voglia.
Questo Sonetto si divide in due parti. Nella prima dico la cagione, per che non mi tegno di gire presso a questa donna; nella seconda dico quello che m'addiviene per andare presso di lei; e comincia questa parte quivi: E quando vi son presso. E anche questa seconda parte si divide in cinque, secondo cinque diverse narrazioni: chè nella prima dico quello che Amore consigliato dalla ragione mi dice quando le son presso: nella seconda manifesto lo stato del core per esemplo del viso: nella terza dico siccome ogni sicurtade mi vien meno; nella quarta dico, che pecca quegli che non mostra pietà di me acciocchè (4) mi sarebbe alcun con-
Transcribed Footnote (page 295):

(1) Intendi le pietre della parete, di quella muraglia, ov'egli tramortendo s'appoggia. V. ciò che Dante dice quattro pagine sopra.

Transcribed Footnote (page 295):

(2) Rimprovero a Beatrice, la quale a quell'epoca mostravasi insensibile all'affetto del Poeta.

Transcribed Footnote (page 295):

(3) Intendi: Per l'angoscia che s'accorge del vostro gabbo o scherno, la qual angoscia si crea nella vista moribonda degli occhi, che hanno voglia della propria lor morte, perchè son essi che col guardare danno origine al loro morire.

Transcribed Footnote (page 295):

(4) Acciocchè per perciocchè.

page: 296
forto: nell'ultima dico perchè altri dovrebbe aver pietà, e cioè per la pietosa vista (1) che negli occhi mi giunge, la qual vista pietosa è distrutta, cioè non pare altrui, per lo gabbare di questa donna, la quale trae a sua simile operazione coloro che forse vedrebbono questa pietà. La seconda parte comincia quivi:
Lo viso mostra; la terza: E per l'ebrietà; la quarta: Peccato face; la quinta: Per la pietà.
Appresso ciò che io dissi, questo Sonetto mi mosse una volontà di dire anche parole nelle quali dicessi quattro cose ancora sopra il mio stato, le quali non mi parea che fossero manifestate ancora per me. La prima delle quali si è che molte volte io mi dolea, quando la mia memoria movesse la fantasia ad imaginare quale Amore mi facea: la seconda si è, che Amore spesse volte di subito m'assalia sì forte che a me non rimanea altro di vita se non un pensiero che parlava della mia donna: la terza si è che quando questa battaglia d'Amore mi pugnava così, io mi movea quasi discolorito tutto per veder questa donna, credendo che mi difendesse la sua veduta da questa battaglia, dimenticando quello che per appropinquare a tanta gentilezza m'addivenia: la quarta si è come cotal veduta non solamente non mi difendea, ma finalmente disconfiggea la mia poca vita; e però dissi questo Sonetto:
Transcribed Footnote (page 296):

(1) Pietosa vista per angoscia; ed in simile significato adopra pure il vocabolo pietà, cinque versi più sotto.

page: 297
  • Spesse fiate venemi alle mente
  • L'oscura qualità (1) ch'Amor mi dona,
  • E vienmene pietà sì, che sovente
  • Io dico : lasso! avvien egli a persona?
  • Ch'amor m'assale subitanamente (2),
  • Sì che la vita quasi m'abbandona:
  • Campami un spirto vivo (3) solamente,
  • E quel riman, perchè di voi ragiona.
  • Poscia mi sforzo, che mi voglio aitare;
  • 10E così smorto e d'ogni valor voto,
  • Vegno a vedervi, credendo guarire:
  • E se io levo gli occhi per guardare,
  • Nel cor mi s'incomincia un terremoto,
  • Che fa da' polsi l'anima partire.
Questo Sonetto si divide in quattro parti, secondo che quattro cose sono in esso narrate: e perocchè sono esse ragionate di sopra, non m'intrametto (4) se non di distinguere le parti per li loro cominciamenti: onde dico che la seconda parte comincia quivi: Ch'Amor; la terza quivi: Poscia mi sforzo; la quarta: E se io levo.
Poichè io dissi questi tre Sonetti, ne'quali parlai a questa Donna, però che furo narratorii di tutto quasi lo mio stato, credeimi tacere, perocchè mi parea avere di me assai manifestato. Avvegnachè sempre poi tacessi di dire a lei, a me convenne ripigliare materia
Transcribed Footnote (page 297):

(1) Oscura ha qui il significato d' angosciosa. Così nel Son. XVIII la qualità della mia vita oscura.

Transcribed Footnote (page 297):

(2) Improvvisamente.

Transcribed Footnote (page 297):

(3) Cioè: resta in me vivo solamente uno spirto.

Transcribed Footnote (page 297):

(4) Non m'impaccio, non mi dò pensiero.

page: 298
nova e più nobile che la passata. E perocchè la cagione della nuova materia è dilettevole a udire, la dirò quanto potrò più brevemente.
Conciossiacosachè per la vista mia molte persone avessero compreso lo segreto del mio cuore, certe donne le quali adunate s'erano dilettandosi l'una nella compagnia dell'altra, sapeano bene lo mio cuore, perchè ciascuna di loro era stata a molte mie sconfitte. Ed io passando presso di loro, siccome dalla fortuna menato, fui chiamato da una di queste gentili donne. Quella che m'avea chiamato era di molto leggiadro parlare; sicchè quando io fui giunto d'innanzi a loro, e vidi bene che la mia gentilissima donna non era con esse, rassicurandomi le salutai, e domandai che piacesse loro. Le donne erano molte, tra le quali n'avea certe che si rideano tra loro. Altre v'erano che guardavanmi aspettando che io dovessi dire. Altre v'erano che parlavano tra loro, delle quali una volgendo gli occhi verso me, e chiamandomi per nome, disse queste parole: A che fine ami tu questa tua donna, poichè tu non puoi la sua presenza sostenere? Dilloci, chè certo il fine di cotale amore conviene che sia novissimo. E poichè m'ebbe dette queste parole, non solamente ella, ma tutte le altre cominciaro ad attendere in vista la mia risponsione. Allora dissi loro queste parole: Madonne, lo fine del mio amore fu già il saluto di questa donna, di cui voi forse intendete, ed in quello dimorava la beatitudine che era fine di tutti i miei desiderii. Ma poichè le piacque di negarlo a me,
page: 299
Note: Footnote 2 runs over onto next page inoriginal text. --Ed.
lo mio signore Amore, la sua mercede (1), ha posta tutta la mia beatitudine in quello che non mi puote venir meno. Allora queste donne cominciaro a parlare tra loro; e siccome talor vedemo cader l'acqua mischiata di bella neve, così mi parea vedere le loro parole mischiate di sospiri. E poichè alquanto ebbero parlato tra loro, mi disse anche questa donna, che prima m'avea parlato queste parole: Noi ti preghiamo, che tu ne dica ove sta questa tua beatitudine. Ed io rispondendole dissi cotanto: In quelle parole che lodano la donna mia. Ed ella rispose: Se tu ne dicessi vero, quelle parole che tu n'hai dette notificando la tua condizione, avresti tu operate con altro intendimento. Ond'io pensando a queste parole, quasi vergognandomi mi partii da loro; e venia dicendo tra me medesimo: poichè è tanta beatitudine in quelle parole che lodano la mia donna, perchè altro parlare è stato il mio? E proposi di prendere per materia del mio parlare sempre mai quello che fosse loda di questa gentilissima; e pensando a ciò molto, pareami avere impresa troppo alta materia quanto a me, sicchè non ardia di cominciare; e così dimorai alquanti dì con desiderio di dire e con paura di cominciare. Anvenne poi che passando per un cammino, lungo il quale correva un rio molto chiaro d'onde, giunse a me tanta volontà di dire, che cominciai a pensare (2) il modo ch'io tenessi; e
Transcribed Footnote (page 299):

(1) Cioè, per sua mercede.

Transcribed Footnote (page 299):

(2) Pensare usato attivamente, quasi pesare. Ancheil Condillac dice che pensare vale quasi pesare, metafora che esprime con molta proprietà l'atto del confrontare reiterato. Dante l'adopra attivamente più volte.

page: 300
pensai che parlare di lei non si conveniva se non che io parlassi a donne in seconda persona; e non ad ogni donna, ma solamente a coloro che sono gentili, e non sono pure femmine (1). Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa, e disse: Donne ch'avete intelletto d'amore. Queste parole io riposi nella mente con grande letizia, pensando di prenderle per mio cominciamento; onde poi ritornato alla sopradetta cittade, e pensando alquanti dì, cominciai una Canzone con questo cominciamento ordinata nel modo che si vedrà di sotto nella sua divisione. La Canzone comincia così:
  • Donne ch'avete intelletto d'amore (2),
  • Io vo'con voi della mia donna dire,
  • Non perch'io creda sua laude finire,
  • Ma ragionar per isfogar la mente.
  • Io dico che pensando (3) il suo valore,
  • Amor sì dolce mi si fa sentire,
  • Che s'io allora non perdessi ardire,
  • Farei parlando innamorar la gente:
  • Ed io non vo'parlar sì altamente,
  • 10Che divenissi per temenza vile (4);
  • Transcribed Footnote (page 300):

    (1) Cioè: non sono femmine dotate soltanto delle comuni e ordinarie qualità.

    Transcribed Footnote (page 300):

    (2) Intelligenza, cognizione d'amore.

    Transcribed Footnote (page 300):

    (3) V. la nota (2) della pag. antecedente.

    Transcribed Footnote (page 300):

    (4) Intendi: Ed io non vo'cim entarmi a parlare di lei sì altamente, che poi divenissi vile, cioè abbandonassi l'impresa, per timore d'essermi troppo inalzato.

    page: 301
    Sig. Vol. III. 26
  • Ma tratterò del suo stato gentile,
  • A rispetto di lei, leggeramente,
  • Donne e Donzelle amorose, con vui,
  • Chè non è cosa da parlarne altrui.
  • Angelo clama in divino intelletto (1),
  • E dice: Sire, nel mondo si vede
  • Maraviglia nell'atto, che procede
  • Da un'anima che fin quassù risplende.
  • Lo Cielo che non have altro difetto,
  • 20Che d'aver lei, al suo Signor la chiede,
  • E ciascun Santo ne grida mercede (2).
  • Sola pietà nostra parte difende,
  • Chè parla Dio, che di Madonna intende:
  • Diletti miei, or sofferite in pace
  • Che vostra speme sia quanto mi piace
  • Là ov'è alcun che perder lei s'attende,
  • E che dirà nell'Inferno a'malnati:
  • Io vidi la speranza de'beati.
  • Madonna è desiata in l'alto cielo:
  • 30Or vo'di sua virtù farvi sapere:
  • Dico: qual vuol gentil donna parere
  • Vada con lei, chè quando va per via,
  • Gitta ne'cor villani Amore un gelo,
  • Perche ognilor pensiero agghiaccia e pere:
  • E qual soffrisse di starla a vedere
  • Diverria nobil cosa, o si morria:
  • E quando trova alcun che degno sia
  • Di veder lei, quei prova sua virtute;
  • Chè gli addivien ciò che gli dà salute,
  • 40E sì l'umilia, che ogni offesa oblia:
  • Ancor le ha Dio per maggior grazia dato,
  • Transcribed Footnote (page 301):

    (1) Esclama in un linguaggio divino.

    Transcribed Footnote (page 301):

    (2) Gridando ne domanda la grazia.

    page: 302
  • Che non può mal finir chi le ha parlato.
  • Dice di lei Amor: cosa mortale
  • Come esser puote sì adorna e pura?
  • Poi la riguarda, e fra se stesso giura,
  • Che Dio ne intende di far cosa nova.
  • Color di perla quasi informa (1), quale
  • Conviene a donna aver, non fuor misura:
  • Ella è quanto di ben può far natura;
  • 50Per esempio di lei beltà si prova (2).
  • Degli occhi suoi, comecch'ella gli muova,
  • Escono spirti d'amore infiammati,
  • Che fieron gli occhi a qual (3) che allor gliguati,
  • E passan sì che'l cor ciascun ritrova:
  • Voi le vedete Amor pinto nel viso,
  • Ove non puote alcun mirarla fiso.
  • Canzone, io so che tu girai parlando
  • A donne assai, quando t'avrò avanzata (4):
  • Or t'ammonisco, perch'io t'ho allevata
  • 60Per figliuola d'amor giovane e piana (5),
  • Transcribed Footnote (page 302):

    (1) Informare per prender forma, vestire. Intendi: Ella ha il volto d'un colore quasi di perla, vale a dire d'un color pallido, quale si conviene avere a donna gentile, non però pallido fuor di misura. E che il volto di Beatrice fosse d'un color pallido, lo ripete l'Autore presso la fine di questo Libro in quel periodo che comincia: Ovunque questa donna mi vedea, ec.

    Transcribed Footnote (page 302):

    (2) Pel confronto di lei si prova la bellezza, se ne fa esperimento. — Guido Guinicelli disse:

    • Il vostro viso dà sì gran lumera,
    • Che non è donna ch'aggia in se beltate,
    • Che a voi davanti non s'oscuri in cera.

    Transcribed Footnote (page 302):

    (3) A chiunque.

    Transcribed Footnote (page 302):

    (4) Inviata, mandata.

    Transcribed Footnote (page 302):

    (5) Dimessa, modesta.

    page: 303
  • Che dove giungi tu dichi pregando:
  • Insegnatemi gir; ch'io son mandata
  • A quella, di cui loda io sono ornata:
  • E se non vogli andar, siccome vana,
  • Non ristare (1) ove sia gente villana:
  • Ingegnati, se puoi d'esser palese
  • Solo con donna, o con uomo cortese,
  • Che ti merranno per la via tostana (2):
  • Tu troverai Amor con esso lei;
  • 70Raccomandami a lor come tu dei.
Questa Canzone acciocchè sia meglio intesa, la dividerò più artificiosamente, che le altre cose di sopra, e però ne fo tre parti. La prima parte è proemio delle seguenti parole; la seconda è lo intento trattato(3); la terza è quasi una servigiale (4) delle precedenti parole. La seconda comincia quivi: Angelo clama; la terza quivi: Canzone, io so. La prima parte si divide in quattro: nella prima dico a cui dir voglio della mia donna, e perchè io voglio dire: nella seconda dico quale mi pare a me stesso quand'io penso lo suo valore, e come io direi se non perdessi l'ardimento: nella terza dico come credo dire acciocchè io non sia impedito da viltà; nella quarta ridicendo ancora a cui intendo di dire, dico la ragione per che dica loro. La seconda comincia qui-
Transcribed Footnote (page 303):

(1) Non fermarti.

Transcribed Footnote (page 303):

(2) Spedita, breve.

Transcribed Footnote (page 303):

(3) L'argomento da me inteso, di cui ho inteso trattare.

Transcribed Footnote (page 303):

(4) Serva, o come dice più basso, ancella.

page: 304
vi:
Io dico; la terza quivi: Ed io non vo'parlar; la quarta quivi: Donne e donzelle. Poi quando dico Angelo clama, comincio a trattare di questa Donna; e dividesi questa parte in due. Nella prima dico che di lei si comprende in cielo; nella seconda dico che di lei si comprende in terra, quivi: Madonna è desiata. Questa seconda parte si divide in due; che nella prima dico di lei quanto dalla parte della nobiltà della sua anima, narrando alquante delle sue virtudi che dalla sua anima procedeano: nella seconda dico di lei quanto dalla parte della nobiltà del suo corpo, narrando alquante delle sue bellezze, quivi: Dice di lei Amor. Questa seconda parte si divide in due; che nella prima dico d'alquante bellezze che sono secondo tutta la persona; nella seconda dico d'alquante bellezze che sono secondo determinata parte della persona, quivi: Degli occhi suoi. Questa seconda parte si divide in due; chè nell'una dico degli occhi che sono principio d'Amore; nella seconda dico della bocca ch'è fine d'Amore. Ed acciocchè quinci si levi ogni vizioso pensiero, ricordisi chi legge, che di sopra è scritto che il saluto di questa donna, lo quale era della operazione della sua bocca, fu fine de'miei desiderii, mentre che io lo potea ricevere. Poscia quando dico: Canzone, io so, aggiungo una stanza quasi come ancella delle altre, nella quale dico quello che da questa mia Canzone desidero. E perocchè quest'ultima parte è lieve ad in-
page: 305
Sig. 26*
tendere, non mi travaglio di più divisioni. Dico bene, che a più aprire lo intendimento di questa Canzone si converrebbe usare più minute divisioni; ma tuttavia chi non è di tanto ingegno che per queste che son fatte la possa intendere, a me non dispiace la mi lascia stare; chè certo io temo d'avere a troppi comunicato il suo intendimento, pur per queste divisioni che fatte sono, s'egli avvenisse, che molti la potessero udire.
Appresso che questa Canzone fu alquanto divolgata fra le genti, conciofossecosachè alcuno amico l'udisse, volontà lo mosse a pregare me, che io gli dovessi dire che è Amore, avendo forse per le udite parole speranza di me oltrechè degna. Ond'io pensando che appresso di cotal trattato (1), bello era trattare alcuna cosa d'Amore, e pensando che l'amico era da servire, proposi di dire parole nelle quali trattassi d'Amore, e dissi allora questo Sonetto:
  • Amore e cor gentil sono una cosa
  • Sì com il Saggio in suo dittato pone (2);
  • E così senza l'un l'altro esser osa,
  • Transcribed Footnote (page 305):

    (1) Chiama trattato la precedente Canzone, perchè tratta in essa delle lodi di Beatrice.

    Transcribed Footnote (page 305):

    (2) Cioè: Sì come il Poeta pone nel suo scritto, nel suo componimento. Saggio per poeta si trova più volte in Dante, e negli altri antichi Rimatori, e questi, ch'è quì dall'autore citato, si è Guido Guinicelli, il quale cominciò una sua Canzone così: Al cor gentil ripara sempre amore ec.

    page: 306
  • Com'alma razional senza ragione.
  • Fagli natura quando è amorosa
  • Amor per sire e'l cor per sua magione,
  • Dentro alla qual dormendo si riposa
  • Talvolta brieve e tal lunga stagione.
  • Beltate appare in saggia donna pui
  • 10Che piace agli occhi, sì che dentro al core
  • Nasce un desio della cosa piacente:
  • E tanto dura talora in costui,
  • Che fa svegliar lo spirito d'Amore:
  • E simil face in donna uomo valente.
Questo Sonetto si divide in due parti. Nella prima dico di lui in quanto è in potenza; nella seconda dico di lui in quanto di potenza si riduce in atto. La seconda comincia quivi: Beltate appare. La prima si divide in due: nella prima dico in che soggetto sia questa potenza; nella seconda dico come questo soggetto e questa potenza sieno prodotti insieme, e come l'uno guarda l'altro , come forma materia(1). La seconda comincia quivi: Fagli natura. Poi quando dico: Beltate appare, dico come questa potenza si riduce in atto; e prima come si riduce in uomo, poi come si riduce in donna, quivi: E simil face in donna.
Poichè trattai d'Amore nella sopradetta rima, vennemi volontà di dire anche in lode di questa gentilissima parole, per le quali io mostrassi come si sveglia per lei quest'amore, e come non solamente lo sveglia là ove dorme,
Transcribed Footnote (page 306):

(1) Intendi: E come l'uno obbedisce all'altro, nella guisa che la materia obbedisce alla forma.

page: 307
ma là ove non è in potenza, ella mirabilmente operando lo fa venire; e dissi allora questo Sonetto.
  • Negli occhi porta la mia donna Amore,
  • Per che si fa gentil ciò ch'ella mira;
  • Ov'ella passa, ogn'uom ver lei si gira,
  • E cui saluta fa tremar lo core.
  • Sì che bassando il viso tutto smore (1),
  • E d'ogni suo difetto allor sospira (2);
  • Fugge davanti a lei superbia ed ira:
  • Ajutatemi, donne, a farle onore.
  • Ogni dolcezza, ogni pensiero umile
  • 10Nasce nel core a chi parlar la sente,
  • Ond'è beato chi prima la vide.
  • Quel ch'ella par quando un poco sorride
  • Non si può dicer nè tenere a mente:
  • Sì è nuovo miracolo e gentile.
Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima dico siccome questa donna riduce in atto questa potenza secondo la nobilissima parte degli occhi suoi; e nella terza dico questo medesimo, secondo la nobilissima parte della sua bocca. E intra queste due parti ha una particella ch'è quasi domandatrice d'ajuto alla precedente parte ed alla seguente, e comincia quivi: Ajutatemi,
Transcribed Footnote (page 307):

(1) Diventa pallido, smorto

Transcribed Footnote (page 307):

(2) Sospirare qui vale pentirsi, aver dolore, dappoichè dal contesto è evidente che non sta nè per desiderare nè per mandar sospiri, che sono i soli due sensi assegnatigli dal Vocabolario. Simile significato sembra avere nella traduzione del Salmo I, v. 5: Ma pur benigno sei a chi sospira.

page: 308
donne. La terza comincia quivi: Ogni dolcezza. La prima si divide in tre; che nella prima dico come virtuosamente fa gentile ciò ch'ella vede; e questo è tanto a dire quanto adducere Amore in potenza là ove non è. Nella seconda dico come riduce in atto Amore ne'cuori di tutti coloro cui vede. Nella terza dico quello che poi virtuosamente adopera ne'lor cuori. La seconda comincia: Ov'ella passa. La terza: E cui saluta. Quando poscia dico: Ajutatemi donne, do ad intendere a cui la mia intenzione è di parlare, chiamando le donne che m'ajutino ad onorare costei. Poi quando dico: Ogni dolcezza, dico quel medesimo ch' è detto nella prima parte, secondo due atti della sua bocca, uno de'quali è il suo dolcissimo parlare, e l'altro lo suo mirabile riso; salvo che non dico di questo ultimo come adoperi ne'cuori altrui, perchè la memoria non puote ritener lui, nè sue operazioni.
Appresso ciò non molti dì passatl, siccome piacque al glorioso Sire, lo quale non negò la morte a se, colui ch'era stato genitore di tanta meraviglia, quanta si vedeva ch'era quella nobilissima Beatrice, di questa vita uscendo se ne gìo alla gloria eternale veracemente. Onde, conciossiachè cotale partire sia doloroso a coloro che rimangono, e sono stati amici di colui che se ne va; e nulla sia così intima amistà come quella da buon padre a buon figliuolo, e da buon figliuolo a buon padre; e questa donna fosse in altissimo grado di bon-
page: 309
tade, e lo suo padre (siccome da molti si crede, e vero è) fosse buono in alto grado; manifesto è che questa donna fu amarissimamente piena di dolore. E conciossiacosachè, secondo l'usanza della sopradetta cittade, donne con donne, ed uomini con uomini si sdunino a cotale tristizia, molte donne s'adunaro colà ove questa Beatrice piangea pietosamente: ond'io veggendo ritornare alquante donne da lei, udii lor dire parole di questa gentilissima, com'ella si lamentava. Tra le quali parole udii come dicevano: certo ella piange sì che qual (1) la mirasse dovrebbe morire di pietade. Allora trapassarono queste donne, ed io rimasi in tanta tristizia, che alcuna lagrima talor bagnava la mia faccia, ond'io mi ricopria con pormi spesse volte le mani agli occhi. E se non fosse ch'io attendea anche udire di lei ( perocchè io era in luogo onde ne giano la maggior parte delle donne che da lei si partiano ), io men sarei nascoso incontanente che (2) le lagrime m'aveano assalito. E però dimorando ancora nel medesimo luogo, donne anche passaro presso di me, le quali andavano ragionando tra loro queste parole: Chi dee mai esser lieta di noi, che avemo udito parlare questa donna così pietosamente? Appresso costoro, passarono altre che veniano dicendo: Questi che quivi è, piange nè più nè meno come se l'avesse veduta come noi l'avemo. Altre poi diceano di
Transcribed Footnote (page 309):

(1) Chi, chiunque.

Transcribed Footnote (page 309):

(2) Subito che, appena che.

page: 310
me: Vedi questo che non pare esso, tal è divenuto. E così passando queste donne, udii parole di lei e di me in questo modo che detto è. Ond'io poi pensando, proposi di dire parole, acciocchè (1) degnamente avea cagione di dire, nelle quali io conchiudessi tutto ciò che udito avea da queste donne. E però che volentieri le avrei domandate se non mi fosse stata riprensione, presi materia di dire, come se io le avessi domandate, ed elle m'avessero risposto; e feci due Sonetti; che nel primo domando in quel modo che voglia mi giunse di domandare; nell'altro dico la loro risposta, pigliando ciò ch'io udii da loro, siccome lo m'avessero detto rispondendo. E cominciai il primo: Voi che portate; il secondo: Se' tu colui.
  • Voi che portate la sembianza umile
  • Con gli occhi bassi mostrando dolore,
  • Onde venite, chè'l vostro colore,
  • Par divenuto di pietà (2) simile?
  • Vedeste voi nostra donna gentile,
  • Bagnata il viso di pietà d'Amore?
  • Ditelmi, donne, che'l mi dice il core;
  • Perch'io vi veggio andar sanz'atto vile. (3)
  • E se venite da tanta pietate,
  • 10Piacciavi di restar qui meco alquanto;
  • E checchè sia di lei, nol mi celate:
Transcribed Footnote (page 310):

(1) Chi, chiunque.

Transcribed Footnote (page 310):

(2) Di pena, d'angoscia.

Transcribed Footnote (page 310):

(3) Senz'atto vile, perchè, come ha detto di sopra, tornavano quasi ingentilite, nobilitate. E nobiltà è contraria a viltà.

page: 311
  • Ch'io veggio gli occhi vostri ch'hanno pianto,
  • E veggiovi tornar sì sfigurate,
  • Che'l cor mi trema di vederne tanto.
Questo sonetto si divide in due parti. Nella prima chiamo e dimando queste donne se vengono da lei, dicendo loro chio il credo, perchè tornano quasi ingentilite. Nella seconda le prego che mi dicano di lei; e la seconda a comincia quivi: E se venite.
  • Se' tu colui, ch'hai trattato sovente
  • Di nostra donna, sol parlando a nui? (1)
  • Tu rassomigli alla voce ben lui;
  • Ma la figura ne par d'altra gente (2).
  • E perchè piangi tu sì coralmente (3),
  • Che fai di te pietà venire altrui?
  • Vedestù pianger lei, chè tu non pui (4)
  • Punto celar la dolorosa mente?
  • Lascia piangere a noi, e triste (5) andare;
  • 10E'fa peccato chi mai ne conforta,
  • Che nel suo pianto l'udimmo parlare.
  • Ella ha nel viso la pietà sì scorta,
  • Che qual l'avesse voluta mirare,
  • Saria dinanzi a lei piangendo morta.
Questo sonetto ha quattro parti, secondo che quattro modi di parlare ebbero in lo-
Transcribed Footnote (page 311):

(1) Parlando soltanto a noi, quando cioè ci dirigesti la tua Canzone Donne ch'avete ec.

Transcribed Footnote (page 311):

(2) Ne par d'altra gente, perchè tu sei così sfigurato dal dolore, ch'è assai difficile il riconoscerti.

Transcribed Footnote (page 311):

(3) Di core.

Transcribed Footnote (page 311):

(4) Non puoi. Licenza che si trova anche in altri antichi Poeti.

Transcribed Footnote (page 311):

(5) Tristamente.

page: 312
ro (1) le donne per cui rispondo. E perocchè di sopra sono assai manifesti, non mi trametto (2) di narrare la sentenzia delle parti, e però le distinguo solamente. La seconda comincia quivi:
E perchè piangi tu; la terza: Lascia piangere a noi; la quarta: Ell'ha nel viso.
Appresso ciò pochi dì, avvenne che in alcuna parte della mia persona mi giunse una dolorosa infermitade, ond'io soffersi per molti dì amarissima pena, la quale mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come coloro, i quali non si possono movere. Io dico che nel nono giorno sentendomi dolore intolerabile, giunsemi un pensiero, il quale era della mia donna. E quando ebbi pensato alquanto di lei, io ritornai (3) alla mia debilitata vita, e veggendo come leggero era lo suo durare, ancora che sana fosse, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria: onde sospirando forte fra me medesimo dicea: Di necessità conviene che la gentilissima Beatrise alcuna volta si muoja. E però mi giunse uno sì forte smarrimento, ch'io chiusi gli occhi e cominciai a travagliare come farnetica persona, ed imaginare in questo modo: che nel cominciamento dell'errare che fece la mia fantasia, mi apparvero certi visi di donne scapigliate che mi diceano: Tu pur morrai. E dopo queste donne, m'apparvero certi visi
Transcribed Footnote (page 312):

(1) Tra di loro.

Transcribed Footnote (page 312):

(2) Non m'impaccio, non mi do cura.

Transcribed Footnote (page 312):

(3) Io ritornai, sottintendi col pensiero.

page: 313
Sig. Vol. III. 27
diversi (1) ed orribili a vedere, i quali mi diceano: Tu se'morto. Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello che non sapea dove io fossi, e veder mi parea donne andare scapigliate piangendo per via, maravigliosamente tristi, e pareami vedere il sole oscurare sì che le stelle si mostravano d'un colore che mi facea giudicare che piangessero: e parevami che gli uccelli volando cadessero morti, e che fossero grandissimi terremoti. E maravigliandomi in cotale fantasia, e paventando assai, imaginai alcuno amico che mi venisse a dire: Or non sai? la tua mirabile donna è partita di questo secolo. Allora incominciai a piangere molto pietosamente, e non solamente piangea nella imaginazione, ma piangea con gli occhi, bagnandoli di vere lagrime. Io imaginava di guardare verso il cielo, e pareami vedere moltitudine di Angeli, i quali tornassero in suso ed avessero dinanzi loro una nebuletta bianchissima. A me parea che questi Angeli cantassero gloriosamente, e le parole del loro canto mi parea che fossero queste: Osanna in excelsis; ed altro non mi parea udire. Allora mi parea che il cuore ov'era tanto amore mi dicesse: Vero è che morta giace la nostra donna. E per questo mi parea andare per vedere lo corpo nel quale era stata quella nobilissima e beata
Transcribed Footnote (page 313):

(1) Diversi qui vale strani, come nell'Inf. c. 6. Cerbero fiera crudele e diversa, e c. 7. Entrammo giù per una via diversa . Così il Sacchetti nella Nov. 37. uomo di diversa natura.

page: 314
anima. E fu sì forte la erronea fantasia, che mi mostrò questa donna morta: e pareami che donne le coprissero, la testa con un bianco velo: e pareami che la sua faccia avesse tanto aspetto d'umiltade, che parea che dicesse: Io sono a vedere lo principio della pace. In questa imaginazione mi giunse tanta umiltade per veder lei, che io chiamava la Morte, e dicea: Vieni a me, e non m'esser villana; perocchè tu dei esser gentile, in tal parte se'stata: or vieni a me che molto ti desidero: tu vedi ch'io porto già lo tuo colore. E quando io avea veduto compiere tutti i dolorosi misterii (1) che alle corpora de'morti s'usano di fare, mi parea tornare nella mia camera, e quivi mi parea guardare verso il cielo; e sì forte era la mia imaginazione, che piangendo cominciai a dire con vera voce: O anima bellissima, com'è beato colui che ti vede! E dicendo queste parole con doloroso singulto di pianto, e chiamando la Morte che venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era lungo il mio letto, credendo che il mio piangere e le mie parole fossero lamento per lo dolore della mia infermità, con grande paura cominciò a piangere; onde al-
Transcribed Footnote (page 314):

(1) Misterii qui vale ministerii, officii sacri, dal Provenzale mestier, che valeva non solo bisogno, necessità , ma pur anco officio, ministerio. Raimondo Feraldo: Qui dira messas ui mestiers? (chi dirà messe e mestieri?) Così il Sacchetti lo ritrovo star malinconoso e pensoso, come se facesse mestiero (l'esequie) di qualche suo parente .

page: 315
tre donne, che per la camera erano, s'accorsero che io piangeva per lo pianto che vedeano fare a questa: onde facendo lei partire da me, la quale era meco di propinquissima sanguinità congiunta, elle si trassero verso me per isvegliarmi, credendo che io sognassi, e diceammi: Non dormir più e non ti sconfortare. E parlandomi cosi, cessò la forte fantasia entro quel punto ch'io volea dire: 0 Beatrice, benedetta sii tu. E già detto avea: 0 Beatrice . . . quando riscuotendomi apersi gli occhi, e vidi ch'io era ingannato; e con tutto ch'io chiamassi questo nome, la mia voce era sì rotta dal singulto del piangere, che queste donne non mi poterono intendere. Ed avvegnachè io mi vergognassi molto, tuttavia per alcuno ammonimento d'amore mi rivolsi loro. E quando mi videro, cominciaro a dire: Questi par morto; e a dir fra loro: procuriam di confortarlo. Onde molte parole mi diceano da confortarmi, e talora mi domandavano di che io avessi avuto paura. Ond'io essendo alquanto riconfortato, e conosciuto il falso imaginare, risposi loro: Io vi dirò quello ch'ho avuto. Allora, cominciandomi dal principio, fino alla fine dissi loro ciò che veduto avea, tacendo il nome di questa gentilissima. Onde io poi sanato di questa infermità, proposi di dir parole di questo che m'era avvenuto, perocchè mi parea che fosse amorosa cosa a udire, e sì ne dissi questa Canzone:
  • Donna pietosa e di novella etate (1),
  • Transcribed Footnote (page 315):

    (1) Di giovanile età. V. la dissertazione §. III.

    page: 316
  • Adorna assai di gentilezze umane,
  • Ch'era là ov'io chiamava spesso morte,
  • Veggendo gli occhi miei pien di pietate (1)
  • Ed ascoltando le parole vane (2),
  • Si mosse con paura a pianger forte.
  • Ed altre donne che si furo accorte
  • Di me per quella che meco piangia,
  • Fecer lei partir via,
  • 10Ed appressarsi per farmi sentire (3).
  • Qual dicea: Non dormire;
  • E qual dicea: perchè sì ti sconforte?
  • Allor lasciai la nova fantasia,
  • Chiamando il nome della donna mia.
  • Era la voce mia sì dolorosa,
  • E rotta sì dall'angoscia e dal pianto,
  • Ch'io solo intesi il nome nel mio core;
  • E con tutta la vista vergognosa (4)
  • Ch'era nel viso mio giunta cotanto,
  • 20Mi fece verso lor volgere Amore:
  • Egli era tale a veder mio colore,
  • Che facea ragionar di morte altrui (5).
  • Deh confortiam costui,
  • Pregava l'una l'altra umilemente;
  • E dicevan sovente:
  • Che vedestù, che tu non hai valore?
  • E quando un poco confortato fui,
  • Io dissi: donne, dicerollo a vui.
Transcribed Footnote (page 316):

(1) D'affanno, di dolore, come alla pag. 310 nota 2

Transcribed Footnote (page 316):

(2) Vuote di significato.

Transcribed Footnote (page 316):

(3) S'appressarono per farmi risentire, svegliare.

Transcribed Footnote (page 316):

(4) Dimostrazioue, apparenza di vergogna.

Transcribed Footnote (page 316):

(5) Intendi: Il colore del mio volto era tale a vedersi, che faceva altrui ragionare di mia prossima morte.

page: 317
Sig. 27*
  • Mentre io pensava (1) la mia fragil vita,
  • 30E vedea'l suo durar com'è leggiero,
  • Piansemi amor nel core ove dimora;
  • Per che l'anima mia fu sì smarrita,
  • Che sospirando dicea nel pensiero:
  • Ben converrà, che la mia donna mora.
  • Io presi tanto smarrimento allora,
  • Che chiusi gli occhi vilmente gravati;
  • Ed eran sì smagati (2),
  • Gli spirti miei, che ciascun giva errando:
  • E poscia, immaginando (3),
  • 40Di conoscenza e di verità fuora,
  • Visi di donne m'apparver crucciati,
  • Che mi dicean: Morra'tu pur, morrati (4).
  • Poi vidi cose dubitose (5) molte
  • Nel vano immaginare, ov'io entrai;
  • Ed esser mi parea non so in qual loco,
  • E veder donne andar per via disciolte (6),
  • Qual lagrimando e qual traendo guai,
  • Che di tristizia saettavan foco.
  • Poi mi parve vedere appoco appoco
  • 50Turbar lo sole (7) e apparir la stella (8),
  • Transcribed Footnote (page 317):

    (1) Pensare in significato attivo, come pure alla pag. 299 nota 2

    Transcribed Footnote (page 317):

    (2) Distratti, smarriti.

    Transcribed Footnote (page 317):

    (3) Farneticando, vagellando.

    Transcribed Footnote (page 317):

    (4) Morrati, contrazione di morraiti, ti morirai .

    Transcribed Footnote (page 317):

    (5) Paurose, piene di paura. Così fra Iacopone: Il mondo è dubitoso .

    Transcribed Footnote (page 317):

    (6) Scapigliate.

    Transcribed Footnote (page 317):

    (7) Oscurarsi, tralasciata la particella si, come di frequente s'incontra negli antichi.

    Transcribed Footnote (page 317):

    (8) La stella, sineddoche, per le stelle, pel cielo stellato. Così nel Convito, p. 277.

    page: 318
    Note: Footnote 8 (printer error for footnote 5) runs onto next page in original text. --Ed.
  • E pianger egli ed ella;
  • Cader gli augelli volando per l'are (1),
  • E la terra tremare;
  • Ed uom m'apparve scolorito e fioco,
  • Dicendomi: che fai? non sai novella?
  • Morta è la donna tua, ch'era sì bella.
  • Levava gli occhi miei bagnati in pianti,
  • E vedea che parean pioggia di manna
  • Gli Angeli che tornavan suso in cielo,
  • 60Ed una nuvoletta (2) avean davanti,
  • Dopo la qual gridavan tutti Osanna;
  • E s'altro avesser detto, a voi direlo (3).
  • Allor diceva Amor: più non ti celo;
  • Vieni a veder nostra donna che giace.
  • L'immaginar fallace
  • Mi condusse a veder mia donna morta;
  • E quando l'avea scorta,
  • Vedea che donne la covrian d'un velo;
  • Ed avea seco umiltà sì verace,
  • 70Che parea che dicesse: io sono in pace (4).
  • Io diveniva nel dolor sì umile,
  • Veggendo in lei tanta umiltà formata,
  • Ch'io dicea: Morte, assai dolce ti tegno;
  • Tu dei omai esser cosa gentile,
  • Poichè tu se'nella mia donna stata (5),
  • Transcribed Footnote (page 318):

    (1) Contrazione di aere.

    Transcribed Footnote (page 318):

    (2) Questa nuvoletta, s'imaginava Dante farneticando che fosse l'anima di Beatrice.

    Transcribed Footnote (page 318):

    (3) Contrazione di direilo.

    Transcribed Footnote (page 318):

    (4) Così il Tasso, Gerus. XII, 68. E in atto di morir lieto e vivace, dir parea: S'apre il cielo; io vado in pace .

    Transcribed Footnote (page 318):

    (8) Il Petrarca nel Trionfo della Morte. Cap. I, v. ult. prendendo il concetto da questi due versi, disse elegantemente: Morte bella parea nel suo bel viso .

    page: 319
  • E dei aver pietate e non disdegno:
  • Vedi che sì desideroso vegno
  • D'esser de'tuoi, ch'io ti somiglio in fede(1).
  • Vieni, che'l cor ti chiede.
  • 80Poi mi partia, consumato ogni duolo,
  • E quando io era solo
  • Dicea guardando verso l'alto regno:
  • Beato, anima bella, chi te vede.
  • Voi mi chiamaste allor, vostra mercede (2).
Questa Canzone ha due parti. Nella prima dico parlando a indiffinita persona, com'io fui levato d'una vana fantasia da certe donne, e come promisi loro di dirla. Nella seconda dico, come io dissi a loro. La seconda comincia quivi: Mentr'io pensava. La prima parte si divide in due. Nella prima dico quello che certe donne, e che una sola dissero e fecero per la mia fantasia, quanto è dinanzi ch'io fossi tornato in verace cognizione. Nella seconda dico quello che queste donne mi dissero, poich'io lasciai questo farneticare, e comincia quivi: Era la voce mia. Poscia quando dico: Mentr'io pensava, dico com'io dissi loro questa mia imaginazione, e intorno a ciò fo due parti. Nella prima dico per ordine questa imaginazione: nella seconda dicen-
Transcribed Footnote (page 319):

(1) Veramente.

Transcribed Footnote (page 319):

(2) Intendi: Voi allora, o donne, per la compassione che avevate di me, mi risvegliaste dal mio farneticare: e così terminò la visione.

page: 320
do a che ora mi chiamaro, le ringrazio chiusamente; e questa parte comincia quivi:
Voi mi chiamaste.
Appresso questa vana imaginazione, avvenne un dì che sendendo io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentii cominciare un tremito nel core, così come s'io fossi stato presente a questa donna. Allora dico che mi giunse una imaginazione d'Amore: che mi parve vederlo venire da quella parte ove la mia donna stava; e pareami che lietamente mi dicesse nel cor mio: Pensa di benedire lo dì ch'io ti presi (1), perocchè tu lo dei fare. E certo mi parea avere lo core così lieto, che mi parea che non fosse lo core mio per la sua nova condizione. E poco dopo queste parole, che'l core mi disse con la lingua d'Amore, io vidi venire verso me una gentil donna, la quale era di famosa beltade, e fu già molto donna di questo mio primo amico (2). E lo nome di questa donna era Giovanna, salvo che per la sua beltade, secondo ch'altri crede, imposto l'era nome Primavera, e così era chiamata. E appresso lei guardando vidi venire la mirabile Beatrice. Queste donne andaro presso di me così l'una appresso l'altra, e parvemi che Amore mi parlasse nel core, e dicesse: Quella prima è nominata Primavera
Transcribed Footnote (page 320):

(1) Ch'io t'innamorai. Prendere per innamorare. Così Inf. V, 104: Mi prese del costui piacer sì forte , ed altrove.

Transcribed Footnote (page 320):

(2) Di Guido Cavalcanti, com'ho avvertito più sopra.

page: 321
solo per questa venuta d'oggi; chè io mossi lo impositore del nome a chiamarla Primavera, cioè prima verrà, lo dì che Beatrice si mostrerà dopo l'imaginazione del suo fedele. E se anco vuoli considerare lo primo nome suo, tanto è quanto dire Primavera, perchè lo suo nome Giovanna è da quel Giovanni, lo quale precedette la verace luce dicendo: Ego vox clamantis in deserto: parate viam Domini. Ed anche mi pare che mi dicesse queste altre cose: E chi volesse sottilmente considerare, quella Beatrice chiamerebbe Amore per molta simiglianza che ha meco. Ond'io ripensando, proposi di scriverne per rima al primo mio amico (tacendo certe parole le quali pareano da tacere) credendo io che ancora il suo cuore mirasse la beltà di questa Primavera gentile; e dissi questo Sonetto:
  • Io mi senti' svegliar dentro dal core
  • Uno spirto amoroso, che dormia;
  • E poi vidi venir da lungi Amore,
  • Allegro sì ch'appena il conoscia (1);
  • Dicendo: or pensa pur di farmi onore,
  • E'n ciascuna parola sua ridia;
  • E, poco stando meco'l mio signore,
  • Guardando in quella parte onde venia,
  • Io vidi Monna (2) Vanna e Monna Bice
  • Transcribed Footnote (page 321):

    (1) Conoscia per conoscea, come più sotto ridia per ridea; desinenza che s'incontra in altri antichi Poeti. Iac. da Lent. Quando vi vedia; Fra Guittone Che'l Deo d'amor facia.

    Transcribed Footnote (page 321):

    (2) Monna, accorciamento frequentissimo di Madonna.

    page: 322
  • 10Venire inver lo loco là ov'io era,
  • L'una appresso dell'altra meraviglia.
  • E sì come la mente mi ridice,
  • Amor mi disse: Questa è Primavera,
  • E qualla ha nome Amor, sì mi somiglia.
Questo Sonetto ha molte parti; la prima delle quali dice come io mi sentii svegliare lo tremore usato nel core, e come parve che Amore m'apparisse allegro da lunga (1) parte. La seconda dice come mi par che Amore mi dicesse nel core, e quale mi parea. La terza dice, come poi che questo fu alquanto stato meco cotale, io vidi ed udii certe cose. La seconda parte comincia quivi: Dicendo, or pensa pur; la terza quivi: E poco stando. La terza parte si divide in due: nella prima dico quello ch io vidi, nella seconda dico quello ch'io udii, e comincia quivi: Amor mi disse.
Potrebbe qui dubitar persona degna di dichiararle ogni dubitazione, e dubitar potrebbe di ciò ch'io dico d'Amore, come se fosse una cosa per se, e non solamente sostanza intelligente, ma come se fosse sostanza corporale. La qual cosa, secondo verità, è falsa: chè Amore non è per sè siccome sostanza, ma è un accidente in sostanza. E che io dica di lui come se fosse corpo ed ancora come se fosse uomo, appare per tre cose che io dico di lui. Dico che'l vidi di lungi venire, onde, conciossiacosachè venire dica moto locale (e localmente mobile per se, secondo il
Transcribed Footnote (page 322):

(1) Da lontana.

page: 323
Note: Footnote 2 runs onto next page in original text. --Ed.
filosofo, sia solamente corpo), appare che io ponga Amore essere corpo. Dico anche di lui che rideva, ed anche che parlava, le quali cose pajono esser proprie dell'uomo, e specialmente esser risibile; e però appare ch'io pongo lui esser uomo. A cotal cosa dichiarare, secondo ch'è buono al presente, prima è da intendere che anticamente non erano dicitori d'Amore in lingua volgare, anzi erano dicitori d'Amore certi poeti in lingua latina; tra noi, dico (avvegna forse che tra altra gente addivenisse, e avvegna ancora, siccome in Grecia), non volgari ma litterati poeti queste cose trattavano. E non è molto numero d'anni passato che apparirono prima (1) questi poeti volgari. Che dire per rima in volgare tanto è quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proporzione. E segno che sia picciol tempo è che se volemo cercare in lingua d' oco e in lingua di (2), noi non troveremo cose dette anzi
Transcribed Footnote (page 323):

(1) Per la prima volta, primamente.

Transcribed Footnote (page 323):

(2) Dante, sì come tutti gli altri antichi scrittori, dalla particella affermativa distingue i diversi linguaggi. Anche nel Poema Inf. XXXIII, accennando la Toscana, la chiama il paese là ove il sì suona, ed Inf. XVIII, accennando la Provincia Bolognese, dice che in essa le lingue degli uomini eranò apprese a dicer sipa; ed altrove parlando della favella francese le denomina la lingua dell' . L'espressione adunque in lingua d'oco accenna la lingua della Provenza, provincia detta ancora Linguadoca, e che ne'più bassi tempi della Latinità fu detta Occitania, ed era l'antica Gallia Narbonensis. Tutte quelle particelle affermative derivano dal latino; la nostra dal sic o sic est; la provenzale dall' hoc est; la francese dall' hoc illud est, che ben si ritrova nell'antico ouill, oggi divenuto oui.

page: 324
lo presente tempo per CL anni (1). E la cagione per che alquanti grossi ebbero fama di saper dire, è che quasi furono i primi che dissero in lingua di sì. E lo primo che cominciò a dire siccome poeta volgare, si mosse però che volle fare intendere le sue parole a donna, alla quale era malagevole ad intendere i versi latini(2). E questo è contro a coloro che rimano sopra altra materia che amorosa; conciossiacosachè cotal modo di parlare fosse dal principio trovato per dire d'Amore (3). Onde conciossiacosachè a'poeti sia conceduta maggior licenza di parlare che alli prosaici dicitori, e questi dicitori per rima non sieno altro che poeti volgari, è degno e ragionevole che a loro sia maggior licenza largita di parlare che agli altri parlatori volgari: onde se alcuna figura o colore rettorico è conceduto alli poeti, conceduto è a'rimatori. Dunque se noi vedemo che li poeti hanno parlato alle cose
Transcribed Footnote (page 324):

(1) Vale a dire, innanzi il 1150.

Transcribed Footnote (page 324):

(2) Dal passo del Boccaccio (Giorn. VII, nov. 3) in cui si dice che frate Rinaldo cominciò a fare delle Canzoni, de'Sonetti e delle Ballate, si rileva che l'oggetto di chi scriveva tali poesie volgari era quello di entrare nella grazia di qualche donna.

Transcribed Footnote (page 324):

(3) Poiche Dante teneva questa opinione che non sia da rimare sopra altra materia che amorosa, sarà forse stata questa la ragione per la quale mise sotto allegoria d'Amore le lodi della Filosofia nelle sue Canzoni e particolarmente in quelle del Convito.

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Sig. Vol. III. 28
inanimate come se avessero senso e ragione, e fattole parlare insieme, e non solamente cose vere, ma cose non vere (cioè che detto hanno, di cose le quali non sono, che parlano, e detto che molti accidenti parlano siccome fossero sostanze ed uomini), degno è lo dicitore per rima fare lo simigliante, non senza ragione alcuna, ma con ragione, la quale poi sia possibile d'aprire (1) per prosa. Che li poeti abbiano così parlato come detto è, appare per Virgilio, il quale dice, che Giuno, cioè una Dea nemica dei Trojani, parlò ad Eolo signore delli venti, quivi nel primo dell'Eneida: AEole, namque tibi etc., e che questo Signore le rispose quivi: Tuus, o regina, quid optes etc.. Per questo medesimo poeta parla la cosa che non è animata alla cosa animata nel terzo dell'Eneida quivi: Dardanidae duri etc. Per Lucano parla la cosa animata alla cosa inanimata quivi: Multum, Roma, tamen debes civilibus armis. Per Orazio parla l'uomo alla sua scienza medesima, siccome ad altra persona; e non solamente sono parole d'Orazio, ma dicele quasi medio (2) del buono Omero, quivi nella sua Poetria (3): Dic mihi Musa, virum etc. Per Ovidio parla Amore
Transcribed Footnote (page 325):

(1) Di dichiarare, di dispiegare per mezzo d'un Commento in prosa.

Transcribed Footnote (page 325):

(2) Medio qui vale certamente interpetre, benchè il Vocabolario non lo registri.

Transcribed Footnote (page 325):

(3) Poetria è un qualunque componimento poetico, e conseguentemente qui sta per Poema.

page: 326
come se fosse persona umana, nel principio del Libro di Remedio d'Amore quivi: Bella mihi video, bella parantur, ait. E per questo puote essere manifesto a chi dubita in alcuna parte di questo mio libello. E acciocchè non ne pigli alcuna baldanza persona grossa (1), dico che nè li poeti parlano così senza ragione, nè que'che rimano deono così parlare, non avendo alcuno ragionamento in loro di quello che dicono; perocchè grande vergogna sarebbe a colui che rimasse cosa sotto veste di figura o di colore rettorico, e poi domandato non sapesse dinudare le sue parole da cotal vesta, in guisa ch'avessero verace intendimento. E questo mio primo amico ed io ne sapemo bene (2) di quelli che così rimano stoltamente.
Questa gentilissima donna, di cui ragionato è nelle precedenti parole, venne in tanta grazia delle genti, che quando passava per via, le persone correano per vederla; onde mirabile letizia me ne giungea: e quando ella fosse presso ad alcuno, tanta onestà venia nel core di quello, ch'egli non ardia di levare gli occhi, nè di rispondere al suo saluto; e di questo molti siccome esperti mi potrebbero testimoniare a chi nol credesse. Ella coronata e vestita d'umiltà s'andava, nulla gloria mostrando di ciò ch'ella vedeva ed udiva. Dicevano molti, poichè passata era: Questa
Transcribed Footnote (page 326):

(1) Cioè di grosso intendimento.

Transcribed Footnote (page 326):

(2) Ne conosciamo bene. Pel primo amico intende al solito il Cavalcanti.

page: 327
non è femina, anzi è uno de'bellissimi Angeli del cielo. Ed altri dicevano: Questa è una meraviglia; che benedetto sia lo Signore che sì mirabilmente sa operare! Io dico ch'ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti li piaceri (1), che quelli che la miravano comprendevano in loro una dolcezza onesta e soave tanto che ridire nol sapevano; nè alcuno era lo quale potesse mirare lei che nel principio non gli convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei procedeano mirabilmente e virtuosamente. Ond'io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stile della sua loda, proposi di dire parole nelle quali dessi ad intendere delle sue mirabili ed eccellenti operazioni; acciocchè non pure coloro che la poteano sensibilmente (2) vedere, ma gli altri sapessono di lei quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo Sonetto:
  • Tanto gentile e tanto onesta pare
  • La donna mia quand'ella altrui saluta,
  • Ch'ogni lingua divien tremando muta,
  • E gli occhi non ardicon di guardare.
  • Ella sen va sentendosi laudare
  • Benignamente d'umiltà vestuta,
  • E par che sia una cosa venuta
  • Di cielo in terra a miracol mostrare.
Transcribed Footnote (page 327):

(1) Di tutte le bellezze. Piacere per bellezza l'ho notato più sopra a pag. 281 nota 21.

Transcribed Footnote (page 327):

(2) Intendi: Acciocchè non solamente coloro che ne poteano aver cognizione per mezzo de' sensi del corpo, come della vista e dell'udito, ma gli altri ancora ec.

page: 328
  • Mostrasi sì piacente a chi la mira,
  • 10Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
  • Che intender non la può chi non la prova.
  • E par che della sua labbia (1) si muova
  • Uno spirto soave, e pien d'amore,
  • Che va dicendo all'anima: sospira.
Questo Sonetto è sì piano ad intendere, per quello che narrato è dinanzi, che non ha bisogno d'alcuna divisione; e però lasciando lui,
Dico che questa mia donna venne in tanta grazia, che non solamente era onorata e laudata, ma per lei erano onorate e laudate molte. Ond'io veggendo ciò, e volendol manifestare a chi ciò non vedea, proposi anche di dire parole nelle quali ciò fosse significato, e dissi questo Sonetto, lo quale narra, come la sua virtù adoperava nelle altre.
  • Vede perfettamente ogni salute
  • Chi la mia donna fra le donne vede;
  • Quelle che van con lei, sono tenute
  • Di bella grazia a Dio render mercede.
  • E sua beltate è di tanta virtute,
  • Che nulla invidia all'altre ne procede (2);
  • Anzi le face andar seco vestute
  • Di gentilezza, d'amore e di fede.
  • La vista sua face ogni cosa umile,
  • Transcribed Footnote (page 328):

    (1) Labbia per faccia, volto, trovasi frequentemente usato non solo da Dante, ma ancor da parecchi altri antichi Scrittori. Poi si rivolse a quella enfiata labbia, Inf. VII, 7 ec.

    Transcribed Footnote (page 328):

    (2) Nulla invidia all'altre ne procede, poichè, come disse Cino, Non dà invidia quel ch'è meraviglia, Lo quale vizio regna ov'è paraggio .

    page: 329
    Sig. 28*
  • 10E non fa sola sè parer piacente,
  • Ma ciascuna per lei riceve onore.
  • Ed è negli atti suoi tanto gentile,
  • Che nessun la si può recare a mente,
  • Che non sospiri in dolcezza d'Amore.
Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima dico tra che gente questa donna più mirabile parea (1). Nella seconda dico, come era graziosa la sua compagnia. Nella terza dico di quelle cose ch'ella virtuosamente operava in altrui. La seconda comincia quivi: Quelle che vanno. La terza quivi: E sua beltate. Quest'ultima parte si divide in tre: nella prima dico quello che operava nelle donne, cioè per loro medesime: nella seconda dico quello che operava in loro per altrui: nella terza dico come non solamente nelle donne operava, ma in tutte le persone, e non solamente nella sua presenza, ma ricordandosi di lei mirabilmente operava. La seconda comincia quivi: La vista. La terza quivi: Ed è negli atti.
Appresso ciò, cominciai a pensare un giorno sopra quello che detto avea della mia donna, cioè in questi due Sonetti precedenti, e veggendo nel mio pensiero ch'io non avea detto di quello che al presente tempo adoperava in me, parvemi difettivamente aver parlato; e però proposi di dire parole, nelle quali io dicessi come mi parea esser disposto alla sua operazione, e come operava in me la
Transcribed Footnote (page 329):

(1) Tra qual gente (cioè tra le femmine) questa donna appariva.

page: 330
sua virtude; e non credendo ciò poter narrare in brevità di Sonetto, cominciai allora una Canzone la quale comincia:
  • Sì lungamente m'ha tenuto Amore
  • E costumato (1) alla sua signoria,
  • Che sì com'egli m'era forte (2) in pria,
  • Così mi sta soave ora nel core:
  • Però quando mi toglie sì'l valore
  • Che gli spiriti par che fuggan via,
  • Allor sente la frale anima mia
  • Tanta dolcezza, che'l viso ne smore.
  • Poi prende Amore in me tanta virtude,
  • 10Che fa li miei sospiri gir parlando;
  • Ed escon fuor chiamando
  • La donna mia per darmi più salute:
  • Questo m'avviene ovunque (3) ella mi vede;
  • E sì è cosa umil, che nol si crede.
Quomodo sedet sola civitas plena populo! facta est quasi vidua domina gentium. Io era nel proponimento ancora di questa Canzone, e compiuta n'avea questa sovrascritta stanza, quando lo Signore della giustizia chiamò questa gentilissima a gloriare sotto l'insegna di quella reina benedetta Maria, lo cui nome fue in grandissima reverenza nelle parole di questa Beatrice beata. E avvegnachè forse piacerebbe al presente trattare alquanto della sua partita da noi, non è mio intendimento di trattarne qui per tre ragioni. La prima si è, che ciò non è del pre-
Transcribed Footnote (page 330):

(1) Avvezzo, assuefatto.

Transcribed Footnote (page 330):

(2) Disaggradevole, insopportabile.

Transcribed Footnote (page 330):

(3) Ogniqualvolta.

page: 331
Note: Footnote 2 runs onto next page in original text. --Ed.
sente proposito, se volemo guardare nel proemio che precede questo libello; la seconda si è che, posto che fosse del presente proposito ancora, non sarebbe sufficiente la mia penna a trattare, come si converrebbe, di ciò. La terza si è che, posto che fosse l'uno e l'altro, non è convenevole a me trattare di ciò, per quello che trattando mi converrebbe essere lodatore di me medesimo (la qual cosa è al postutto biasimevole a chi'l fa), e però lascio cotale trattato ad altro chiosatore. Tuttavia, perchè molte volte il numero del nove ha preso luogo tra le parole dinanzi, onde pare che sia non senza ragione, e nella sua partita cotale numero pare che avesse molto luogo, conviensi dire quindi alcuna cosa, acciocchè pare al proposito convenirsi. Onde prima dirò, come ebbe luogo nella sua partita, e poi ne segnerò alcuna ragione, perchè questo numero fu a lei cotanto amico. Io dico, che secondo l'usanza d'Italia l'anima sua nobilissima si partì nella prima ora del nono giorno del mese; e secondo l'usanza di Siria, ella si partì nel nono mese dell'anno, perchè il primo mese è ivi Tismim (1) il quale a noi è Ottobre. E secondo l'usanza nostra ella si partì in quello anno della nostra indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero (2) nove volte era compiuto in quel centi-
Transcribed Footnote (page 331):

(1) Forse dee leggersi Tisri, dice il Pelli nella Vita di Dante .

Transcribed Footnote (page 331):

(2) Per il perfetto numero intende il dieci. Così nel Convito p. 189 “lo venti significa il movimento dell'alterazione: chè conciossiacosachè dal dieci in sù non si vada se non esso dieci alterando cogli altri nove e con se stesso, la più bella alterazione che esso riceva si è la sua di sè medesimo ec.”

page: 332
najo, nel quale in questo mondo ella fu posta: ed ella fu de'Cristiani del terzodecimo centinajo (1). Perchè questo numero le fosse tanto amico (2), questa potrebb'essere una ragio-
Transcribed Footnote (page 332):

(1) Queste frasi vengono a dire che Beatrice morì la prima ora del 9 Giugno 1290. E dappoichè da quanto dice l'autore sul principio di questo libretto si rileva che ella aveva otto o nove mesi meno di Dante, può stabilirsi che alla sua morte ella contava 24 anni e 3 mesi d'età.

Transcribed Footnote (page 332):

(2) Avrà già il Lettore osservato, come spesso nel procedimento del Libro vada Dante notando il nove, qual numero fatale ne'suoi amori con Beatrice. — Nove fiate ec. pag. 265 — Dal principio del suo anno nono ec . pag. 267. — Erano compiti li nove anni ec . pag. 269 — L'ora era fermamente nona ec. ivi — Fu la prima ora delle nove ultime ec. pag. 271 — Non sofferse stare se non in sul nove ec. pag. 275 — M'era apparita nella nona ora del dì ec. pag. 285. — Io dico che nel nono giorno ec. pag. 312. — Quì pertanto dà la spiegazione del perchè questo numero fosse cotanto simpatico della sua amata, dicendo che al momento ch'ella venne nel mondo tutti e nove i mobili cieli, congiunti insieme, piovvero sopra di lei i loro benefici influssi. E quest'idea la ripetè nel Son. XLV e nella Ballata V. Non dovrà far meraviglia cotesta puerile e a bello studio cercata coincidenza del numero nove L'Astrologia giudiciaria formava parte degli studj e dell'istruzione di quel tempo: ond'è che l'alta mente di Dante, imbevuta dall'adolescenza dei pregiudizj del secolo, non seppe affatto liberarsene, e così pagò un tributo all'umana credulità. Anche il Petrarca volle trovare una coincidenza nella morte di Laura, dicendo ch'essa morì lo stesso mese, lo stesso giorno, la stessa ora, nella quale era nata.

page: 333
ne; conciossiacosache, secondo Tolomeo e secondo la cristana verità (1), nove siano li cieli che muovono, e secondo comune opinione astrologica li detti cieli adoperino quaggiù secondo la loro abitudine insieme (2); questo numero fu amico di lei per dare ad intendere che nella sua generazione tutti e nove li mobili cieli perfettissimamente s'aveano insieme. Questa è una ragione di ciò; ma più sottilmente pensando, e secondo la infallibile verità, questo numero fu ella medesima; per similitudine dico, e ciò intendo cosi: Lo numero del tre è la radice del nove, perocchè senz'altro numero per se medesimo moltiplicato fa nove, siccome vedemo manifestamente, che tre via tre fa nove. Dunque se il tre è fattore per se medesimo del nove, e lo Fattore de'miracoli per se medesimo è Tre, cioè Padre, Figliuolo e Spirito Santo, li quali sono tre ed uno, questa
Transcribed Footnote (page 333):

(1) Cristiana verità qui non significa una verità di fede, ma una opinione universalmente ricevuta. Infatti nel Convito tratt. 11. cap. 3, riproducendo quest'opinione, n'allega solo gli Astrologi ed i Filosofi. E nel Tratt. IV, cap. 6 dice che la dottrina d'Aristotile puotesi appellare quasi cattolica opinione , cioè quasi universale.

Transcribed Footnote (page 333):

(2) Secondo che si hanno insieme.

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Note: Footnote 2 runs onto next page in original text. --Ed.
donna fu accompagnata dal numero del nove, a dare ad intendere che ella era un nove, cioè un miracolo, la cui radice è solamente la mirabile Trinitade. Forse ancora per più sottil persona si vedrebbe in ciò più sottil ragione, ma questa è quella ch'io ne veggio, e che più mi piace.
Poichè la gentilissima donna fu partita da questo secolo, rimase tutta la sopradetta cittade quasi vedova e dispogliata di ogni dignitade, ond'io ancora lagrimando in questa desolata cittade, scrissi a'principi della terra (1) alquanto della sua condizione, pigliando quello cominciamento di Geremia: Quomodo sedet sola civitas! E questo dico, acciocchè altri non si meravigli, perchè io l'abbia allegato di sopra, quasi come entrata della nuova materia che appresso viene. E se alcuno volesse me riprendere di ciò che non scrivo qui le parole che seguitano a quelle allegate, scusomene, perocchè lo intendimento mio non fu da principio di scrivere altro che per volgare: onde conciossiacosachè le parole che seguitano a quelle che sono allegate, sieno tutte latine, sarebbe fuori del mio intendimento se io le scrivessi; e simile intenzione so che ebbe questo mio amico, a cui ciò scrivo, cioè ch'io gli scrivessi solamente in volgare (2). Poichè gli occhi miei ebbero per alquan-
Transcribed Footnote (page 334):

(1) A'principali personaggi della città.

Transcribed Footnote (page 334):

(2) Di queste parole apparisce che Guido Cavalcanti non amava la lingua latina; e questa sembra essere la sola ragione per la quale cotesto amico di Dante (secondo il passo dell'Inf. X, 62) ebbe Virgilio a disdegno,

  • Colui (Virgilio) per qui mi mena
  • Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.
Che egli disdegnasse Virgilio siccome simbolo della Poesia in genere, non può essere, dappoichè Guido occupava uno de' primi seggi fra i rimatori del suo tempo; che lo disdegnasse come simbolo della scienza umana, non può essere parimente, dappoichè Guido coltivava con trasporto le filosofiche discipline. La sola ragione di un tale disdegno sembra dunque esser quella che ho qui sopra accennata. Vedeva Guido che il volgare italiano era bello, ricco, armonioso, atto a modificarsi secondo il vario genere de'componimenti, e tale da rivaleggiare colla lingua madre: amava quindi, che i dotti abbandonata, la lingua latina dettassero le loro scritture nell'idioma ch'aveano succhiato col latte.

page: 335
to tempo lagrimato, e tanto affaticati erano ch'io non potea disfogare la mia tristizia, pensai di voler disfogarla con alquante parole dolorose; e però proposi di fare una Canzone, nella quale piangendo ragionassi di lei, per cui tanto dolore era fatto distruggitore dell'anima mia; e cominciai allora: Gli occhi dolenti ec.
Acciocchè questa Canzone paja rimanenere viepiù vedova dopo il suo fine, la dividerò prima ch'io la scriva; e cotal modo terrò da qui innanzi. Io dico che questa cattivella (1) Canzone ha tre parti. La pri-
Transcribed Footnote (page 335):

(1) Cattivella non ha qui senso di malavagia, ma di tapina.

page: 336
Note: Footnote 2 runs onto next page in original text. --Ed.
ma è proemio: nella seconda ragiono di lei: nella terza parlo alla Canzone pietosamente. La seconda comincia quivi:
Ita n'è Beatrice. La terza quivi: Pietosa mia Canzone. La prima si divide in tre. Nella prima dico per che (1) mi movo a dire: nella seconda dico a cui voglio dire: nella terza dico di cui voglio dire. La seconda comincia quivi: E perchè mi ricorda. La terza quivi: E dicerò. Poscia quando dico: Ita n'è Beatrice, ragiono di lei, e intorno a ciò fo due parti. Prima dico la cagione, per che tolta ne fu; appresso dico come altri piange della sua partita, e comincia questa parte quivi: Partissi della sua. Questa parte si divide in tre: nella prima dico chi non la piange; nella seconda dico chi la piange; nella terza dico della mia condizione. La seconda comincia quivi: Ma n'ha tristizia e doglia. La terza: Dannomi angoscia. Poscia quando dico: Pietosa mia Canzone, parlo a questa mia Canzone designandole a quali donne sen vada, e steasi con loro .
  • Gli occhi, dolenti per pietà del core,
  • Hanno di lagrimar sofferta pena
  • Sì che per vinti son remasi omai.
  • Ora s'io voglio sfogar lo dolore
  • Ch'appoco appoco alla morte mi mena,
  • Convenemi parlar traendo guai (2).
  • Transcribed Footnote (page 336):

    (1) Per qual cagione.

    Transcribed Footnote (page 336):

    (2) Intendi: Gli occhi, che per la compassione del cuore si dolevano, hanno nel lagrimare sofferto pena così grande che omai sono restati abbattuti. Ora se io voglio sfogare il dolore che appoco appoco mi conduce alla morte, non posso più piangere (perchè gli occhi sono a questo impotenti), ma conviemmi parlare, traendo lamenti compassionevoli.

    page: 337
    Sig. Vol. III. 29
  • E perchè mi ricorda ch'io parlai
  • Della mia donna, mentre che vivia (1),
  • Donne gentili, volentier con vui,
  • 10Non vo' parlarne altrui,
  • Se non a cor gentil che'n donna sia.
  • E dicerò di lei piangendo pui (2)
  • Che se n'è gita in ciel subitamente (3),
  • Ed ha lasciato Amor meco dolente.
  • Ita n'è Beatrice in l'alto cielo,
  • Nel reame ove gli Angeli hanno pace,
  • E sta con loro; e voi, donne ha lasciate.
  • Non la ci tolse qualità di gelo,
  • Nè di calor siccome l'altre face;
  • 20Ma sola fu sua gran benignitate.
  • Chè luce (4) della sua umilitate
  • Passò li cieli con tanta virtute,
  • Che fè maravigliar l'eterno Sire,
  • Sì che dolce desire
  • Lo giunse (5) di chiamar tanta salute;
  • E fella di quaggiuso a sè venire;
  • Perchè vedea ch'esta vita nojosa
  • Transcribed Footnote (page 337):

    (1) Vivìa per vivea, come piangìa, dicìa, facìa ec.

    Transcribed Footnote (page 337):

    (2) Poi, dappoi.

    Transcribed Footnote (page 337):

    (3) All'improvviso.

    Transcribed Footnote (page 337):

    (4) Perciocchè la luce, lo splendore.

    Transcribed Footnote (page 337):

    (5) Sì che fu preso da un dolce desiderio.

    page: 338
  • Non era degna di sì gentil cosa (1).
  • Partissi della sua bella persona
  • 30Piena di grazia l'anima gentile
  • Ed èssi (2) glorïosa in loco degno.
  • Chi non la piange, quando ne ragiona,
  • Core ha di pietra sì malvagio e vile
  • Ch'entrar non vi può spirito benegno (3).
  • Non è di cor villan sì alto ingegno,
  • Che possa immaginar di lei alquanto,
  • E però non gli vien di pianger voglia:
  • Ma n'ha tristizia e doglia
  • Di sospirare e di morir di pianto,
  • 40E d'ogni consolar (4) l'anima spoglia
  • Chi vede nel pensiero alcuna volta
  • Qual ella fu, e com'ella n'è tolta.
  • Dannomi angoscia li sospiri forte,
  • Quando il pensiero nella mente grave
  • Mi reca quella che m'ha il cor diviso:
  • E spesse fiate pensando la morte (5),
  • Me ne viene un desio tanto soave,
  • Che mi tramuta lo color nel viso.
  • Quando l'immaginar mi tien ben fiso
  • 50Giungemi tanta pena d'ogni parte,
  • Ch'io mi riscuoto per dolor ch'io sento;
  • E sì fatto divento,
  • Transcribed Footnote (page 338):

    (1) Anche il Petrarca disse di Laura: Mondo ingrato . . . . Nè degno eri, mentr'ella Visse quaggiù, d'aver sua conoscenza .

    Transcribed Footnote (page 338):

    (2) E si è, si sta.

    Transcribed Footnote (page 338):

    (3) Benigno. Lo scambiamento dell' i nell' e e viceversa, è frequente negli antichi scrittori.

    Transcribed Footnote (page 338):

    (4) E d'ogni consolazione, conforto.

    Transcribed Footnote (page 338):

    (5) Anche qui il verbo pensare è usato attivamente.

    page: 339
  • Che dalle genti vergogna mi parte (1):
  • Poscia piangendo, sol nel mio lamento
  • Chiamo Beatrice; e dico: or se'tu morta!
  • E mentre ch'io la chiamo mi conforta.
  • Pianger di doglia, e sospirar d'angoscia
  • Mi strugge il core, ovunque (2) sol mi trovo,
  • Sì che ne increscerebbe a chi'l vedesse:
  • 60E qual'è stata la mia vita, poscia
  • Che la mia donna andò nel secol novo (3),
  • Lingua non è che dicer lo sapesse:
  • E però, donne mie, per ch'io volesse (4),
  • Non vi saprei ben dicer quel ch'io sono;
  • Sì mi fa travagliar l'acerba vita,
  • La quale è sì invilita
  • Che ogni uom par che mi dica: io t'abbandono,
  • Vedendo la mia labbia (5) tramortita.
  • Ma qual ch'io sia, la mia donna sel vede,
  • 70Ed io ne spero ancor da lei mercede.
  • Pietosa mia Canzone, or va'piangendo,
  • E ritrova le donne e le donzelle,
  • A cui le tue sorelle
  • Erano usate di portar letizia (6);
  • E tu, che sei figliuola di tristizia,
  • Vatten disconsolata a star con elle.
Transcribed Footnote (page 339):

(1) Mi divide, m'allontana.

Transcribed Footnote (page 339):

(2) Ogniqualvolta.

Transcribed Footnote (page 339):

(3) Al nuovo stato di vita.

Transcribed Footnote (page 339):

(4) Per quanto ch'io volessi. Volesse desinenza licenziosa per volessi.

Transcribed Footnote (page 339):

(5) Faccia, volto. V. la nota 1. a pag. 328.

Transcribed Footnote (page 339):

(6) A cui le tue sorelle (le precendenti Canzoni) erano usate di portar letizia; poichè non parlavano della morte di Beatrice, ma delle lodi di lei vivente.

page: 340
Poichè detta fu questa Canzone, si venne a me uno, il quale, secondo li gradi dell'amistade, era amico a me immediatamente dopo il primo; e questo fu tanto distretto di sanguinità con questa gloriosa, che nullo più presso l'era (1). E poichè fu meco a ragionare, mi pregò che io gli dovessi dire alcuna cosa per una donna che s'era morta; e simulava sue parole acciocchè paresse che dicesse d'un'altra, la quale morta era cortamente (2): ond'io, accorgendomi che questi dicea solo per quella benedetta, dissi di fare ciò che mi domandava lo suo prego. Ond'io poi pensando a ciò, proposi di fare un Sonetto, nel quale mi lamentassi alquanto, e di darlo a questo mio amico, acciocchè paresse, che per lui l'avessi fatto; e dissi allora Venite a intendere ec
Questo Sonetto ha due parti. Nella prima chiamo li fedeli d'Amore che m'intendano. Nella seconda narro della mia misera condizione. La seconda comincia quivi: Li quai disconsolati.
  • Venite a intender li sospiri miei,
  • O cor gentili, chè pietà il desia;
  • Li quai disconsolati vanno via,
  • E s'e'non fosser, di dolor morrei (3);
Transcribed Footnote (page 340):

(1) Era questi il fratello di Beatrice.

Transcribed Footnote (page 340):

(2) Cortamente, cioè da corto tempo. Con questo significato non si rinviene nel Vocabolario.

Transcribed Footnote (page 340):

(3) Intendi: E s'ei (i sospiri) non fossero, che col loro irrompere mi alleggerissero l'angoscia, io morrei di dolore.

page: 341
Sig. 29*
  • Perocchè gli occhi mi sarebber rei
  • Molte fiate più, ch'io non vorria,
  • Lasso! di pianger sì la donna mia,
  • Che sfogherei lo cor piangendo lei (1).
  • Voi udirete lor chiamar sovente
  • 10La mia donna gentil che se n'è gita
  • Al secol degno della sua virtute;
  • E dispregiar talora questa vita
  • In persona dell'anima dolente
  • Abbandonata dalla sua salute (2).
Poichè detto ebbi questo Sonetto, pensando chi questi era, cui lo intendeva dare quasi come per lui fatto, vidi che povero mi pareva lo servigio e nudo a così distretta persona di questa gloriosa. E però innanzi ch'io gli dessi questo Sonetto, dissi due stanze di una Canzone, l'una per costui veracemente, e l'altra per me, avvegnachè paja l'una e l'altra per una persona detta, a chi non guarda sottilmente. Ma chi sottilmente le mira vede bene che diverse persone parlano; in ciò che l'una non chiama sua donna costei, e l'altra sì, come appare manifestamente. Questa Canzone e questo Sonetto gli diedi dicendo io che per lui solo fatto l'avea.
Transcribed Footnote (page 341):

(1) Intendi: Perocchè gli occhi, molte fiate più ch'io non vorria, sarebbero rei, debitori, a me lasso! di piangere la donna mia sì che piangendo lei sfogherei il core. Esser reo in senso di esser obbligato, esser responsabile, può meritare osservazione per la sua provenienza dal latino reus in significato di debitore, responsabile. Reus voti, reus stationis tutandae.

Transcribed Footnote (page 341):

(2) Priva del di lei saluto.

page: 342
La Canzone comincia: Quantunque volte, ed ha due parti. Nell'una, cioè nella prima stanza, si lamenta questo mio caro amico, distretto a lei; nella seconda mi lamento io, cioè nell'altra stanza che comincia: E'si raccoglie. E così appare che in questa Canzone si lamentano due persone, l'una delle quali si lamenta come fratello, l'altra come servitore.
  • Quantunque volte (1), lasso! mi rimembra
  • Ch'io non debbo giammai
  • Veder la donna, ond'io vo sì dolente,
  • Tanto dolore intorno al cor m'assembra (2)
  • La dolorosa mente,
  • Ch'i'dico: anima mia, chè non ten vai?
  • Chè li tormenti che tu porterai
  • Nel secol che t'è già tanto nojoso,
  • Mi fan pensoso di paura forte;
  • 10Ond'io chiamo la Morte,
  • Come soave e dolce mio riposo;
  • E dico: vieni a me; con tanto amore,
  • Ch'io sono astioso di chiunque muore.
  • E'si raccoglie negli miei sospiri
  • Un suono di pietade,
  • Che va chiamando Morte tuttavia.
  • A lei si volser tutti i miei desiri,
  • Quando la Donna mia
  • Fu giunta dalla sua crudelitate:
  • 20Perchè il piacere della sua beltate (3),
  • Partendo se dalla nostra veduta
  • Transcribed Footnote (page 342):

    (1) Ogniqualvolta.

    Transcribed Footnote (page 342):

    (2) M'accoglie.

    Transcribed Footnote (page 342):

    (3) La piacente forma della sua belleza.

    page: 343
  • Divenne spirital bellezza e grande,
  • Che per lo cielo spande
  • Luce d'Amor, che gli Angeli saluta,
  • E lo intelletto loro alto e sottile
  • Face maravigliar; tanto è gentile.
In quel giorno, nel quale si compiva l'anno che questa donna era fatta de'cittadini di vita eterna (1), io mi sedea in parte nella quale ricordandomi di lei disegnava un Angelo sopra certe tavolette: e mentre io'l disegnava, volsi gli occhi, e vidi lungo me uomini a'quali si convenia di fare onore, e che riguardavano quello ch'io facea: e secondo che mi fu detto poi, egli erano stati già alquanto anzi che io me n'accorgessi. Quando li vidi, mi levai, e salutando loro dissi: Altri era testè meco, e perciò pensava. Onde partiti costoro, ritornaimi alla mia opera, cioè del disegnare figure d'Angeli, e fecendo ciò, mi venne un pensiero di dire parole per rima, quasi per annovale di lei, e scrivere a costoro, li quali erano venuti a me: e dissi allora questo Sonetto, che comincia Era venuta, lo quale ha due cominciamenti, e però lo dividerò secondo l'uno e l'altro.
Dico che secondo il primo, questo Sonetto ha tre parti. Nella prima dico che questa donna era già nella mia memoria: nella seconda dico quello che Amore però mi facea: nella terza dico degli effetti d'Amore. La seconda comincia quivi: Amor che, la terza quivi: Piangendo usciano. Questa
Transcribed Footnote (page 343):

(1) Il dì 9 Giugno 1291.

page: 344
parte si divide in due. Nell'una dico che tutti i miei sospiri usciano parlando; nell'altra dico come alquanti diceano certe parole diverse dagli altri. La seconda comincia quivi:
Ma quelli. Per questo medesimo modo si divide secondo l'altro cominciamento, salvo che nella prima parte dico quando questa donna era così venuta nella mia mente, e ciò non dico nell'altro.
Prima cominciamente
  • Era venuta nella mente mia
  • La gentil donna, che per suo valore
  • Fu posta dall'altissimo Signore
  • Nel Ciel dell'umiltate (1), ov'è Maria.
Secondo cominciamente
  • Era venuta nella mente mia
  • Transcribed Footnote (page 344):

    (1) Lo studioso filologo potrà notare un delicato senso nelle voci umiltà, umile, umiliare ec. adoperate da Dante nel processo di questa operetta. Un tal senso è quello di pace, quiete, tranquillità di affetti, cessazione d'ogni appetito, e non è stato sempre avvistato dai compilatori del Vocabolario. Ecco i luoghi, donde questo senso agevolmente rilevasi: pag. 267 colore umile, pag. 282 viso vestito d'umiltà, pag. 301 e sì l'umilia ch'ogni offesa oblia, pag. 307 pensiero umile, pag. 316 Pregava l'una l'altra umilemente;; pag. 318 Ed avea seco umiltà sì verace, che parea che dicesse: io sono in pace, pag. 318. Io diveniva nel dolor sì umile vedendo in lei tanta umiltà, pag. 327 d'umiltà vestuta, pag. 328. La vista sua face ogni cosa umile, pag. 330. E sì è cosa umil che nol si crede, pag. 337. Chè luce della sua umilitate, pag. 344 Nel ciel dell'umiltate ov' è Maria.

    page: 345
  • Quella donna gentil, cui piange Amore,
  • Entro quel punto che lo suo valore
  • Vi trasse a riguardar quel ch'io facia.
  • Amor che nella mente la sentia
  • S'era svegliato nel distrutto core,
  • E diceva a'sospiri: Andate fuore:
  • Per che ciascun dolente sen partia.
  • Piangendo usciano fuor dello mio petto
  • 10Con una voce che sovente mena
  • Le lagrime dogliose agli occhi tristi.
  • Ma quegli che n'uscian con maggior pena
  • Venien dicendo: o nobile intelletto,
  • Oggi fa l'anno che nel ciel salisti.
Poi per alquanto tempo, conciofossecosachè io fossi in parte nella quale mi ricordava del passato tempo, molto stava pensoso, e con dolorosi pensamenti tanto che mi faceano parere di fuori una vista di terribile sbigottimento. Ond'io, accorgendomi del mio travagliare, levai gli occhi per vedere s'altrime vedesse; e vidi una gentil donna giovane e bella molto, la quale da una fenestra mi riguardava molto pietosamente quant'alla vista; sicchè tutta la pietade pareva in lei accolta. Onde, conciossiacosachè quando i miseri veggono di loro compassione altrui, più tosto si muovono al lagrimare, quasi come se di se stessi avessero pietade, io sentii allora li miei occhi cominciare a voler piangere; e però, temendo di non mostrare la mia vile vita, mi partii dinanzi dagli occhi di questa gentile; e dicea poi fra me medesimo: E'non può essere, che con quella pietosa donna non sia nobilissimo amore. E però proposi di di-
page: 346
re un Sonetto, nel quale io parlassi a lei, e conchiudessi tutto ciò che narrato è in questa ragione(1). E però che questa ragione è assai manifesta, nol dividerò.
  • Videro gli occhi miei quanta pietate
  • Era apparita in la vostra figura,
  • Quando guardaste gli atti e la statura (2)
  • Ch'io facia pel dolor molte fïate.
  • Allor m'accorsi che voi pensate
  • La qualità della mia vita oscura (3),
  • Sicchè mi giunse nello cor paura
  • Di dimostrar negli occhi mia viltate.
  • E tolsimi dinanzi a voi, sentendo
  • 10Che si movean le lagrime dal core
  • Ch'era sommosso dalla vostra vista.
  • Io dicea poscia nell'anima trista:
  • Ben è con quella donna quell'Amore (4),
  • Lo qual mi face andar così piangendo.
Avvenne poi che ovunque questa donna mi vedea si facea d'una vista pietosa e d'un color pallìdo, quasi come d'amore: onde molte fiate mi ricordava della mia nobilissima donna, che di simile colore (5) mi si mostra-
Transcribed Footnote (page 346):

(1) Ragionamento, discorso.

Transcribed Footnote (page 346):

(2) Statura qui vale stato, condizione. Così il Malespini 36. tit. Come e quando Attila venne a Firenze, e di sua statura . Con questo significato manca nel Vocabolario.

Transcribed Footnote (page 346):

(3) Oscura, cioè malinconica e travagliata, come avvertii al Son. VII.

Transcribed Footnote (page 346):

(4) Quell'Amore, cioè quell'istesso puro e nobilissimo Amore, che mi accese il cuore per la gentile Beatrice, e che mi fa andare ec.

Transcribed Footnote (page 346):

(5) Che Beatrice avesse un color pallido, lo ha detto l'Autore più sopra, pag. 302. V. la nota. 1.

page: 347
va. E certo molte volte non potendo lagrimare nè disfogare la mia tristizia, io andava per vedere questa pietosa donna, la quale parea che tirasse le lagrime fuori delli miei occhi per la sua vista. E però mi venne anche volontade di dire parole, parlando a lei; e dissi questo Sonetto, che comincia Color d'amore, e ch'è piano senza dividerlo per la sua precedente ragione.
  • Color d'amore, e di pietà sembianti
  • Non preser mai così mirabilmente
  • Viso di donna per veder sovente
  • Occhi gentili e dolorosi pianti,
  • Come lo vostro, qualora davanti
  • Vedetevi la mia labbia (1) dolente,
  • Sì che per voi mi vien cosa alla mente,
  • Ch'io temo forte, non lo cor si schianti.
  • Io non posso tener gli occhi distrutti
  • 10Che non riguardin voi molte fiate
  • Pel desiderio di pianger ch'elli hanno.
  • E voi crescete sì lor volontate,
  • Che della voglia si consuman tutti,
  • Ma lagrimar dinanzi a voi non sanno.
Io venni a tanto per la vista di questa donna, che li miei occhi si cominciaro a dilettare troppo di vederla, onde molte volte me ne cruciava, ed avevamene per vile assai; e più volte bestemmiava la vanità degli occhi miei, e dicea loro nel mio pensiero: Or voi solevate far piangere chi vedea la vostra dolorosa condizione, ed ora pare che vogliate dimenticarlo per questa donna che vi mira, e che
Transcribed Footnote (page 347):

(1) Faccia, aspetto, com'ho notato altre volte.

page: 348
non vi mira se non in quanto le pese della gloriosa donna di cui pianger solete. Ma quanto far potete, fate; chè io la vi rimembrerò molto spesso, maledetti occhi; chè mai, se non dopo la morte, non dovrebbero le vostre lagrime aver ristato. E quando fra me medesimo così avea detto alli miei occhi, e (1) li sospiri m'assaliano grandissimi ed angosciosi. Ed acciocchè questa battaglia che io avea meco non rimanesse saputa pur (2) dal misero che la sentia, proposi di fare un Sonetto, e di comprendere in esso questa orribile condizione, e dissi questo che comincia L'amaro lagrimar.
Il Sonetto ha due parti: nella prima parlo agli occhi miei siccome parlava lo mio core in me medesimo; nella seconda rimovo alcuna dubitazione, manifestando chi è che così parla; e questa parte comincia quivi: Così dice. Potrebbe bene ancora ricevere più divisioni, ma sarebbe indarno , perchè è manifesto per la precedente ragione (3).
  • L'amaro lagrimar che voi faceste,
  • Occhi miei, così lunga stagione,
  • Faceva lagrimar l'altre persone
  • Transcribed Footnote (page 348):

    (1) Questa e non è congiunzione, ma sta per ancora nella guisa stessa che i Latini usavano la et per etiam.

    Transcribed Footnote (page 348):

    (2) Solamente, soltanto; e Dante l'usa spesso nella Commedia.

    Transcribed Footnote (page 348):

    (3) Intendi: Perchè è chiaro e manifesto per il precedente discorso.

    page: 349
    Sig. Vol. III. 30
  • Dalla pietà, siccome voi vedeste.
  • Ora mi par che voi l'obliereste,
  • S'io fossi dal mio lato sì fellone,
  • Ch'io non ven disturbassi ogni cagione,
  • Membrandovi colei cui voi piangeste.
  • La vostra vanità mi fa pensare
  • 10E spaventami sì ch'io temo forte
  • Del viso d'una donna che vi mira.
  • Voi non dovreste mai se non per morte
  • La vostra donna, ch'è morta, obliare:
  • Così dice il mio core, e poi sospira.
Recommi la vista di questa donna in sì nova condizione, che molte volte ne pensava come di persona che troppo mi piacesse; e pensava di lei così: Questa è una donna gentile, bella, giovane e savia, ed apparita forse per volontà d'Amore, acciocchè la mia vita si riposi. E molte volte pensava più amorosamente, tanto che il core consentiva in lui, cioè nel mio ragionare. E quando avea consentito ciò, io mi ripensava (1) siccome dalla ragione mosso, e dicea fra me medesimo: Deh che pensiero è questo, che in cosi vile modo mi vuol consolare, e non mi lascia quasi altro pensare! Poi si rilevava un altro pensiero, e dicea: Or che tu se'stato in tanta tribulazione d'Amore, perchè non vuoi tu ritrarti da tanta amaritudine? Tu vedi che questo è uno spiramento che ne reca li desiri d'Amore dinanzi, ed è mosso da
Transcribed Footnote (page 349):

(1) Ripensare qui non vale pensare di bel nuovo, ma ricredersi; e con questo significato manca nel Vocabolario.

page: 350
così gentil parte com'è quella degli occhi della donna che tanto pietosa ti s'è mostrata. Ond'io avendo così più volte combattuto in me medesimo, ancora ne volli dire alquante parole; e perocchè la battaglia de'pensieri vinceano coloro che per lei parlavano, mi parve che si convenisse di parlare a lei, e dissi questo Sonetto, il quale comincia Gentil pensiero; e dissi gentile in quanto ragionava a gentil donna, che per altro era vilissimo.
In questo Sonetto fo due parti di me secondo che li miei pensieri erano in due divisi. L'una parte chiamo cuore, cioè l'appetito; l'altro anima, cioè la ragione; e dico come l'uno dice all'altro. E che degno sia chiamare l'appetito cuore, e la ragione anima, assai è manifesto a coloro a cui mi piace che ciò sia aperto. Vero è che nel precedente Sonetto io fo la parte del cuore contro a quella degli occhi, e ciò pare contrario di quel ch'io dico nel presente; e però dico che anche ivi il cuore intendo per l'appetito, perocchè maggior disiderio era il mio ancora di ricordarmi della gentilissima donna mia, che di vedere costei, avvegnachè alcuno appetito ne avessi già, ma leggier paresse: onde appare che l'uno detto non è contrario all'altro. Questo Sonetto ha tre parti: nella prima comincio a dire a questa donna come lo mio disiderio si volge tutto verso lei: nella seconda dico come l'anima, cioè la ragione, dice al cuore, cioè all'appetito: nella terza dico come le risponde. La
page: 351
seconda comincia quivi:
L'anima dice; la terza quivi: Ei le risponde.
  • Gentil pensiero, che parla di vui
  • Sen viene a dimorar meco sovente,
  • E ragiona d'Amor sì dolcemente
  • Che face consentir lo core in lui.
  • L'anima dice al cor: chi è costui,
  • Che viene a consolar la nostra mente;
  • Ed è la sua virtù tanto possente,
  • Ch'altro pensier non lascia star con nui?
  • Ei le risponde: o anima pensosa,
  • 10Questi è uno spiritel nuovo d'Amore,
  • Che reca innanzi a me li suoi desiri:
  • E la sua vita, e tutto il suo valore
  • Mosse dagli occhi di quella pietosa
  • Che si turbava de'nostri martiri.
Contra questo avversario della ragione si levò un dì, quasi nell'ora di nona una forte imaginazione in me: chè mi parea vedere questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta sanguigne colle quali apparve prima agli occhi miei, e pareami giovane in simile etade a quella, in che prima la vidi. Allora incominciai a pensare di lei; e secondo l'ordine del tempo passato, ricordandomene, lo mio core incominciò dolorosamente a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente s'avea lasciato possedere alquanti dì contro alla costanza della ragione: e discacciato questo cotal malvagio desiderio, si rivolsero tutti i miei pensamenti alla loro gentilissima Beatrice. E dico che d'allora innanzi cominciai a pensare di lei sì con tutto il vergognoso cuore, che li sospiri manifestavano ciò mol-
page: 352
te volte; però che quasi tutti diceano nel loro uscire quello che nel cuore si ragionava, cioè lo nome di quella gentilissima, e come si partio da noi. E molte volte avvenia, che tanto dolore avea in se alcuno pensiero, che io dimenticava lui, e là dov'io era. Per questo raccendimento di sospiri, si raccese lo sollevato lagrimare in guisa, che li miei occhi pareano due cose che desiderassero pur di piangere: e spesso avvenia che per lo lungo continuare del pianto, dintorno loro si facea un colore purpureo, quale apparir suole per alcuno martire ch'altri riceva: onde appare, che della loro vanità furono degnamente guiderdonati, sì che da indi innanzi non poterono mirare persona che li guardasse sì che loro potesse trarre a simile intendimento (1). Onde io volendo che cotal disiderio malvagio e vana tentazione paressero distrutti sì che alcuno dubbio non potessero inducere le rimate parole ch'io avea dette dinnanzi, proposi di fare un Sonetto, nel quale io comprendessi la sentenza di questa ragione. E dissi allora: Lasso per forza etc .
Dissi lasso, in quanto mi vergognava di ciò che li miei occhi aveano così vaneggiato Questo Sonetto non divido, però che è assai manifesta la sua ragione.
  • Lasso! per forza de'molti sospiri,
  • Che nascon de'pensier cheson nel core,
  • Transcribed Footnote (page 352):

    (1) Vale a dire ad innamorarsi di nuovo. E qui accenna la sua costanza nell'amar Beatrice, sebben morta.

    page: 353
    Sig. 30*
    Note: Footnote 1 runs over onto next page in original text. --Ed.
  • Gli occhi son vinti, e non hanno valore
  • Di riguardar persona che gli miri.
  • E fatti son, che paion due disiri
  • Di lagrimare e di mostrar dolore;
  • E spesse volte piangon sì ch'Amore
  • Gli cerchia di corona di martiri.
  • Questi pensieri e li sospir, ch'io gitto,
  • 10Diventan dentro al core sì angosciosi,
  • Ch'Amor vi tramortisce, sì glien duole;
  • Perocch'egli hanno in lor li dolorosi
  • Quel dolce nome di Madonna scritto,
  • E della morte sua molte parole.
Dopo questa tribolazione avvenne (in quel tempo che molta gente andava per vedere quella imagine benedetta, la quale Gesù Cristo lasciò a noi per esempio della sua bellissima figura (1), la quale vede la mia don-
Transcribed Footnote (page 353):

(1) L'imagine di nostro Signor Gesù Cristo, insigne reliquia che si conserva in Roma nel Vaticano, e che volgarmente chiamasi la Veronica, vocabolo corrotto da Vera icon vera imagine. Il Ducange nel suo Glossario alla voce Veronica, riporta le seguenti parole di Niccolò IV. Pretiosissimi vultus imaginem, quam Veronicam fidelium vox appellat . Di essa il nostro Poeta cantò nel Paradiso XXXI, 103.

  • Qual è colui, che forse di Croazia
  • Viene a veder la Veronica nostra,
  • Che per l'antica fama non si sazia,
  • Ma dice nel pensier fin che si mostra:
  • Signor mio Gesù Cristo, Iddio verace,
  • Or fu sì fatta la sembianza vostra?
ed il Petrarca, son. XII
  • Movesi il vecchierel canuto e bianco . . .
  • E viene a Roma seguendo il desio
  • Per mirar la sembianza di Colui
  • Ch'ancor la sù nel ciel vedere spera.

page: 354
na gloriosamente), che alquanti peregrini passavano per una via la quale è quasi in mezzo della cittade, ove nacque, vivette e morio la gentilissima donna, e andavano secondo che mi parve, molto pensosi. Ond'io pensando a loro, dissi fra me medesimo: Questi peregrini mi pajono di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare di questa donna, e non ne sanno niente; anzi i loro pensieri sono d'altre cose che di questa qui; chè forse pensano delli loro amici lontani, li quali noi non conoscemo. Poi dicea fra me medesimo: 'io so che se questi fossero di propinquo paese, in alcuna vista parrebbero turbati passando per lo mezzo della dolorosa cittade. Poi dicea fra me stesso: S'io li potessi tenere (1) alquanto, io pur gli farei piangere anzi ch'egli uscissero di questa cittade, perocchè io direi parole che farebbero piangere chiunque le udisse. Onde passati costoro dalla mia veduta, proposi di fare un Sonetto nel quale manifestassi ciò ch'io avea detto fra me medesimo; ed acciocchè più paresse pietoso, proposi di dire come se io avessi parlato loro, e dissi questo Sonetto, lo quale comincia Deh peregrini etc.
Dissi peregrini secondo la larga significazione del vocabolo: chè peregrini si
Transcribed Footnote (page 354):

(1) Intrattenere.

page: 355
possono intendere in due modi, in uno largo ed in uno stretto. In largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della patria sua: in modo stretto non s'intende peregrino se non chi va verso la casa di santo Jacopo, o riede: e però è da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le genti che vanno al servigio dell'Altissimo. Chiamansi
palmieri in quanto vanno oltremare là onde molte volte recano la palma: chiamansi peregrini in quanto vanno alla Casa di Galizia, però che la sepoltura di santo Jacopo fu più lontana dalla sua patria, che d'alcuno altro Apostolo: chiamansi romei in quanto vanno a Roma, là ove questi ch'io chiamo peregrini andavano. Questo Sonetto non si divide, però ch'assai il manifesta la sua ragione.
  • Deh peregrini, che pensosi andate
  • Forse di cosa, che non v'è presente (1),
  • Venite voi di sì lontana gente,
  • Com'alla vista voi ne dimostrate?
  • Chè non piangete quando voi passate
  • Per lo suo mezzo la città dolente,
  • Come quelle persone, che neente
  • Par che intendesser la sua gravitate (2).
  • Se voi restate, per volere udire,
  • 10Certo lo core ne' sospir mi dice,
  • Che lagrimando n'uscirete pui.
Transcribed Footnote (page 355):

(1) Cioè de'loro amici lontani, come l'Autore stesso ha detto sopra.

Transcribed Footnote (page 355):

(2) La sua mesitizia.

page: 356
  • Ella (1) ha perduto la sua Beatrice;
  • E le parole, ch'uom di lei può dire,
  • Hanno virtù di far piangere altrui.
Poi mandaro due donne gentili a me pregandomi che mandassi loro di queste mie parole rimate; ond'io pensando la loro nobiltà proposi di mandar loro e di fare una cosa nuova, la quale io mandassi loro con esse, acciocchè più onrevolmente adempiessi li loro prieghi. E dissi allora un Sonetto, il quale narra il mio stato, e mandailo loro col precedente sonetto accompagnato, e con un altro che comincia Venite a intender ec. Il Sonetto, il quale io feci allora, è Oltre la spera ec.
Questo Sonetto ha in se cinque parti. Nella prima dico là ove va il mio pensiero nominandolo per nome di alcuno suo effetto. Nella seconda dico per che va lassù, e chi'l fa così andare. Nella terza dico quello che vide, cioè una donna onorata. E chiamolo allora spirito peregrino; acciocchè (2) spiritualmente va lassù, e sì come peregrino, lo quale è fuori della sua patria, evi sta. Nella quarta dico, com'egli la vede tale, cioè in tale qualità, ch'io non la posso intendere; cioè a dire che il mio pensiero sale nella qualità di costei in grado che il mio intelletto nol può comprendere; conciossiacosachè il nostro in-
Transcribed Footnote (page 356):

(1) Ella, cioè la città.

Transcribed Footnote (page 356):

(2) Perciocchè.

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telletto s'abbia (1) a quelle benedette anime, come l'occhio nostro debole al sole: e ciò dice il Filosofo nel secondo della Metafisica. Nella quinta dico, che avvegnachè io non possa vedere là ove il pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile qualità, almeno intendo questo, cioè che tal è il pensare della mia donna, perchè io sento spesso il suo nome nel mio pensiero. E nel fine di questa quinta parte dico
donne mie care, a dare ad intendere che son donne coloro cui parlo. La seconda parte incomincia Intelligenza nova; la terza Quand'egli è giunto; la quarta Vedela tal; la quinta So io ch'el parla. Potrebessi più sottilmente ancora dividere, e più fare intendere, ma puossi passare con questa divisione, e però non mi trametto di più dividerlo .
  • Oltre la spera, che più larga gira (2),
  • Passa il sospiro, ch'esce del mio core;
  • Intelligenza nova, che l'Amore
  • Piangendo mette in lui, pur su lo tira:
  • Quand'egli è giunto là dov'el disira,
  • Vede una donna che riceve onore,
  • E luce sì, che per lo suo splendore
  • Transcribed Footnote (page 357):

    (1) Si stia. Aversi è qui usato nel senso di starsi in una data proporzione, nel modo che si pratica nella Geometria, per esempio: il 4 sta al 6, come il 6 al 9.

    Transcribed Footnote (page 357):

    (2) Intendi: Il sospiro ch'esce dal mio cuore tanto si alza, che va al di là della nona ed ultima sfera (il primo Mobile), e giunge all'Empireo.

    page: 358
  • Lo peregrino spirito la mira.
  • Vedela tal, che quando il mi ridice,
  • 10Io non lo intendo, sì parla sottile
  • Al cor dolente, che lo fa parlare.
  • So io ch'el parla di quella gentile
  • Perocchè spesso ricorda Beatrice,
  • Sicch'io lo intendo ben, donne mie care.
Appresso a questo Sonetto apparve a me una mirabil visione, nella quale vidi cose, che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, infintantochè io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sa veracemente. Sicchè, se piacere sarà di Colui, per cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, spero di dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna. E poi piaccia a Colui, ch'è Sire della Cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua Donna, cioè di quella benedetta Beatrice che gloriosamente mira nella faccia di Colui, qui est per omnia saecula benedictus.
FINE DELLA VITA NUOVA
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Transcription Gap: pages I-XVI (not translated by DGR)
Transcription Gap: pages 1-377 (not translated by DGR)
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